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Giubileo dei detenuti: “La giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione”
Papa Leone XIV ripercorre la Spes non confundit. “I miracoli sono affidati anche alla nostra compassione, alla saggezza e alla responsabilità̀ delle nostre comunità e delle nostre istituzioni”.

Si conclude oggi, con la Messa celebrata da Papa Leone XIV nella Basilica di San Pietro, il Giubileo dei Detenuti, l’ultimo grande appuntamento giubilare dell’Anno Santo che ha visto la partecipazione di circa 6000 fedeli provenienti da 90 paesi. I partecipanti con la loro testimonianza hanno voluto portare un senso di inclusione e di speranza a coloro che sono spesso emarginati, sottolineando il messaggio di misericordia e redenzione della Chiesa.
Nell’omelia durante la III domenica di Avvento, il Santo Padre Leone XIV ha ricordato ai fedeli presenti nella Basilica di San Pietro che questa, per l’Anno liturgico, è la domenica “della gioia”, che ci ricorda la dimensione luminosa dell’attesa, la fiducia che qualcosa di bello, di gioioso accadrà̀: “Cari fratelli e sorelle, celebriamo oggi il Giubileo della speranza per il mondo carcerario, per i detenuti e per tutti coloro che si prendono cura della realtà̀ penitenziaria”.
Alla chiamata di questo speciale evento della misericordia carico di significati, hanno risposto centinaia di reclusi provenienti da molti paesi tra cui Brasile, India, Germania e Spagna. Stamattina Papa Leone ha voluto ricordare il suo predecessore quando il 26 dicembre dello scorso anno apriva la Porta Santa nella Chiesa del Padre nostro nella Casa circondariale di Rebibbia facendo nel suo discorso un riferimento all’immagine di un’ancora lanciata verso l’eternità̀, al di là di ogni barriera di spazio e di tempo. Papa Francesco ci invitava a “mantenere viva la fede nella vita che ci attende e a credere sempre nella possibilità̀ di un futuro migliore”. Al tempo stesso, però, ci esortava a essere, con cuore generoso, operatori di giustizia e di carità̀ negli ambienti in cui viviamo.
In un mondo che spesso sembra governato dalla logica della punizione, dell’esclusione e del rifiuto, i detenuti hanno partecipato alla messa del Papa, che ha esortato, con volto emozionato, a non rimanere intrappolati nella logica di un passato che non possono cambiare e di guardare al loro futuro costruendolo con responsabilità e con l’aiuto di Dio. Per qualche istante i detenuti hanno respirato in Vaticano un’aria di libertà. Nel mondo sono circa 12 milioni; i paesi con il maggior numero di reclusi sono Stati Uniti, Cina e Russia.
Mentre si avvicina la chiusura dell’Anno giubilare dobbiamo riconoscere che, nonostante l’impegno di molti, anche nel mondo carcerario c’è ancora tanto da fare in questa direzione. Papa Prevost riprende le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato «ritorneranno i riscattati dal Signore e verranno in Sion con giubilo», affermazioni che suonano come una missione importante e impegnativa per tutti noi. Ci ricordano che Dio è Colui che riscatta, che libera.
Sono state giornate speciali caratterizzate da momenti di riflessione spirituale e rinnovamento, momenti di preghiera e solidarietà, con i detenuti e il loro famigliari, polizia e volontari che lavorano nel sistema penitenziario: “Certo, il carcere è un ambiente difficile e anche i migliori propositi vi possono incontrare tanti ostacoli. Proprio per questo, però – aggiunge il Papa –, non bisogna stancarsi, scoraggiarsi o tirarsi indietro, ma andare avanti con tenacia, coraggio e spirito di collaborazione. Da ogni caduta ci si deve poter rialzare, nessun essere umano coincide con ciò̀ che ha fatto. La giustizia è sempre un processo di riparazione e di riconciliazione”.
In genere chi viene arrestato ha bisogno di confrontarsi con operatori non istituzionali, che possono ascoltare la sua verità. Le figure più ricercate in carcere sono i cappellani, non tanto per l’aspetto strettamente religioso, quanto come persone di fiducia con cui parlare liberamente, con cui sfogarsi: “Quando però si custodiscono, pur in condizioni difficili, la bellezza dei sentimenti, la sensibilità̀, l’attenzione ai bisogni degli altri, il rispetto, la capacità di misericordia e di perdono, allora dal terreno duro della sofferenza e del peccato sbocciano fiori meravigliosi e anche tra le mura delle prigioni maturano gesti, progetti e incontri unici nella loro umanità̀”.
Al Giubileo erano presenti anche rappresentanti del carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, del carcere femminile di Rebibbia e del carcere minorile di Casal del Marmo di Roma, nonché delle carceri di Brescia, Teramo, Pescara, Rieti, Varese, Forlì e del carcere minorile di San Vittore di Torino. Papa Leone si rivolge come un Padre verso i tanti detenuti presenti oggi in Basilica: “Si tratta di un lavoro sui propri sentimenti e pensieri necessario alle persone private della libertà, ma prima ancora a chi ha il grande onere di rappresentare presso di loro e per loro la giustizia. Il Giubileo è una chiamata alla conversione e proprio così è motivo di speranza e di gioia”.
Inoltre recentemente il Presidente Sergio Mattarella ha visitato il carcere di Rebibbia portando un messaggio profondo di solidarietà. Il Santo Padre prosegue: “Per questo è importante guardare prima di tutto a Gesù̀, alla sua umanità̀, al suo Regno, in cui «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, ai poveri è annunciato il Vangelo». Se a volte tali miracoli avvengono con interventi straordinari di Dio, più̀ spesso essi sono affidati a noi, alla nostra compassione, all’attenzione, alla saggezza e alla responsabilità̀ delle nostre comunità̀ e delle nostre istituzioni”.
Papa Francesco nella bolla di indizione “Spes non confundit” (La speranza non delude) ha voluto riservare segni concreti di Speranza sollecitando i vescovi di tutte le Diocesi ad avere una maggior attenzione nei confronti dei detenuti. Ma per portare avanti la speranza ci vogliono atti concreti: aveva, infatti, chiesto ai governi di concedere loro la grazia. “Penso ai detenuti che, privati ​​della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto emotivo, le restrizioni imposte e, in molti casi, la mancanza di rispetto. Propongo ai governi che in questo Anno Giubilare adottino iniziative che restituiscano la speranza”.
Leone XIV ricorda il compito che il Signore affida a tutti, detenuti e responsabili del mondo carcerario. I problemi da affrontare sono tanti. Pensiamo al sovraffollamento, all’impegno ancora insufficiente di garantire programmi educativi stabili di recupero e opportunità̀ di lavoro. E non dimentichiamo, a livello più̀ personale, il peso del passato, le ferite da medicare nel corpo e nel cuore, le delusioni, la pazienza infinita che ci vuole, con se stessi e con gli altri, quando si intraprendono cammini di conversione, e la tentazione di arrendersi o di non perdonare più̀.
“Il Signore, però, al di là di tutto, continua a ripeterci che una sola è la cosa importante: che nessuno vada perduto e che tutti «siano salvati». Che nessuno vada perduto! Che tutti siano salvati! Questo vuole il nostro Dio, questo è il suo Regno, a questo mira il suo agire nel mondo – aggiunge Prevost –. Mentre si avvicina il Natale, vogliamo abbracciare anche noi, con ancora più forza, il suo sogno, costanti nel nostro impegno e fiduciosi. Perché́ sappiamo che anche di fronte alle sfide più grandi non siamo soli: il Signore è vicino cammina con noi e, con Lui al nostro fianco, accadrà sempre qualcosa di bello e gioioso”.

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