
I misteri del Bosco sacro di Bomarzo, di Luciana Benotto – parte seconda
Scendendo le scale di pietra sulla nostra destra, ecco apparirci di fronte in tutta la sua potenza Ercole che squarcia Caco, figlio di Vulcano, che rubava agli indifesi. Il suo gesto, al di là dell’apparente brutalità è un gesto morale a favore dei deboli.
Poco oltre Cerbero, con le sue tre feroci teste che guardano in ogni dove: due bocche sono chiuse, la terza invece è pronta a mordere chiunque osi avvicinarglisi; era il guardiano dell’Ade che sbarrava la strada ai vivi e negava l’uscita ai morti. Sbuca poi, Venere che emerge da una conchiglia; la dea ha fattezze alquanto insolite, un tantino virili, perché qui, più che l’amore, essa rappresenta la fertilità dei giardini.

Scendendo a valle si incontra una grande Tartaruga che sostiene sul carapace, simbolo del cosmo, una Vittoria alata. Di fronte a lei nel profondo burrone c’è una Balena, mostro degli abissi capace di ingoiare il sole al tramonto e di rigurgitarlo all’alba. Ed ancora Cerere, incoronata da un paniere dove le agavi sostituiscono le spighe, ed infine un’altra Ninfa, ma dormiente, abbandonata ad un languido sonno in attesa che qualcuno la risvegli. Questi esseri sovrannaturali, che appaiono e scompaiono alla nostra vista, quasi fossero dotati di capacità metamorfiche che li mutano da carne in pietra e viceversa, ci raccontano l’incantesimo dell’amore che trionfa ad ogni ritorno della primavera e che permette alla vita e alla natura di rinnovarsi. E poiché il tempo non si può fermare ci si presenta davanti un Leone, emblema dell’avvenire e dell’estate (l’omonimo segno zodiacale domina infatti il cielo d’agosto), un Lupo, simbolo dell’inverno e del passato, e un Cane, incarnazione della primavera e del presente, che insieme azzannano invano un Drago dal labbro increspato, rappresentazione del Tempo.
Ora lo sappiamo, a Bomarzo ricordi eterogenei, citazioni storiche, immagini di sogni, sono posti in una specie di forma di fusione e tutti insieme tolgono il respiro; e con la logica sfrenata del sogno, vengono superate difformità di tempo e di luogo.

Nel bosco si incontra ancora un Elefante, animale considerato in grado di discernere il bene dal male, e inoltre configurazione dell’Eternità, tanto che nella mitologia greca era consacrato a Plutone.

Ma la figura più famosa e rappresentativa del parco è sicuramente l’Orco, re degli inferi, qui raffigurato da un’enorme testa d’uomo ricoperta di verzura, con una grande bocca spalancata, passaggio al mondo sotterraneo, una regione ipogea oscura, dove per gli antichi la vita proseguiva oltre la morte divoratrice. Giunti a questo punto del percorso, viene spontaneo chiedersi perché tanti riferimenti all’Ade, alle divinità ctonie e a tutto ciò che è nascosto. Forse la risposta sta nel nome stesso degli Orsini, che deriva dal termine latino Orcini, vale a dire degli inferi.

Alla fine di questo viaggio simbolico, non ci rimane che provare l’emozione di entrare nella Casa Pendente, costruita sopra un masso inclinato, che dà a chi entra, l’impressione del capogiro, e per la cui realizzazione il Ligorio si è probabilmente ispirato alla Torre Folgorata dei tarocchi (la carta numero 16 degli Arcani Maggiori), simbolo medioevale di un luogo tra Cielo e Terra, allegoria dell’orgoglio, dell’inquietudine, del dubbio che dev’essere superato, altrimenti ci si autodistrugge. Dobbiamo proprio ammettere che l’architetto Ligorio, nella realizzazione di questo luogo, diede sfogo alla sua eclettica personalità, alle suggestioni che il mondo antico gli suscitava e alle simbologie pagane che così tanto l’attiravano.
Come raggiungere Bomarzo: A1 uscita ai caselli di Attigliano o di Orte.
Orari: tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.00