Nel cuore di molte regioni del Sud Italia – dalla Calabria alla Sicilia, dalla Basilicata al Molise – sopravvive una lingua antica che racconta una storia di migrazione, resistenza e identità: l’arbëreshë. Parlata da secoli dalle comunità italo-albanesi discendenti dei profughi giunti nei Balcani italiani tra il XV e il XVI secolo, questa lingua rappresenta oggi un patrimonio culturale unico, ma sempre più fragile. La sua tutela non riguarda solo le comunità che la parlano, né esclusivamente lo Stato italiano: può e deve diventare un progetto condiviso con l’Albania, Paese con cui l’arbëreshë condivide profonde radici storiche e linguistiche.
Una minoranza storica a rischio
Gli Arbëreshë arrivarono in Italia fuggendo dall’avanzata ottomana nei Balcani. Nei secoli hanno conservato lingua, tradizioni, rito religioso e memoria storica, integrandosi nel tessuto italiano senza mai perdere la propria identità. L’arbëreshë, trasmesso prevalentemente in forma orale, è rimasto per lungo tempo la lingua della famiglia, della comunità e delle celebrazioni.
Oggi, però, la situazione è cambiata. Lo spopolamento dei borghi, l’emigrazione giovanile, la riduzione dell’uso quotidiano della lingua e la predominanza dell’italiano nei media e nella scuola stanno accelerando il processo di erosione linguistica. In molti centri arbëreshë, i giovani comprendono la lingua ma faticano a parlarla fluentemente. Senza interventi strutturati, il rischio di una progressiva scomparsa è concreto.
Le iniziative italiane e i loro limiti
L’Italia riconosce ufficialmente le minoranze linguistiche storiche e, in diverse realtà locali, sono attivi progetti di valorizzazione dell’arbëreshë: corsi scolastici, associazioni culturali, festival, pubblicazioni e iniziative comunali. Tuttavia, questi interventi sono spesso frammentati, legati alla buona volontà dei singoli territori e privi di una strategia di lungo periodo.
Mancano materiali didattici moderni, strumenti digitali efficaci e una presenza stabile della lingua nei mezzi di comunicazione. Inoltre, la formazione specifica degli insegnanti è limitata, così come il collegamento con il mondo accademico internazionale. In questo contesto, una collaborazione più stretta con l’Albania potrebbe rappresentare un’opportunità decisiva.
Il ruolo dell’Albania nella tutela dell’arbëreshë
L’Albania non è solo la “madrelingua storica” dell’arbëreshë, ma anche un Paese che negli ultimi anni ha investito nella valorizzazione della propria cultura e della propria lingua a livello internazionale. Un coinvolgimento attivo nelle politiche di tutela dell’arbëreshë in Italia potrebbe rafforzare questo impegno, creando un ponte culturale tra le due sponde dell’Adriatico.
Sul piano accademico, università italiane e albanesi potrebbero avviare programmi congiunti di ricerca linguistica, finalizzati allo studio, alla documentazione e alla standardizzazione dell’arbëreshë. La produzione di dizionari aggiornati, grammatiche comparative e manuali scolastici bilingui rappresenterebbe un passo fondamentale per l’insegnamento della lingua alle nuove generazioni.
Cultura, media e nuove tecnologie
Un altro ambito chiave è quello dei media e delle nuove tecnologie. L’Albania potrebbe sostenere la creazione di contenuti audiovisivi in arbëreshë – programmi radiofonici, documentari, podcast – destinati soprattutto ai giovani. Allo stesso tempo, la digitalizzazione della lingua attraverso archivi online, biblioteche digitali e piattaforme educative renderebbe l’arbëreshë più accessibile e attuale.
Anche le nuove tecnologie, inclusi strumenti digitali per l’apprendimento linguistico e progetti di documentazione supportati dall’intelligenza artificiale, potrebbero giocare un ruolo importante nel preservare la lingua e adattarla ai linguaggi del presente.
Un patrimonio che unisce, non che divide
È importante sottolineare che l’arbëreshë non è semplicemente una variante dell’albanese moderno, ma una lingua con una propria evoluzione storica, arricchita dall’incontro secolare con la cultura italiana. Proprio per questo, la sua tutela non deve essere vista come una “restituzione” culturale, bensì come una responsabilità condivisa.
Salvaguardare l’arbëreshë significa valorizzare la diversità linguistica europea, rafforzare il dialogo interculturale e riconoscere il ruolo delle minoranze come risorsa, non come elemento marginale. Una cooperazione strutturata tra Italia e Albania potrebbe trasformare una lingua a rischio in un simbolo vivo di integrazione e memoria storica.
Guardare al futuro
Il futuro dell’arbëreshë dipenderà dalla capacità di coinvolgere le nuove generazioni e di rendere la lingua uno strumento vivo, utile e riconosciuto. Per riuscirci, servono politiche culturali lungimiranti, investimenti concreti e una collaborazione internazionale fondata sul rispetto e sulla condivisione.
Preservare la lingua arbëreshë non significa guardare con nostalgia al passato, ma costruire un futuro in cui identità, storia e innovazione possano convivere. In questo percorso, l’Italia e l’Albania hanno l’opportunità di camminare insieme.
