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Una passeggiata nel buio che riscrive la storia del rapporto uomo-cane.

Non è una semplice scoperta archeologica, è una finestra spalancata sulla vita quotidiana del Paleolitico Superiore. Nelle viscere della Grotta della Bàsura, nel complesso carsico di Toirano (Savona), un gruppo di ricercatori ha portato alla luce le più antiche tracce al mondo di esseri umani e cani che camminavano insieme. Non sepolture, non resti ossei statici, ma impronte nel fango che raccontano un’avventura condivisa 14.400 anni fa.

Un film in presa diretta dal Paleolitico

Ciò che rende unica questa scoperta è la sua natura dinamica. Le impronte si sovrappongono, si intrecciano, dialogano: quelle umane sopra quelle del cane e viceversa. È la prova che stavano camminando fianco a fianco nello stesso momento, esplorando insieme i cunicoli bui di una grotta profonda alla luce tremolante di torce di pino.

Il cane – un esemplare di circa 40 kg, probabilmente simile a un lupo ma già addomesticato – non seguiva semplicemente il gruppo: andava avanti in avanscoperta, tornava indietro, esplorava con curiosità, esattamente come fanno i nostri cani moderni durante una passeggiata. Un comportamento che chiunque abbia un compagno a quattro zampe riconosce immediatamente, e che improvvisamente annulla i millenni che ci separano da quegli esploratori preistorici.

Una famiglia, non un cacciatore solitario

L’analisi delle impronte ha rivelato la composizione del gruppo: due adulti, un adolescente, un pre-adolescente e un bambino di appena 3 anni. Non il classico archetipo del cacciatore maschio solitario, ma una vera e propria famiglia in spedizione esplorativa.

E qui arriva uno dei dati più rivoluzionari: tra gli adulti c’erano probabilmente anche donne. La loro presenza in un’attività rischiosa come l’esplorazione di grotte profonde suggerisce che i ruoli sociali nel Paleolitico Superiore fossero molto più fluidi e partecipativi di quanto le narrazioni tradizionali abbiano fatto credere.

Scalzi nel fango, con torce accese

I dettagli emersi dall’analisi sono di una precisione quasi commovente. Gli esploratori procedevano scalzi o quasi, nonostante avessero la tecnologia per creare calzature. Forse per preservare i preziosi indumenti, forse per avere più aderenza sul terreno fangoso. Illuminavano il percorso con torce di rami di pino, e dove il soffitto si abbassava, procedevano carponi, le prime tracce al mondo di questa postura in un contesto preistorico.

Un investimento emotivo ed economico

Mantenere un cane di 40 kg in un’epoca di scarsità di risorse non era una scelta leggera. Nutrirlo significava condividere il cibo cacciato faticosamente. Se gli umani facevano questo “investimento”, è perché il contributo del cane nella caccia, nella protezione, nel supporto psicologico – era considerato vitale per la sopravvivenza del gruppo.

Ma forse c’era anche altro. Forse c’era già, 14.400 anni fa, quella dimensione affettiva che oggi chiamiamo “migliore amico dell’uomo”. Quelle impronte intrecciate nel fango sembrano raccontare non solo utilità, ma condivisione, fiducia, compagnia.

Un patrimonio da preservare

La Grotta della Bàsura, parte del complesso di Toirano, rappresenta un tesoro archeologico di inestimabile valore. Le condizioni di conservazione eccezionali hanno permesso al fango di preservare non solo le impronte, ma anche dettagli come i segni delle torce sulle pareti e le tracce di artigli di orso delle caverne.

Questa scoperta ci ricorda che la nostra storia con i cani non è nata per freddo calcolo utilitaristico, ma da una profonda condivisione di spazi, rischi e, apparentemente, semplice curiosità esplorativa. In fondo, 14.400 anni dopo, continuiamo a fare la stessa cosa: esplorare il mondo insieme ai nostri cani, fianco a fianco nel buio e nella luce.

La ricerca sulla Grotta della Bàsura apre nuove prospettive sulla comprensione della vita sociale, familiare e del rapporto uomo-animale nel Paleolitico Superiore europeo, confermando che il legame con i cani è una delle relazioni più antiche e durature della storia umana.

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