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Il libro di Daniele Lembo, La Libia italiana, affronta uno dei capitoli più significativi e controversi della storia coloniale italiana: la colonizzazione demografica della Libia durante il fascismo. L’autore concentra la sua analisi sul piano di insediamento voluto da Italo Balbo, governatore della colonia dal 1934, che nel 1938 organizzò la migrazione di massa di circa 20.000 coloni italiani destinati a occupare poderi agricoli in Tripolitania e Cirenaica.

Il volume si sviluppa in due direzioni. Da un lato, Lembo ricostruisce le origini della presenza italiana in Libia, a partire dalla guerra italo‑turca del 1911 e dalla progressiva conquista delle province di Tripolitania e Cirenaica. Dall’altro, si concentra sul progetto di Balbo, che trasformò la colonia in un laboratorio di ingegneria sociale: villaggi agricoli pianificati, infrastrutture moderne, scuole e chiese, tutto finalizzato a “romanizzare” il territorio e a radicare la presenza italiana.

Il libro non trascura la dimensione umana e sociale di questa migrazione.

I coloni, spesso provenienti da regioni povere dell’Italia rurale, furono presentati come pionieri che trasformavano “sabbia e pietre in campi arati e rigogliosi”.

Tuttavia, Lembo evidenzia anche le contraddizioni: la propaganda fascista esaltava la missione civilizzatrice, ma la realtà era segnata da conflitti con la popolazione libica, espropri forzati e un sistema di segregazione razziale che relegava gli autoctoni a ruoli marginali.

Dal punto di vista storico, il volume è rilevante perché documenta con precisione:

  • La portata del progetto di colonizzazione demografica, unico nel panorama coloniale europeo per dimensioni e rapidità.
  • Il ruolo di Balbo come figura centrale, capace di trasformare la Libia in vetrina del regime fascista.
  • Le conseguenze di lungo periodo: dopo la caduta del fascismo e l’indipendenza libica (1951), molti coloni furono costretti a lasciare il Paese, privati di beni e terre, e la loro vicenda rimase per decenni dimenticata.

La scrittura di Lembo è chiara e divulgativa, pensata per un pubblico ampio. Non si tratta di un saggio accademico pesante, ma di un testo che si legge come un reportage storico, capace di restituire la dimensione concreta della colonizzazione. È un libro che illumina un capitolo rimosso della memoria italiana, mostrando come la Libia sia stata al tempo stesso terreno di conquista, laboratorio politico e luogo di tragedie collettive.

Cover of the book 'La Libia Italiana' by Daniele Lembo, featuring an illustration of a large ship arriving at port with a crowd of people waving flags on the shore.

La Libia italiana è un’opera che unisce rigore documentario e chiarezza narrativa. Racconta la colonizzazione fascista non solo come progetto politico, ma come esperienza vissuta da migliaia di famiglie italiane e da una popolazione libica costretta a subire. È un testo che merita di essere letto per comprendere la complessità del colonialismo italiano e il suo lascito ancora oggi presente nei rapporti tra Italia e Libia.

Francesco Bianchi

Copertina del libro 'Tigri e colonie' di Francesco Bianchi, con armonica dorata su sfondo beige e azzurro.

In un intreccio di memoria e romanzo, “Tigri e colonie” riporta alla luce la storia rimossa di tredicimila bambini italo‑libici deportati nel 1940, un dolore collettivo che l’Italia ha quasi dimenticato. La narrazione non si limita alla tragedia umana: accosta quelle vite spezzate alla presenza misteriosa e potente delle tigri indiane sul territorio nazionale, simbolo di forza e sopravvivenza in un Paese lacerato dalla guerra. Il risultato è un racconto che commuove e scuote, che trasforma la Storia in esperienza viva e ci obbliga a guardare negli occhi un passato scomodo. “Tigri e colonie” non è solo un romanzo storico: è un viaggio emotivo che restituisce voce agli innocenti e invita il lettore a non dimenticare. Un libro che si legge con il cuore in gola e che merita di essere acquistato, perché la memoria non può restare sepolta.

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