C’è un paradosso sottile nei rapporti umani: a volte non è chi ci fa un favore a volerci bene di più, ma chi il favore lo compie.
Pier Carlo Lava
L’effetto Benjamin Franklin è uno dei fenomeni psicologici più affascinanti perché ribalta il senso comune delle relazioni. Siamo portati a pensare che aiutiamo le persone che stimiamo o amiamo, e invece questo effetto suggerisce il contrario: aiutare qualcuno può indurci a provare simpatia per lui, persino se inizialmente non ci piaceva affatto.
Il nome deriva da un celebre episodio raccontato dallo stesso Benjamin Franklin nella sua autobiografia. In un momento di forte tensione politica, Franklin decise di chiedere un piccolo favore a un avversario che gli era apertamente ostile: il prestito di un libro raro. L’uomo accettò. Alla restituzione del volume, tra i due nacque un dialogo cordiale che col tempo si trasformò in una relazione di rispetto reciproco. Franklin osservò che chi ha fatto un favore è spesso più disposto a farne un altro, e soprattutto tende a rivedere in modo positivo la persona aiutata.

Dal punto di vista psicologico, l’effetto si spiega con il meccanismo della dissonanza cognitiva. Se aiuto qualcuno che non mi piace, il mio cervello si trova davanti a un conflitto: “Perché ho fatto qualcosa di gentile per una persona che disprezzo?”. Per risolvere questa tensione interna, la mente riorganizza la percezione: forse quella persona non è poi così negativa. Così, il gesto precede e genera il sentimento.
Questo effetto è stato confermato da numerosi studi di psicologia sociale. In uno dei più citati, i partecipanti che avevano fatto un piccolo favore a un altro soggetto tendevano a valutarlo più positivamente rispetto a chi aveva ricevuto un favore da lui. Il legame emotivo nasceva dall’azione, non dal beneficio.
Nella vita quotidiana, l’effetto Benjamin Franklin opera in modo silenzioso ma costante. Chiedere un piccolo aiuto, un consiglio, un’opinione, può creare una connessione più forte di un complimento diretto. Non perché si manipoli l’altro, ma perché si attiva un processo umano profondo: il bisogno di coerenza tra ciò che facciamo e ciò che pensiamo.
Questo spiega perché il fenomeno sia utilizzato – a volte inconsapevolmente – in ambiti come la diplomazia, la mediazione dei conflitti, le relazioni lavorative e persino l’educazione. Coinvolgere qualcuno in un gesto attivo, anche minimo, può trasformare una distanza in un ponte.
L’effetto Benjamin Franklin ci ricorda che le relazioni non nascono solo dalle emozioni, ma anche dalle azioni. A volte non è necessario aspettare di sentirsi vicini per comportarsi in modo gentile: è proprio quel gesto iniziale a creare la vicinanza. Un insegnamento semplice, ma radicale, che attraversa i secoli e resta sorprendentemente attuale.
Geo
Alessandria e il Piemonte sono territori dove il valore della relazione, del dialogo e della collaborazione quotidiana ha ancora un peso concreto nella vita sociale e culturale. Alessandria today racconta e approfondisce questi temi, unendo psicologia, storia e attualità, per offrire ai lettori strumenti di comprensione del presente e delle dinamiche umane che lo attraversano.
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Pier Carlo Lava