Il mio amante

E’ un vostro amico, un intimo; l’aveste sempre caro;
io l’adoro a misura che a conoscerlo imparo.
E’ qui ogni sera, o quasi; tardi pel mio desio;
ma spesso fino all’alba rimane al fianco mio.
Talvolta usciamo insieme, e andiamo, andiamo, andiamo…
Io presso a lui son muta; ma son felice e l’amo.
Ei giunge a tarda notte, e ai primi albor s’invola…
Eppur trovo le tenebre quando mi lascia sola.
E’ bello ed è poetico; è profondo ottimista;
e non crede all’ignobile realtà che mi rattrista…
Ha un vizio sol, ma grave. Il vizio di mentire.
Ne indovinate il nome, o ve lo debbo dire?

I versi parlan chiaro, e non ve n’è bisogno,
ma, a scanso d’ogni equivoco, è meglio dirlo. E’ il sogno.

*

Onomastico

O dolce amica mia, con che carezze
staman dal sonno ti vorrei destare!
Con che auguri di pace, di dolcezze,
e di quell’ore tanto brevi e rare,
e grandemente belle,
a cui l’amor pietoso inceppa l’ali
per farne delle stelle
sull’orizzonte grigio dei mortali.

Quando una di quell’ore, una, ha brillato
sopra una vita in tutto il suo splendore,
per quanto pianto s’abbia poi versato,
per scempio che di noi faccia il dolore,
sempre nella memoria
vive la luce di quell’ora ardente,
qual nell’umana storia
vivon le glorie delle razze spente.

Credi, fanciulla mia, credi alle gioie
che amore, e amor soltanto, a noi può dare.
Ai consigli del mondo, alle sue noie,
rispondi: “Voglio amare, amare, amare!
Amar perchè ho vent’anni;
perchè si soffre, si piange, si muore…;
perché ai terreni affanni
anche se spento, è conforto l’amore.”

*

Novembre

Passò l’estate nella luce d’oro,
dai campi di smeraldo peruviano,
quando, all’aurora, su da un’oceàno
incandescente sorge il sole che adoro;
quando rosso tramonta nelle chiare
ore del lento pomeriggio estivo,
e l’orizzonte appare
un rutilante mar di sangue vivo;

Quando, nella serata azzurra e mesta
dura il febbrile ardor del dì infocato;
e la beltà feconda del creato
nella commossa fantasia ridesta
cari ideali dell’oblio sepolti;
mentre la luna col blando chiarore
spande su tutti i volti
un riflesso d’erotico pallore.

Ora il novembre col suo grigio velo
scolora l’orizzonte ed il paese,
e muta in fredda tinta di turchese
il fulgido zaffir del nostro cielo.
Si sfrondano le piante, come stanche
aquile immani cui si spennin l’ale;
dalle montagne bianche
rigido scende il primo gel nivale.

Milan gaia ci aspetta. Eppure lento
e senza gioia si appresta il ritorno,
e si sta chiusi udendo tutto il giorno
muggire il lago e sibilare il vento.
E’ perché il vento un dì fu mite brezza,
e il lago un dolce plan glauco-dorato…
Perchè, nella tristezza,
più che al futuro il cor pensa al passato.

*

Silenzi d’amore

O tu che fissi i tuoi occhi ne’ miei,
che mi stringi la mano e che sospiri,
se libera foss’io dir ti vorrei
che li comprendo i caldi tuoi desiri.

O tu, che assiduo mi ti trovi accanto,
e aneli di parlar, e a forza taci,
s’io fossi bella vorrei dirti quanto
soavi penso del tuo labbro i baci.

O tu che vibri se mi porgi il braccio,
se i miei capelli fosser lunghi e biondi,
con essi al collo vorrei farti un laccio
per cogliervi il segreto che m’ascondi.

O tu che soffri se lontan mi sei,
e mi scrivi celando il tuo pensiero,
s’io fossi più felice ti direi
che il mio cor tra le righe ha letto il vero.

Ma non son bella e libera; son bruna;
e fu tanto infelice il viver mio,
che più non credo al ben, né alla fortuna,
né ai silenzi d’amor… e taccio anch’io.

*

Aprile

O come amavo ne’ miei giorni lieti
il bianco sol d’aprile sui vigneti,
ancor neri e stecchiti!
Come amavo la terra grassa e scura
ed i silenzi miti
sui fecondi mister della natura!

E m’eran trema di gioconde rime
le prime gemme di vite, le prime
margherite in un prato,
ed un primo uragan di primavera…
Ma il dolore ha soffiato
sulla mia vita come una bufera.

Oh! scoprir che un’amica, in cui si crede
con tanta forza d’amore e di fede,
al giusto, al vero mente!
E col velen che per te cova in petto
t’uccide lentamente
ad uno a un ogni più caro affetto!…

Allora cadder dalla penna mia
prima canti di duol, poi d’ironia;
col cor pien d’amarezza
odiavo il mondo, e odiavo l’avvenire;
e quasi m’ero avvezza
a sospettar dovunque invidie ed ire.

Ma l’amicizia tua forte e leale
che sente il bene e che disprezza il male,
una gentil mi diede
virtù nova d’amor che mi rincora,
che è l’ultima mia fede…
Ed or l’aprile mi sorride ancora.

*

Victa

Il tuo scultore, o bella donna altera,
ti chiamò Vinta…e ne sapea qualcosa
e nel chinar la faccia vergognosa
par che tu dica: “La sconfitta è vera.”

Ma l’arte, che ama sopra ogni altra cosa
la donna, fonte del fallir primiera,
ti baciò in fronte susurrando: “Spera;
ti rifarò più bella e vittoriosa.”

E, fra i mortali audaci, appunto a quello
che pretendea la tua potenza estinta,
impose di ritrar collo scalpello

Quella superba tua beltà discinta
Ed or, per lui, nel regno alto del bello
vincitrice trionfi, o altera vinta.

*

L’amore – III

Egli dicea: Quando mi sei lontana
t’adoro castamente,
e maledico la mia carne sana
che mi fa prepotente
nell’ore belle che passiamo accanto.
Poi ti rivedo, e il natural disio
d’unire l’esser tuo coll’esser mio,
mi scote il cor, m’ottenebra la mente…
Ma se tu tremi, se ti struggi in pianto,
pietà di te frena la voglia ardente,
e fa che, per calmarti, io soffra e taccia…
Però soffrendo, ancor ti bramo e spero…
Un dì l’amor ti schiuderà le braccia,
l’amore umano e vero!

*

Infinito

L’infinito, con tutto lo sfarzoso corredo
d’aggettivi solenni, di cui l’adorna il credo
dei poeti,-tremendo, misterioso, profondo…-
porta nel vasto seno l’immensità del mondo.
Il mondo porta immani giogaie di montagne,
deserti sterminati, sterminate campagne,
oceani che si perdono nei ghiacci secolari.
I monti, ora accessibili, e le pianure, e i mari
portan treni e piroscafi, che sibilanti, a volo,
percorron l’universo dall’uno all’altro polo.
Il vapore, il miracol supremo del progresso,
porta, stretti in un canto, l’uno all’altra dappresso,
un altro gran mistero: una coppia d’amanti,
che si guardan negli occhi, mutoli, palpitanti.
E quegli amanti portano nel cor l’Eros intenso,
la sublime follia dell’anima e del senso,
che, dal bruto all’ascetico, ogni essere ha sentito…
portan l’amor che crea; portano l’infinito!

*
Pel mio ventaglio

Al limitar del misterioso mondo
da cui si parte per venire in questo,
un poter tenebroso, con profondo
giudizio, forse, ma non sempre onesto,
il bene e il male fra i mortali parte.
E a voi ripose tra le fascie l’Arte.

Ma voi piegaste in sì burlevol atto
La piccioletta e mobile figura,
ch’ei disse: “Diam dell’altro a questo matto.”
E vi celò una camerina oscura
in una celluletta del cervello,
che tutto riproduce e rende bello.

A noi quel vostro dono eccezionale
fece passare molte liete sere!
Ma la memoria, amico, è cosa frale…
Oh, perchè non mi sfuggan dal pensiero
fatemi un segno sul ventaglio…fate…!
E vi rammenterò… tutta l’estate.

*

Da “Ai miei amici”

O amici, poi che il vostro eletto ingegno
per questi mie versucoli
professa le virtù teologali
che Cristo, dalla sua croce di legno,
insegnava ai mortali:
fede, speranza, amore,
eccoli, li consegno all’editore
e li abbandono ai critici.

Son rimpianti e sfiducie; sono gridi
strappati all’alma frale
dalle passioni; son la vita mia;
sono il duol che soffersi e il mal che vidi.
E nella scrivania
me li tenea celati,
come cela il devoto i suoi peccati
nella penombra del confessionale.

(da Lungo la vita. Versi, Milano, Libreria Editrice Galli, 1891)

Maria Antonietta Torriani, nota anche con lo pseudonimo di Marchesa Colombi, nasce a Novara nel 1840. Conseguito il diploma di maestra elementare, si dedica alla pittura e alla scrittura, pubblicando alcuni suoi articoli su riviste femminili, come il Giornale delle Donne. Nel 1868 si trasferisce a Milano, dove conosce la protofemminista Anna Maria Mozzoni: fra le due intellettuali è l’inizio di un solido rapporto di amicizia e collaborazione. In questo periodo conosce anche il Carducci, con il quale instaurerà un breve legame sentimentale (nel 1872, il poeta scriverà per lei la poesia Autunno romantico).

E’ del 1871 il suo saggio Della letteratura nell’educazione femminile, incentrato su uno dei capisaldi del suo pensiero: l’importanza dell’istruzione e della lettura nel percorso formativo della donna. Seguendo questa linea, Maria Antonietta tiene con la Mozzoni un ciclo di conferenze allo scopo di sensibilizzare le stesse donne sui temi dell’emancipazione e della cultura femminile.

Nel 1875 sposa Eugenio Torelli Viollier e con lui fonda, l’anno successivo, il “Corriere della Sera”, di cui è la prima giornalista donna; con il quotidiano milanese, la scrittrice continuerà a collaborare anche dopo la separazione dal marito (1888).

Negli ultimi anni della sua vita si dedica soprattutto alla narrativa per l’infanzia, nonché a romanzi, racconti e operette morali. Muore a Milano nel 1920.

Tra le sue prose più celebri si segnalano il galateo La gente per bene (1877) e le opere di narrativa In risaia (1877), Prima morire (1881), Senz’amore (1883), Serate d’inverno (1917) e soprattutto Un matrimonio in provincia (1885) considerato il suo capolavoro.

Nella storia del romanzo popolare, la Marchesa Colombi si inserisce in modo singolare: in lei, infatti, il verismo “nordico” (connubio fra naturalismo francese e tradizione manzoniana) si unisce ad un linguaggio semplice e colloquiale per “dialogare” con le lettrici e indurle a prendere coscienza.

Non a caso, al centro dei suoi scritti la Torriani pone la donna del tempo, limitata dai pregiudizi e dalle convenzioni sociali che la vogliono incolta, repressa, protesa unicamente all’attesa di un marito e senz’altra via d’uscita che non sia la fuga in un illusorio sogno d’amore. Per descrivere tale condizione in tutta la sua criticità, l’autrice fa largo uso dell’ironia, che costituisce così il suo tratto distintivo per eccellenza.

Meno conosciute le sue poesie, in prevalenza dirette a destinatari della propria cerchia di amici e familiari (una, ad esempio, è dedicata proprio all’amica Anna Maria Mozzoni). Qui, ai temi dei romanzi si affiancano note intime e personali, spesso di dolente disincanto; potente si avverte l’anelito alla libertà di vivere la propria femminilità in ogni aspetto, dal più spirituale al più sensuale.

Singolare anche lo stile poetico: nei suoi versi, la Torriani fonde alla consueta vena ironica una struggente malinconia, anticipando temi e moduli della poesia crepuscolare.

Donatella Pezzino

Nell’immagine: Maria Antonietta Torriani (foto da Novara.letteratura.it)