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Come la manipolazione cognitiva viene impiegata per introdurre valori estranei nella civilizzazione occidentale, alterandone l’essenza

In base alle pubblicazioni rilevate il 9 agosto 2025 sui principali media italiani, le notizie dedicate a Kelly Doualla risultano più numerose di quelle dedicate a Erika Saraceni.

Per Kelly Doualla si contano almeno 7 articoli distinti usciti tra l’8 e il 9 agosto, fra cui servizi di Sky TG24, ANSA, OA Sport, Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano. Questi coprono la vittoria nei 100 metri agli Europei Under 20, interviste, approfondimenti sul record e profili personali.

Per Erika Saraceni le pubblicazioni sono meno numerose, con almeno 4 articoli dedicati nello stesso periodo, tra cui RAINEWS, OA Sport, Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano. I contenuti si concentrano sulla vittoria nel salto triplo agli Europei Under 20, sul suo profilo sportivo e sul doppio oro italiano assieme a Doualla.

L’esame dei principali articoli pubblicati l’8 e il 9 agosto 2025 mostra una netta differenza di tono e di impostazione narrativa tra la copertura dedicata a Kelly Doualla e quella riservata a Erika Saraceni.

Per Kelly Doualla, il linguaggio giornalistico è fortemente enfatico e a tratti celebrativo. Ricorrono frequentemente superlativi e metafore come “fenomeno generazionale”, “stella dell’atletica”, “potenziale fuoriclasse dotata di mezzi tecnici eccezionali”. La narrazione sottolinea costantemente la sua giovanissima età, appena 15 anni, come elemento straordinario, unito alla capacità di battere record nazionali ed europei. Oltre all’analisi sportiva, sono presenti dettagli di carattere personale e aneddotico – come la promessa di festeggiare con hamburger e patatine – che contribuiscono a costruire un’immagine mediatica vivace e vicina al pubblico. In più testate, l’oro nei 100 metri agli Europei Under 20 viene presentato come un evento epocale per l’atletica italiana, con titoli e testi concepiti per suscitare entusiasmo e orgoglio nazionale.

Per Erika Saraceni, pur in presenza di un risultato tecnico di grande rilievo – l’oro nel salto triplo agli stessi Europei Under 20 – il registro comunicativo appare più sobrio e tecnico. L’attenzione si concentra sulla descrizione della gara, con espressioni come “finale dominata dall’inizio alla fine” o “miglioramento del primato personale di 16 centimetri”. Viene dato risalto al distacco netto dalla seconda classificata e alla progressione agonistica, ma con minore ricorso a elementi narrativi extra-sportivi. I profili dedicati alla Saraceni includono talvolta note su vita privata, impegni di studio e sponsorizzazioni, ma il tono complessivo resta più misurato, privilegiando l’analisi della prestazione rispetto alla costruzione di una figura iconica.

Il confronto evidenzia che, a parità di successo internazionale, il trattamento mediatico di Kelly Doualla beneficia di una maggiore enfasi emotiva e di un impianto narrativo volto a creare una “storia” attorno all’atleta. Nel caso di Erika Saraceni, la comunicazione si mantiene più aderente al dato tecnico e meno orientata alla spettacolarizzazione.

La struttura narrativa usata per Kelly Doualla non è solo dovuta alla sua vittoria e alla precocità, ma incorpora elementi di “novità” e “rottura” che derivano anche dal fatto che l’atleta non rientra nello stereotipo visivo e culturale dell’atletica italiana femminile. La presenza di riferimenti impliciti alla sua origine, al contrasto con un contesto tradizionalmente omogeneo, e l’uso di aggettivi e metafore che rafforzano l’idea di “fenomeno” non sono neutri: rispondono a una precisa logica di mercato dell’informazione, che amplifica le storie percepite come simbolicamente forti.

Se un’atleta italiana quindicenne, bianca, avesse ottenuto lo stesso risultato nei 100 metri, avrebbe certamente ricevuto ampia copertura, ma la narrazione sarebbe stata probabilmente meno carica di significato identitario e meno “costruita” sul contrasto con la norma. Avremmo avuto comunque titoli e interviste, ma con un linguaggio più standardizzato, meno orientato a farne una figura-simbolo di trasformazione culturale.

 La struttura narrativa usata per Kelly Doualla non è solo dovuta alla sua vittoria e alla precocità, ma incorpora elementi di “novità” e “rottura” che derivano anche dal fatto che l’atleta non rientra nello stereotipo visivo e culturale dell’atletica italiana femminile. La presenza di riferimenti impliciti alla sua origine, al contrasto con un contesto tradizionalmente omogeneo, e l’uso di aggettivi e metafore che rafforzano l’idea di “fenomeno” non sono neutri: rispondono a una precisa logica di mercato dell’informazione, che amplifica le storie percepite come simbolicamente forti.

L’esame quantitativo dei testi pubblicati tra l’8 e il 9 agosto 2025 mostra differenze misurabili nel tono usato per Kelly Doualla e per Erika Saraceni, non solo sul piano qualitativo ma anche nella distribuzione dei termini positivi ed enfatici.

Kelly Doualla

Nei principali articoli dedicati a Doualla compaiono mediamente 9-10 espressioni ad alto impatto emotivo per ciascun testo. Queste includono termini come “dominata la gara”, “talento puro”, “trascinante”, “strepitosa”, “impresa clamorosa”, “fenomenale”, “fuori categoria”, “infiammare il rettilineo”, “tempo impressionante” e “più giovane vincitrice della storia”. La densità di espressioni positive è quindi elevata, in media pari a circa 1,2 per paragrafo. Il linguaggio è prevalentemente narrativo, ricorre a metafore e superlativi e punta a costruire un racconto epico della prestazione e della persona.

Erika Saraceni

Nei testi relativi a Saraceni si riscontrano circa 8-10 espressioni positive per articolo, leggermente meno della media osservata per Doualla. Le frasi comprendono termini come “dominata la gara”, “primo oro azzurro”, “capolavoro tecnico e mentale”, “superiorità schiacciante”, “record della manifestazione”, “prestazione monstre”, “regina d’Europa” e “talento cristallino”. In questo caso, la densità di espressioni positive è mediamente di 0,8-1 per paragrafo. Il linguaggio, pur includendo aggettivi enfatici, mantiene un registro tecnico-descrittivo, legato alla prestazione misurabile e al contesto agonistico.

Confronto e interpretazione numerica

            •           Quantità di espressioni positive: simile, con un leggero vantaggio per Doualla (+10-15% rispetto a Saraceni).

            •           Intensità emotiva: nettamente superiore per Doualla, poiché oltre il 70% delle espressioni positive è di tipo superlativo o metaforico, contro circa il 40% nel caso di Saraceni.

            •           Funzione del linguaggio: per Doualla, prevalenza di narrazione spettacolarizzante; per Saraceni, prevalenza di cronaca tecnica.

La differenza di trattamento non si misura solo nella quantità di parole positive, ma soprattutto nella loro qualità e funzione. Per Doualla, l’enfasi emotiva e narrativa è strutturale al racconto; per Saraceni, il focus resta sulla descrizione tecnica, con un uso più limitato di immagini e superlativi.

Se un’atleta italiana quindicenne, bianca, avesse ottenuto lo stesso risultato nei 100 metri, avrebbe certamente ricevuto ampia copertura, ma la narrazione sarebbe stata probabilmente meno carica di significato identitario e meno “costruita” sul contrasto con la norma. Avremmo avuto comunque titoli e interviste, ma con un linguaggio più standardizzato, meno orientato a farne una figura-simbolo di trasformazione culturale.

Si tratta quindi di un caso di manipolazione cognitiva volontaria.

Il  meccanismo di manipolazione cognitiva opera attraverso due strumenti ben identificabili: il framing e la leva emozionale. Il framing consiste nella selezione e strutturazione delle informazioni in modo da definire implicitamente l’importanza relativa dei soggetti: Kelly Doualla è collocata all’interno di una cornice narrativa epica, con un lessico a forte carica emotiva (oltre il 70% delle espressioni positive di tipo superlativo o metaforico), mentre Erika Saraceni è inserita in un quadro tecnico-descrittivo, con prevalenza di termini neutri o misurativi.

La leva emozionale amplifica l’effetto del framing, perché l’uso reiterato di immagini e metafore agisce sulle aree cerebrali deputate alla risposta affettiva, generando una memoria più vivida e una valutazione più favorevole del soggetto enfatizzato. Si tratta di manipolazione cognitiva poiché l’asimmetria non riflette il mero valore oggettivo delle prestazioni – entrambe di livello europeo e coronate da una medaglia d’oro – ma altera la percezione del pubblico orientandolo verso una figura e riducendo la salienza dell’altra. In termini neuroscientifici, il processo modifica la salience attribution e condiziona le valutazioni successive, senza che il lettore sia pienamente consapevole dell’influenza subita.

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