Il Pensiero come arma salvifica

Prefazione di Franca Alaimo, poetessa, scrittrice, saggista; Relazione introduttiva di Anna Maria Pacilli, Medico chirurgo specialista in psichiatria, sessuologo clinico, esperto in criminologia
Monologo tratto da Rosso sangue (2018)
Rispettare la dignità umana è importante in ogni professione, e in modo particolare nel giornalismo, perché anche dietro il semplice racconto di un avvenimento ci sono i sentimenti, le emozioni e, in definitiva, la vita delle persone. (Papa Francesco).
Oggi – come ieri – una sola cosa conta: un’altra donna è morta, di una morte cruenta ma già svilita dall’assuefazione al dramma quotidiano, dall’abitudine al peggio che aumenta, inoculato a dosi giornaliere affinché il veleno, instillato moderatamente, non dia più effetti collaterali e ci renda creta nelle mani dei demiurghi mediatici.
Oggi Vania[1] è morta, ma passiamo all’aggiornamento delle notizie sportive, perché poi la pasta in tavola si fredda.
Oggi un’altra donna è morta di una morte atroce, bruciata viva.
E fin qui raccapriccio, dolore, nausea. Vero?
Spostiamo sconvolti il piatto di pasta, per poi riavvicinarlo pian piano, pensando fra noi che non sia giusto dare simili comunicazioni all’ora di pranzo. Diamine un po’ di buonsenso!
Che qualcuno ci provi a dare una spiegazione all’accaduto, perché in questa mia denuncia all’orrore quotidiano non ne troverete; da questa follia sociale, in cui chiamate in causa esimi sociologi, psicologi, psicoterapeuti, con le loro spremute di cervello al limone, io mi dissocio. Nessuna logica può fungere da alibi a contorti meccanismi di personalità deviate che affondano radici nel percorso evolutivo societario; nessuna mente sana riuscirebbe ad arrampicarsi come una mosca sullo specchio incancrenito dal lercio che cade come pioggia sulla carne aperta delle donne.
Io, per rispetto alla mia presunta sanità mentale – fin quando qualcuno non ne dimostrerà il contrario – ci rinuncio!
Provate pure a dare un senso, una pur vaga motivazione alla malvagità operata su Vania e su migliaia di donne di cui dopo poco dimentichiamo anche i nomi; provate a farlo senza cadere nel ridicolo, nell’ovvio della banalità, nell’arcaismo culturale di una retrograda umanità, immeritatamente sbalzata dalle palafitte alle stanze di ghiaccio, in cui i cuori subiscono l’ibernamento dei sentimenti, con le pareti decorate a tinte morte. Perché la morte alberga dove l’uomo esplode in miriadi di frammenti di malvagità spargendone ovunque le frattaglie. Kamikaze da una vita, nascosto dietro un nodo di cravatta! Provate a spiegare il dolore, provate a spiegarlo a un figlio, a una madre a un padre.
Provate a sentirlo sulla vostra pelle; fermatevi per un attimo e sentitevi per una volta, una sola volta, una sola lurida volta Vania, Pamela, Concetta, Farkhunda, Maria, Chiara o…
FERMATEVI!
Provate a pensare che avete solo venti anni, quindici, undici, ventotto, cinquanta. E se anche fossero cento non cambierebbe nulla; mi chiamo Maria o come vuoi, ma sono un essere umano.
Provate a sentire su di voi, il cappio al collo, le fiamme che vi avvolgono, le coltellate inflitte nel petto, nel ventre, tra i seni, nella gola (senza avere l’intenzione di infiggere sofferenza! È stato detto anche questo!)
Provate a sentire la lama che affonda, che rigira nella carne…
1/2/3/4/5/6/7/8/9/10/11/12/13/14/15/16/17/18/19/20/21/22/23/24/25/26/27/28/29/30/31/32/33/34/35 volte
(sempre senza avere l’intenzione di infiggere sofferenza!)
Ora lo sentite il sangue caldo, umido, scorrere tra le vostre mani, ne sentite il sapore in bocca, tra i denti, sentite l’anima fuoriuscire dalle viscere?
No, per favore, non andate via! È ancora troppo presto.
Lo so, “la pasta si fredda e il pesto si rapprende” peggio del sangue lasciato a marcire tra i marciapiedi dell’involuzione sociale a cui siamo destinati.
Vania vorrebbe dirvi anche dell’orrore paralizzante della paura!
Anche quella fa male, un dolore diverso, lancinante, incolore a cui non sai dare un volto. Il terrore, nell’aver capito di essere già morta, di non avere scampo!
La brutale sofferenza dell’urlo che rimane imprigionato tra le maglie dell’angoscia, che preme, preme e non riesce a uscire e soffoca, soffoca.
Paralizza! E muori!
Non sai più quante volte muori prima di chiudere gli occhi per sempre. Senza il tempo di maledire il demone, il tuo carnefice!
No! Non vomitate adesso!
Andate fino in fondo! Continuate a provare cosa vuol dire essere morti! Morti mentre il vostro corpo è avvolto in un lenzuolo estremo di sofferenza e di paura. E solitudine. Soli. Soli tra le bocche del mostro spalancate sull’impotenza di una manciata di ossa indifese.
La paura che uccide già prima di votarsi al cielo, a questo cielo che non ci ama più.
Ora siete morti anche voi!
Nel piatto sono rimasti due rigatoni al pesto. Vi è passata la fame, lo so e per oggi niente secondo. Vi chiedo scusa, il pollo lo terrete in serbo per domani. L’appetito tornerà, è come il vino, affossa i dubbi e copre le indecenze. Ma queste donne non torneranno più. Pensate ancora a Maria, a Federica[2], Sara[3], Melania[4], a cosa vuol dire sapere di essere morti mentre continuano a stuprarvi e a ridere di voi, della vostra bellezza recisa, calpestata, umiliata, presa a calci, pugni, morsi, mentre vi saccheggiano con i loro corpi putridi e maleodoranti di Zombie sfuggiti all’inferno e profanano la mente e il corpo. Sacro per diritto divino. Il tempio al quale fare ritorno.
Sacrileghi maledetti!
E voi fermi! Non andate via!
Un goccio d’acqua per favore! Acqua, tanta acqua, che cada dal cielo in terra a lavare via l’onta, il dolore, lo sporco.
Lo sporco, mio Dio, andrà mai via questo rosso antico?
Acqua per favore, il battistero è secco da una vita. Ci sarà mai tanta acqua a ripulire tutto questo?
C’è ancora il fango in cui le ossa vengono impastate dalla vigliaccheria del “verme dominante”, c’è ancora il piscio che avvolge le gambe imbrattate di sangue e sperma, un bene andato a male!
Una ricchezza che doveva amare e generare e invece uccide con la sua arroganza, mentre Caino sputa la bile sulle radici del suo stesso ventre.
Siete sconvolti vero? Al solo immaginare.
Immaginatelo più spesso allora, non dimenticate ciò che accade fuori da voi, pensate che sia accaduto a voi, oggi, ieri o domani.
Pensateci sempre, anche durante le notti serene, quando l’air conditioner rinfresca le vostre coscienze – il televisore lasciato accesso e un led sul comodino per stanarvi all’alba – e le finestre chiudono gli occhi alle pozzanghere delle strade. Pozzanghere, siamo pozzanghere tra i sentieri dell’indifferenza in cui sfrecciamo a 180 all’ora per non perdere il tè delle cinque, la briscola del dopo cena, la birra del sabato sera. Colme di sangue bianco in cui affonderemo ancora i piedi non sapendo quante lacrime e dolore vi siano raccolte. E ci perdiamo, ci stiamo perdendo tra gli spettri che ci riflettono. Annaspiamo tra i vicoli della noncuranza, ci spegniamo come lampade al cherosene, obsolete da anni, soppiantate dalla velocità del vivere di apparenze, perché di modellarci non ne abbiamo il tempo.
E ci svendiamo, ci compriamo perché più semplice e indolore; compriamo pizza all’angolo di strada; compriamo lacrime e cappelli ai funerali; verdetti e compromessi nei tribunali; legiferiamo ad hoc e impantaniamo, e in un vestito nuovo ci annulliamo.
Il diavolo – in fondo – veste Prada, ci avevano avvisati.
Solo un minuto, ancora un miserevole minuto per dirti
FERMATI!
Ogni volta che guarderai negli occhi la “tua” donna, ogni volta che guarderai negli occhi la “sua” donna, ogni volta che guarderai negli occhi una qualunque donna.
Fermati e pensa al male che hai provato quando per un momento, per un solo momento, hai indossato il suo dolore e le sue scarpe strette, verniciate a sangue, Rosso! Ed eri morto.
Pensa a quando, nudo, hai vomitato Lei, di vita e di morte.
Fermati e pensa che siamo ormai gli indifferenti morti da una vita e gli omertosi della nostra infamia.
Siamo la spada, siamo la battaglia/ siamo la ruota ferma sulla strada (…) Forse poltiglia chiusa in una mano/ della tarantola e della sua trama. / Siamo il pensiero che si schianta al suolo.
[1] Vania Vannucchi, agosto 2016, operatrice socio-sanitaria, quarantaseienne di Lucca data alle fiamme dal suo ex; aveva accettato di incontrarlo un’ultima volta per convincerlo che fra loro era finita. “La colpa”, ancora una volta, quella di aver messo fine al rapporto.
[2] Federica Ventura, 41 anni, insegnante, viene uccisa con otto coltellate dal marito, 48 anni, dopo una lite a cui assistono i due figlioletti; i bambini di otto e dieci anni, hanno chiesto aiuto ai vicini. L’uomo ha tentato di uccidersi con una coltellata. Il delitto avviene a Troia (FG); il movente quasi certo, la gelosia. Federica aveva appena preso una laurea e nei pomeriggi insegnava come catechista.
[3] Sara Di Pietrantonio. Il 29 maggio 2016, la studentessa universitaria romana di 22 anni, viene strangolata e poi bruciata dal suo ex fidanzato, che non accettava che la ragazza si fosse rifatta una vita con un altro.
[4] Il riferimento è all’assassinio di Melania Rea, uccisa a coltellate a 20 anni, il 18 aprile del 2011, nel teramano, dal marito (ad oggi unico indagato). Le furono inferte 35 coltellate; durante il processo si disse “senza intenzione di crudeltà.” Melania lascia una bimba di quindici mesi.

La lista dei “femminicidi”, che chiamerei più rispettosamente “donnicidi”, avvenuti nella nostra Penisola è da brividi, da gennaio a metà novembre del 2023 sono state uccise 102 donne e ben 82 in ambito familiare, per mano del partner o ex partner. L’ultima vittima è la giovanissima Giulia Cecchettin, ventidue anni. I nomi delle vittime, citati nel volume “Rosso sangue” non vogliono in alcuna maniera essere discriminatori, ma assorti a simbolo del dramma, dell’oltraggio e del martirio che ognuna delle donne ha subito, pee essere ancora considerata oggetto di appartenenza, un ciondolo da tenere insieme al portachiavi.
Maria Teresa Infante La Marca
L’uomo è una bestia… In questo momento ho odio e amore che si scontrano.
Bisognerebbe usare solo i petali di un fiore per accarezzare una DONNA. Sono sconfitto… Chi mi accerchia… Zombie… Mostri o uomini con un cuore che batte d’amore?
L’uomo è una bestia… In questo momento ho odio e amore che si scontrano.
Bisognerebbe usare solo i petali di un fiore per accarezzare una DONNA. Sono sconfitto… Chi mi accerchia… Zombie… Mostri o uomini con un cuore che batte d’amore?