In Il profumo del pane caldo Lucia Zappulla costruisce una storia che non si affida al caso, ma alla sua illusione. Le cose sembrano accadere per necessità, per contingenza, per scelte pratiche. In realtà, il romanzo suggerisce con fermezza che nulla è davvero casuale: ogni evento è un tassello che attende il momento giusto per andare al suo posto.

Elisabetta, Lizzy, accetta un lavoro come maestra d’asilo a Venezia lasciando Scicli, il borgo siciliano dove è cresciuta. Non parte inseguendo un sogno preciso, né una vocazione eroica. Parte perché la vita chiede di andare avanti. Eppure porta con sé qualcosa che non è un semplice ricordo: il profumo del pane caldo del forno dei genitori. Un dettaglio quotidiano, quasi umile, che diventa chiave simbolica dell’intero romanzo.

Quel profumo non rappresenta solo l’origine, ma il legame invisibile tra ciò che è stato e ciò che deve ancora accadere. È la prova che le radici non trattengono, orientano. Anche quando Lizzy si trova immersa nell’atmosfera sospesa e misteriosa di Venezia, quel passato continua ad agire, silenzioso ma presente.

La città lagunare non è mai neutra. Venezia accoglie Lizzy e, allo stesso tempo, la espone a un passato che non le appartiene ma che la coinvolge. Qui il tema del caso apparente emerge con forza: incontri, scoperte, presenze sembrano fortuite, ma si rivelano parte di un disegno che aspettava solo di essere riconosciuto.

Lucia Zappulla lavora sul concetto di sincronicità senza mai renderlo astratto. Il destino non parla attraverso segni eclatanti, ma attraverso gesti semplici, decisioni ordinarie, aiutanti inaspettati. È nel quotidiano che la vita prepara le sue svolte decisive.

Il profumo del pane caldo diventa così una riflessione delicata ma profonda sul tempo giusto delle cose. Non tutto si manifesta subito. Alcune verità attendono che siamo pronti a viverle. E quando finalmente emergono, non ci trovano più soli.

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