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In questo contributo il lettore è invitato a scoprire una voce laterale e sommessa della poesia italiana, dove l’ironia si fa malinconia e il quotidiano diventa misura del disincanto moderno.
Pier Carlo Lava

Tra le liriche meno frequentate di Guido Gozzano, La signorina Felicita è giustamente celebre, ma esistono testi più brevi e raccolti che ne rivelano con altrettanta chiarezza la poetica dell’“anti-eroe”. Tra questi, Invernale si distingue come una poesia intima, dimessa, quasi sussurrata, che restituisce il senso profondo della fragilità esistenziale gozzaniana.

La scena è minimale: un paesaggio d’inverno, un’atmosfera sospesa, una presenza umana che sembra più evocata che dichiarata. L’inverno diventa metafora di un’anima stanca, incapace di slanci ma ancora capace di osservare con lucidità il proprio smarrimento. Gozzano non cerca il sublime, ma lo scarto: ciò che resta quando le illusioni si sono spente.

Invernale
Guido Gozzano

Ora che il gelo stringe
le pallide campagne
e il cielo si scolora
come un vecchio ritratto,

sento più forte il peso
di tutto ciò che fui:
un sogno senza forma,
un amore mancato.

Non chiedo al tempo altro
che un poco di quiete,
come chi posa il capo
sapendo che è tardi.

La poesia procede per sottrazione, evitando qualsiasi enfasi lirica. Il lessico è semplice, quotidiano, ma proprio per questo incisivo. Gozzano porta alle estreme conseguenze la lezione di Pascoli, spogliandola di ogni residuo simbolico e trasformandola in una riflessione laica sul fallimento, sull’inadeguatezza e sull’accettazione del limite.

Il sentimento dominante non è la disperazione, bensì una stanca consapevolezza. Il poeta non si ribella al tempo, non lo sfida: lo riconosce. In questo senso, Invernale anticipa la sensibilità novecentesca di autori come Montale, soprattutto nel modo in cui il paesaggio diventa specchio interiore, privo però di qualsiasi promessa salvifica.

Guido Gozzano riesce qui a compiere un gesto raro: dare dignità poetica alla rinuncia, senza mai cadere nel patetico. L’“amore mancato” non è un rimpianto gridato, ma una constatazione pacata, che fa della poesia uno spazio di verità più che di consolazione.

Guido Gozzano, nato a Torino nel 1883 e morto prematuramente nel 1916, è stato una delle voci più originali del primo Novecento italiano. Malato, appartato, ironico, seppe rinnovare la lirica italiana introducendo una poetica dell’anti-retorica e dell’oggetto dimesso. Le sue poesie meno note, come Invernale, permettono di cogliere la modernità silenziosa del suo sguardo, ancora oggi sorprendentemente attuale.

Geo
Torinese di nascita, Guido Gozzano visse e scrisse tra Piemonte e Liguria, territori che influenzarono profondamente il suo immaginario poetico. La sua opera, lontana dai clamori del suo tempo, dialoga con una sensibilità europea che guarda alla crisi dell’io moderno. Alessandria today propone questa lettura per continuare il lavoro di riscoperta dei classici minori, capaci di parlare con forza al presente.

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