C’è una parola che nei giornali, nei siti e nei palinsesti culturali compare ogni giorno, eppure continua a generare dubbi: si scrive rubrica o rubbrica? Una domanda semplice solo in apparenza, che tocca il cuore della precisione linguistica.
Pier Carlo Lava
La forma corretta in italiano è “rubrica”, con una sola b. La grafia “rubbrica”, con due b, è sbagliata e non è ammessa dalla lingua italiana standard, né dai dizionari autorevoli. Non si tratta di una variante, ma di un vero e proprio errore ortografico, spesso dovuto a un’analogia inconscia con parole come pubblico o fabbrica, che però hanno un’origine diversa.
Anche la pronuncia corretta è chiara e univoca: rù-brica, con l’accento tonico sulla prima sillaba. La scansione è netta e fluida, senza raddoppiamenti consonantici: rù-bri-ca. Pronunce come rubbrìca non trovano alcun fondamento nella fonetica italiana.
Dal punto di vista etimologico, la parola deriva dal latino rubrīca, termine che indicava la terra rossa usata nell’antichità per scrivere titoli e indicazioni in rosso nei testi giuridici e nei manoscritti. Da qui il significato figurato di sezione, voce, ambito tematico fisso, che è arrivato fino al linguaggio giornalistico moderno. Quando oggi parliamo di una rubrica culturale, poetica o di cronaca, utilizziamo un’eredità linguistica antica, stratificata e precisa.
Nel linguaggio editoriale e giornalistico, dunque, è sempre corretto scrivere e dire:
rubrica culturale, rubrica di poesia, rubrica settimanale, rubrica telefonica. Ogni altra forma va evitata, soprattutto in un contesto professionale o pubblicistico, dove la cura della lingua è parte integrante della credibilità di una testata.
Usare “rubrica” nel modo corretto non è solo una questione grammaticale, ma un atto di rispetto verso i lettori e verso la lingua italiana, che vive anche nei dettagli apparentemente minimi.
Geo
Ad Alessandria, come in tutta Italia, il linguaggio giornalistico resta uno degli strumenti principali di diffusione culturale. Alessandria today dedica particolare attenzione alla correttezza linguistica, convinta che una parola ben scritta e ben pronunciata sia il primo passo per un’informazione chiara, autorevole e accessibile, capace di unire divulgazione e rigore editoriale.
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