I MIEI ANNI E I TUOI
Sono deciso a rimanere fuori
dalla mischia
se un ponte trema
e un treno fischia
sulle colline c’è mia mamma
che m’aspetta
affacciata a un quarto di finestra
che guarda di sotto
e mi chiama, e spera
che arrivi presto
dopo quel viaggio doloroso
che ci ha tenuti lontani
per giorni e per mesi.
Una voce di un disco che gira
canta intonando il falsetto:
Sul ponte sventola bandiera bianca.
Una bambina ripete affannata:
Sotto il maestrale urla
e biancheggia il mar.
Trattiene il respiro, si arresta.
Infine, alza la testa:
Stormi di uccelli neri
tra le rossastre nubi.
Guarda sul libro,
ripete, leggendo: nel vespro migrar.
Una zia bussa alla porta,
una zia tra le tante,
s’affaccia appena:
“Che fai? Tua mamma non c’è?”
La bambina solleva le spalle
non sa che rispondere.
La zia va via dopo un dubbio
represso.
“Sono tutte zie in paese”
Pensa tra sé la bambina.
“Non so neanche chi sia”.
Non c’è nessuno che può spiegarmi
il paese,
qual è l’aria che tira.
Quei tetti li conosco
uno a uno, so dove
nidificano le rondini,
dove le lunghe antenne
si muovono scosse dal vento
più in alto
in mezzo a quel fiume di tegole
rosse
che scorre
fino alla foce
dove una croce di ferro
espone la lancia e la spugna
inzuppata d’aceto.
Il cuore palpita di
angosce passate.
E una gioia remota
per un capriccio
inatteso
si accende
per il pericolo scampato.
Sei tornato papà
finalmente
sei tornato alla casa di marmo
su quell’arco di terra verde
di grano
mosso da una bora
gelida
d’inverno e d’estate.
Se non risuonasse
nell’aria quel suono di campane
ripeterei a memoria
quella dedica
che si spegne
nella gola
strozzata dal pianto:
“Ti voglio bene, Toni”.
Ho saputo papà che sei vivo,
sei tornato a guardare
la vigna,
che il tuo sguardo
rimarrà acceso
per sempre sulle pieghe
di quelle colline
verdi
di grano e di ulivi
che nessuno
conosce
come il tuo sguardo.
“Ti voglio bene, papà”
te lo dico
ora che le chiese son mute.
Ti voglio bene
perché
ho saputo
che hai sofferto
rimanendo
per giorni e per mesi
lontano.
Io invece adesso riprendo
il viaggio
dopo il lutto che mi ha tolto la vita.
Sono sceso giù dalla via,
nella strada in mezzo agli ulivi,
ho salutato la mamma
che adesso è serena,
la sua voce è più calma
sapendo di rimanere con te
fianco a fianco
su quell’arco di terra
che vi ha resi santi.
La mia gola è di nuovo
arrossata:
“Ti voglio bene, Toni”
rimbomba l’eco
che si fa richiamo
e rimpianto
di una vita
che ha segnato i miei
e i tuoi anni.
Antonio Gerardo D’Errico
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