
La mia prima sensazione quando ieri sera sono uscito dal teatro Menotti è stata quella di aver assistito a uno spettacolo la cui trama era densa di trabocchetti a causa dei fitti dialoghi di messaggi che portavano in una direzione per poi modificarsi subito dopo e deviarla in un’altra e così, continuamente, nel procedere dell’azione.
La vicenda è ambienta in una sperduta isola norvegese dove, per sfuggire a un mondo che ritiene volgare, ha trovato rifugio lo scrittore Abel Znorko, premio Nobel per la letteratura, godendo dell’alternarsi delle estati e degli inverni che gli regalano sei mesi di luce e sei mesi di buio. Nella sua solitudine aveva intrattenuto una corrispondenza con una donna conosciuta vent’anni prima, con la quale aveva vissuto per qualche mese un’intensa storia d’amore, poi volutamente interrotta da lui stesso per evitare che sfociasse in una monotonia corrosiva, e, tuttavia, mantenuta viva attraverso le lettere, fino al giorno in cui lei aveva smesso di scrivergli senza motivo. A seguito di quella interruzione l’uomo aveva pubblicato un libro riportante lo scambio delle lettere riscuotendone grande successo e ora, infrangendo la regola che si era imposta di non avere frequentazioni con il mondo esterno, concede un’intervista al redattore di un piccolo e a lui sconosciuto giornale di provincia, il Sig. Eryk Lersen che lo raggiunge sull’isola con l’intento di realizzare uno scoop.

Quella che dovrebbe essere una semplice intervista si trasforma però ben presto in uno scambio verbale dai toni accesi dove il giornalista insiste per conoscere meglio la personalità più nascosta dello scrittore mentre questi sfugge alle sue domande. Il primo vuole sapere chi è la donna che scriveva le lettere ma l’altro all’inizio nega che quella donna sia mai esistita essendo stato lui stesso a comporre interamente la corrispondenza ma dopo, però, viene fatto il nome di una donna, Helène, che vive nella stessa città dove abita Lersen, che la conosce, e a lui lo scrittore affida una lettera perché gliela consegni quando ritornerà a casa. Quindi la concessione dell’intervista è stata solo un pretesto necessario a Znorko per riallacciare il rapporto epistolare con l’amata attraverso il giornalista.
Questa nuova realtà sarà solo l’inizio di una serie di colpi di scena che si susseguiranno a un ritmo sempre più sorprendente dove ciascuno dei due alza la posta con la propria verità rivelando di volta in volta due “io” diversi di se stesso. E lo stesso accade per Helène la cui personalità è vista in maniera differente dai due uomini tanto da ricordare il personaggio della Sconosciuta del “Così è (se vi pare)” di Pirandello. A fare da leitmotiv agli scontri verbali dei due sono le variazioni enigmatiche della partitura musicale del compositore inglese Edwar Elgar su una melodia conosciuta ma che non si riesce a focalizzare, la stessa che Helène citava a Znorko quando voleva esprimere l’essenza del loro amore con gli enigmi che conteneva. Ed è proprio dell’amore che si parla con rabbia ma anche con dolcezza per tutta la commedia, all’inizio appena sottaciuto, poi nominato in maniera quasi distaccata, quindi in tutte le sue manifestazioni e colorature. L’amore insospettato, l’amore che non ha sesso, che non ha età e che diventa una ragione di vita fino a essere artefice dell’inaspettato finale.
Uno spettacolo avvincente dalla trama drammatica con una sceneggiatura ricca di suspense che, specialmente nel secondo tempo, tiene lo spettatore con il fiato sospeso. Molto d’effetto la scenografia di Alessandro Camera costituita da un elegante interno tutto giocato su tonalità verdi e un bel fondale che, grazie al taglio delle luci, può diventare trasparente per lasciare intravvedere la sagoma di Lersen nei momenti in cui raggiunge e lascia la casa di Znorko.
Un’emozionante Glauco Mauri, dall’alto dei suoi 92 anni, domina la scena con maestria esibendosi per circa due ore senza mancare una battuta dimostrando che la classe non è acqua. Non è da meno, accanto a lui il bravissimo Roberto Sturno. Caldi applausi hanno festeggiato i due attori con un particolare, e francamente doveroso, omaggio rivolto a Mauri. Repliche fino a domenica 14 maggio. Per chi non l’avesse visto nelle passate edizioni (lo spettacolo è ormai un cult della Compagnia Mauri Sturno) è da non perdere.
Visto il giorno 11 maggio 2023
(Carlo Tomeo)9 | 14 maggio
Glauco Mauri e Roberto Sturno
VARIAZIONI ENIGMATICHEProduzione Compagnia Mauri Sturno
Di Éric-Emmanuel Schmitt
Regia Matteo Tarasco
Traduzione e adattamento Glauco Mauri
Scene e costumi Alessandro Camera
Musiche Vanja Sturno
Luci Alberto Biondi
TEATRO MENOTTI
Via Ciro Menotti 11, Milano – tel. 0282873611 – biglietteria@teatromenotti.org