C’è un dolore che arriva senza preavviso e un altro che, invece, viene scelto. Ed è quest’ultimo a lasciare i segni più profondi.
Il dolore non è mai neutro, ma la sua origine cambia radicalmente il modo in cui viene vissuto. Esiste un dolore involontario, figlio dell’errore, dell’incapacità, della fragilità umana. E poi esiste il dolore intenzionale, quello generato da una decisione consapevole, da una volontà che sa di colpire e sceglie comunque di farlo.
Pier Carlo Lava
Il dolore volontario spesso nasce da gesti impulsivi, parole dette senza pensarci, azioni compiute senza piena coscienza delle conseguenze. È un dolore che può essere spiegato, talvolta perdonato, perché contiene al suo interno l’ombra dell’umanità, dell’imperfezione. Chi lo subisce avverte la ferita, ma riesce ancora a intravedere un margine di comprensione.
Diverso è il dolore intenzionale. Qui non c’è errore, ma scelta. C’è lucidità, calcolo, talvolta freddezza. È il dolore inflitto sapendo che farà male, volendo che faccia male. Ed è proprio questa consapevolezza a renderlo devastante: non ferisce solo il corpo o l’animo, ma intacca la fiducia, il senso di sicurezza, l’idea stessa di relazione.
Il dolore intenzionale comunica un messaggio silenzioso ma potentissimo: “So chi sei, so dove colpirti”. Per questo scava più a fondo, perché non lascia spazio all’attenuante dell’ingenuità. È una ferita che si insinua nel pensiero, che ritorna, che mette in discussione il valore di ciò che si è dato e ricevuto.
Chi subisce questo tipo di dolore non soffre soltanto per l’atto in sé, ma per ciò che rappresenta. La volontà di ferire spezza il patto invisibile dell’empatia, cancella la presunzione di bene che spesso regge i rapporti umani. Non è solo una questione emotiva, è una frattura morale.
Eppure, riconoscere questa differenza è fondamentale. Dare un nome al dolore intenzionale significa smettere di giustificarlo, smettere di minimizzarlo, smettere di confonderlo con l’errore. Significa anche proteggersi, imparare a distinguere tra chi sbaglia e chi sceglie di ferire.
Il dolore volontario può insegnare, quello intenzionale mette alla prova. Ma entrambi rivelano qualcosa di essenziale: la misura della nostra vulnerabilità e la responsabilità che abbiamo verso l’altro. Perché ferire intenzionalmente non è solo un atto contro qualcuno, è sempre una dichiarazione su se stessi.
Geo
Questo articolo nasce ad Alessandria, città di incontri, storie e relazioni che ogni giorno si intrecciano tra fragilità e consapevolezza. Alessandria today continua a essere uno spazio di riflessione sul vivere contemporaneo, dando voce a temi interiori e sociali che attraversano le persone, i legami e le comunità, con uno sguardo attento alla dimensione umana che unisce il locale all’universale.
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