Nella poesia di Lucia Triolo, intitolata “Dolore Infame”, emerge un urlo di indignazione contro un’insensibilità pervasiva e una mancanza di comprensione nei confronti del dolore umano. Attraverso versi taglienti, Triolo dipinge un ritratto della frustrazione provocata da coloro che, con la loro insensibilità, hanno reso infame il suo dolore.

La poesia si apre con un frammento di “Canzoniere della morte” di S. Toma, un’epigrafe che sottolinea il non accettare il proprio essere, una sorta di rifiuto dell’esistenza stessa. Questo sentimento profondo e universale diventa l’ancora su cui la poesia di Triolo si basa, un grido d’accusa contro chi ha truffato il suo dolore, sminuendolo e rendendolo infame.
Il dolore descritto è intimo e personale, un sentimento antico e allo stesso tempo nuovo, un’emozione sconosciuta, un gorgoglio di dolore che sfugge alla comprensione di coloro che si sono rifiutati di ascoltarlo, di capirlo.
La poetessa accusa chi, in un atteggiamento immobile e indifferente, non ha percepito le parole agitate del dolore, né ha compreso il suo flusso di coscienza. Il dolore rappresentato è quello di esistere, di essere immersi in un vortice di “perché”, una polvere di domande senza risposte.
La poesia grida il suo “perché” al mondo che sembra non comprenderlo, che non ha alcuna conoscenza della vera essenza del dolore umano. È un appello struggente, una denuncia contro chi si è preso gioco di un sentimento così profondo, riducendolo a qualcosa di infame, privandolo della sua autenticità e dignità.
Lucia Triolo, attraverso versi carichi di emotività, mette in luce la fragilità dell’uomo di fronte a un dolore che viene travisato e sminuito da coloro che non hanno la sensibilità di comprenderlo e di rispettarne la profondità. La poesia rappresenta un grido di protesta e una richiesta di riconoscimento della validità e dell’intensità delle emozioni umane, specialmente di quelle più profonde e viscerali come il dolore.
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