
Elpidio Jenco – foto Wikipedia
SERA DI MAGGIO
A quest’ora al mio borgo
già teneri d’azzurro
rientrano i carri dai campi
spargendo odor d’erbe falciate
fra il tufo dei nidi.
E’ l’ora delle prime lucciole,
dei passerai negli orti,
sotto la delicata falce della luna fienaia.
Un’ansia di distacco è nella vita
La giù soave come non altrove.
Oh, levarmi di là senza più peso
come un respiro della mia terra,
verso l’empìrea veglia dello stellato!
Di sera,
quando l’aria è fresca,
e odora d’erba mietuta.
ELPIDIO JENCO
Lirica di cinque strofe, 16 versi in totale; ho contato 5 settenari, 3 novenari, 1 decasillabo, 1 doppio ottonario, 4 endecasillabi, 1 doppio senario, 1 ternario. Elpidio Jenco descrive un paesaggio di campagna, in una sera di maggio: il villaggio, i carri che tornano dai campi trasportando l’erba falciata, da riporre nel fienile di tufo, dove gli uccelli hanno fatto il nido; si vedono le lucciole negli orti alla luce flebile della luna. Il poeta vorrebbe abbandonare gli impegni della propria vita per stabilirsi in questo borgo, a respirare la terra e guardare il cielo stellato, nell’aria fresca della sera, che odora di erba mietuta.
Nato a Capodrise (Caserta) nel 1892. Partecipò alla prima guerra mondiale, in trincea sul Carso, poi si stabilì a Viareggio nel 1918, conobbe Enrico Pea e Lorenzo Viani, divenne amico di Giuseppe Ungaretti e Gherardo Maroni; fu docente di lettere, e poi preside del Liceo Classico “Carducci” di Viareggio. Cultore di poesia, letteratura, musica, pittura e scultura, attraversò l’ermetismo per approdare al realismo lirico. Morì a Viareggio nel 1959. Questa lirica fa parte della raccolta “La vigna rossa”, pubblicata nel 1955; mi è stata segnalata da Enza.