Quanto tempo avevamo allora!


Sono convinta di essere stata l’unica persona a sapere che lui era un agente segreto in missione.

E anche se le sue missioni non le conoscevo affatto, io non lo tradii mai.


Una volta fece la sua inaspettata confessione anche ai bambini, certo comunque che l’avrebbero presa per un gioco originale; cosa che naturalmente avvenne visto che a tavola, con i bicchieri di vetro all’orecchio, mimavano invisibili ricetrasmittenti per inviargli significative comunicazioni di servizio: “contrordine, niente scuola domani e nei prossimi giorni, pericolo di vita, nessuno dovrà uscire dalle proprie case, agente segreto, pericolo, pericolo, u bot u bot”.

E sempre così finiva la nostra cena.

Tra risa, posate come bacchette dei grandi direttori d’orchestra e strane musiche extraterrestri suonate dalle nostre abili dita che descrivevano un cerchio perfetto sull’orlo dei bicchieri colorati.

Nessuno a quell’epoca avrebbe potuto minimamente immaginare il peggio.

_continua_

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