
RECENSIONE:
Derisorio, dal linguaggio eccessivo, fino a essere irriguardoso, Andrea Pennacchi si muove sul palcoscenico con un’agilità non contrastata dal suo fisico possente e mette in luce le caratteristiche del suo personaggio del Pojana, con la “j” al posto della “i”, a distinguerlo dall’omonimo uccello predatore, e in questo caso la sua preda è il pubblico che rimane conquistato fin dalle sue prime battute. E saluta così questo pubblico milanese: “Buonasera meneghini” quasi a volerlo prendere bonariamente in giro come avrebbe fatto Franco Ford, il personaggio che beffeggia Falstaff delle “Allegre comari di Windsor” e al quale si ispira il personaggio del Pojana. Da qui partono i racconti relativi alle gesta dei suoi “fratelli”, ripresi dai suoi libri, tutti rappresentanti di una realtà del Nordest, pronti a raccontare storie dall’apparenza ridanciane ma che in realtà hanno un sapore agrodolce e che descrivono un popolo tradizionalmente onesto lavoratore, amante del Rabosello e della carne di cavallo, “intenditore di metanolo”, e che con il tempo si è guadagnata la brutta nomea di essere cattivo, razzista, evasore. Tra i suoi fratelli c’è il Tonion, famoso per la sua cucina veneziana dove preparava micidiali pasti velenosi per uccidere topi e pantegane e che erano così potenti da provocare la morte all’istante, questo per evitare che l’animale, prima di defungere del tutto, avesse il tempo di avvertire i compagni di non mangiare quei cibi perché letali. E c’è Edo Security, così chiamato perché addetto al servizio d’ordine nelle discoteche e nelle più perigliose feste in villa dove gli eccessi degli avventori gli rendevano tormentoso il lavoro. E poi Alvise il nero, conosciuto in carcere, durante l’ora di laboratorio. Impressionante il riassunto della “storia sanguinaria del Veneto” dove racconta le varie invasioni che si erano alternate nei secoli a occupare il territorio, che all’inizio era occupato solo da una palude abitata da “pantegane coi denti a sciabola che tendevano agguati feroci alle nutrie dorate che morivano gocciolando sangue sulle ninfee”, fino ad arrivare al Novecento, al fascismo, alla seconda guerra mondiale, quando, prima di questa, c’erano pochi partigiani e dopo, “finita la guerra, erano tutti partigiani”. Da “qua è tutta discesa, un fiume di sangue, che si fa carsico, emergendo qua e là in ribollenti esplosioni di geiger, Ludwig, le brigate rosse, la maestra Vittorina, il Tanko”. E qui ricorda con ironia l’episodio che ebbe come protagonista il Tanko, una macchina movimento terra, presa nel Comune di Casale di Scodosia e portata da nove separatisti veneti a Venezia nel 1997 per conquistarla e renderla capitale di una neonata Repubblica veneziana.
L’avvincente carica attoriale di Pennacchi è costituita da un’intelligente mescolanza di generi teatrali che comprendono sia una forma atipica di stand-up comedy sia, e soprattutto, un più dotto monologo che spazia tra i più svariati argomenti. I testi dissacranti, dal forte sapore politico, sono compresi facilmente dallo spettatore, nonostante il linguaggio, per buona parte strettamente dialettale. Sospeso tra un provocante Ruzante odierno e il più erudito Goldoni, Pennacchi, provoca un riso che è però fonte di riflessione, fornendo una visione della complessa società attuale. Per tutto lo spettacolo, dalla durata di due ore senza intervallo, l’attore alterna momenti di prosa ad altri di musica avvalendosi dei bravi musicisti che lo accompagnano sul palcoscenico: Giorgio Gobbo alla chitarra e Gianluca Segato alle tastiere e percussioni.
Nella sera in cui l’ho visto, al termine c’è stato anche un bis, una canzone cantata con il pubblico dal ritornello un po’ scherzoso e un po’ amaro: “Se te mori xe peso par ti”. Applausi scroscianti, ripetuti, in un teatro esaurito in ogni ordine di posti.
Visto al Teatro Carcano il giorno 11 marzo 2023
(Carlo Tomeo)
POJANA E I SUOI FRATELLI
In scena Andrea Pennacchi
Musiche dal vivo Giorgio Gobbo e Gianluca Segato
Produzione Teatro Boxer
In collaborazione con People
Distribuzione Terry Chegia
Foto Serena Pea – Video di Serena Panariti per Teatro Boxer