Nel 2014, durante una sessione del World Heritage List, l’Unesco riconobbe per la prima volta cinque paesaggi vitivinicoli italiani del Piemonte come Patrimonio dell’Umanità, in quanto essi forniscono una straordinaria testimonianza delle tradizioni vitivinicole derivate da una lunga storia, conservate e migliorate, caratterizzate da un’eccezionale e proficua interazione tra l’uomo e il suo ambiente naturale. Inoltre, questi paesaggi esprimono grandi qualità estetiche, di bellezza e di armonia.

Il piccolo borgo di Calosso appartiene alla componente 5, denominata Canelli e il Moscato d’Asti. Al viandante che in primavera s’inoltra su queste strade balzerà immediatamente allo sguardo il colore che determina questi luoghi: il verde lucente dei vigneti che ricoprono le colline in filari ordinati e compatti. Il paese di Calosso, al cui centro storico si accede dall’Arco di via Roma che conduce alla piazza Castello, troneggia sulla sommità intorno alla quale i filari sembrano schierati. Dopo aver visitato l’attigua chiesa di San Martino, passeggiando tra i vicoli il viandante osserva con meraviglia e ammirazione la Casa di Plastica dell’artista Roberto Montafia, caratterizzata da creazioni realizzate con oggetti quotidiani in materiale plastico, che l’artista ha sapientemente riciclato in opere d’arte. Dalla piazza, attraverso una scalinata si scende in via San Martino, dove ha sede la Cantina di Calosso, il luogo in cui le uve da cui è stato prodotto il sublime moscato  trovano la loro nobile dimora. Il nostro viandante, dopo essersi deliziato di gustosi antipasti monferrini e di agnolotti del plin,  da assaporare accompagnati dal vino patrimonio dell’umanità, si incammina verso il Bric Crevacuore, il Belvedere da cui si può ammirare una vista a 360 gradi di questi luoghi prediletti dalla natura e valorizzati dall’attività umana. Qui un tempo si ergeva un castello e in anni recenti è stata edificata una torre in ricordo di un giovane partigiano, Corrado Bianco, chiamato il Barbarossa, in un posto che sembra un inno alla bellezza e alla libertà. Riposandosi sull’erba del Bricco, il viandante coglie, nella luminosa armonia di questi spazi, la delicatezza e la fragilità di un patrimonio che l’uomo ha saputo conservare con fatica e dedizione, un patrimonio non solo degli abitanti di questi luoghi ma dell’umanità intera, un patrimonio che oggi più che mai deve essere preservato e tutelato, per onorare la memoria di chi nei secoli ha contribuito a costruirlo e per garantirlo come testimonianza per le generazioni future della grandezza del lavoro dell’uomo in comunione con la natura.