0 3 minuti 29 minuti
A contemplative man in formal attire, resting his chin on his hand, with medium-length wavy hair and a beard, gazing pensively.

Negli ultimi anni della sua vita Heinrich Heine visse confinato in un letto, che egli stesso chiamò con amara ironia Matratzengruft, la “tomba di materassi”. Da quello spazio angusto, segnato dal dolore e dalla paralisi, continuò tuttavia a scrivere, riflettere e interrogarsi sul senso della fede, della sofferenza e della poesia.

In esilio a Parigi, Heine dovette affrontare gravi difficoltà economiche e un progressivo peggioramento della salute. Nonostante ciò, continuò a scrivere in tedesco e pubblicò, tra le sue ultime opere, la raccolta poetica Romanzero, nella quale affrontò con profonda serietà etica e religiosa le sofferenze causate dalla malattia che lo colpì a partire dal 1848. Questa patologia gli provocò una lenta atrofia muscolare e una paralisi progressiva: i primi segnali (pare già intorno al 1833) si manifestarono alle dita, per poi aggravarsi negli anni successivi fino a costringerlo definitivamente a letto proprio nel 1848.

In quella condizione, Heine rimase lucido e sorprendentemente produttivo. Pur facendo ricorso a oppiacei per alleviare le sofferenze, continuò a scrivere e iniziò anche la stesura delle sue memorie, rimaste incompiute. Queste testimoniano un suo riavvicinamento alla fede religiosa, pur senza un’adesione piena a confessioni o dogmi istituzionali, mantenendo intatto il suo spirito critico.

Negli ultimi anni fu assistito dalla moglie, che viveva con lui nonostante il loro rapporto fosse ormai in gran parte formale, e dall’affetto di una giovane donna, Camille Selden, di 19 anni, che lo visitava spesso. Heine la chiamava affettuosamente “Mouche” e le dedicò alcune poesie tra le più intense della sua produzione tarda.

La natura della malattia che lo colpì è rimasta a lungo oggetto di dibattito. Si è parlato di neurosifilide, per la quale venne curato a partire dal 1848, di meningite tubercolare o di sclerosi multipla, ipotesi avvalorata dalla presenza di sintomi quali paralisi, crampi, incontinenza e disturbi visivi. Uno studio del 1997 ha però avanzato l’ipotesi di un avvelenamento cronico da piombo (saturnismo), individuando tracce del metallo nei suoi capelli e collegando a tale intossicazione sia i disturbi neurologici sia quelli gastro-intestinali. All’epoca il piombo era largamente utilizzato in pentole, stoviglie, vernici e persino in alcuni medicinali.

La malattia lo tenne costretto a letto per otto lunghi anni. Heinrich Heine morì a Parigi il 17 febbraio 1856 per complicanze respiratorie e fu sepolto nel cimitero di Montmartre.

 Le sue ultime parole, pronunciate in francese, furono:

Le tue riflessioni arricchiranno la nostra comunità su Alessandria today e italianewsmedia.com e offriranno nuove prospettive. Non vediamo l'ora di leggere i tuoi pensieri! Lascia un commento e condividi la tua esperienza. Grazie per il tuo contributo!. Pier Carlo Lava