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Prima di entrare nel vivo della silloge, ci racconta chi è Valentina Labattaglia come editor? Qual è il cuore del suo lavoro quotidiano, quali metodi privilegia quando si confronta con una nuova voce poetica e cosa considera essenziale per accompagnare un autore nel processo di costruzione di un’opera?

La scrittura ha sempre fatto parte della mia vita ma in forme e sfumature diverse. Scrivere è come entrare in una dimensione senza tempo e questo piccolo mondo, difficile da spiegare agli altri, lo ritrovo quotidianamente nel mio lavoro. Occuparsi di editing, a mio avviso, non è un mero lavoro ma è una predisposizione della persona, una passione che va oltre la semplice correzione o revisione di un testo: è immergersi tra le pagine di una bozza e capire le emozioni che un autore o un’autrice ha voluto condividere. È essenziale stabilire un legame basato sulla fiducia e sul rispetto durante la fase di costruzione e rielaborazione di un’opera.

Quando ha incontrato per la prima volta i testi della nuova silloge di Lorenzo Cristallini, quale impressione poetica o atmosfera dominante l’ha colpita e guidata nel suo lavoro editoriale?

Conoscevo già la poesia di Lorenzo Cristallini perché, in passato, ho avuto il piacere di leggere altre sue raccolte poetiche. Per quanto riguarda i componimenti della nuova silloge, ho avvertito una maturità di pensiero e di consapevolezza nella scelta dei messaggi da comunicare. In quella che chiamo la “lettura emotiva” di un testo, ho percepito un’atmosfera densa di voglia di raccontare e raccontarsi da parte dell’autore, una scelta consapevole di ricorrere a un livello più elevato – quasi aulico, oserei dire – per condividere un percorso, un viaggio poetico e personale, compiuto attraverso i cento ritratti narrati.

Quando ha letto per la prima volta i testi, quale atmosfera poetica ha percepito come dominante e come ha scelto di valorizzarla?

I componimenti contengono una fragilità d’animo che l’autore sa mascherare attentamente in ogni parola scelta con lucida consapevolezza. L’atmosfera che si percepisce da una prima lettura è quella di una riflessione su quanto ogni incontro – quindi, ogni ritratto – possa incidere sulla vita e sulle decisioni personali. L’autore delle poesie crea tra le righe una sospensione di giudizio e induce a soffermarsi su quello che accade intorno, ogni giorno.
Un’opera, come quella in esame, è di per sé già valida ma ho scelto di valorizzarla, elaborando una breve postfazione, in cui descrivo le sensazioni provate durante l’esperienza di lettura e revisione del testo.

In che modo descriverebbe il dialogo creativo nato tra lei e Lorenzo Cristallini durante la vostra collaborazione professionale?

Lorenzo Cristallini ha la sensibilità di fermarsi ad ascoltare, è disponibile al confronto e all’accettazione di consigli e suggerimenti (prettamente tecnici), affinché la sua silloge venga perfezionata ancora di più. Ciò ha permesso di poter creare un dialogo basato sul rispetto delle differenze di pensiero e sul continuo confronto e scambio di idee.

Quale passaggio della silloge ha rappresentato per lei la soglia decisiva, quella in cui ha compreso la direzione definitiva dell’opera?

A dir la verità, non c’è un passaggio specifico all’interno della silloge che ha risvegliato in me la comprensione definitiva dell’opera, perché a mio avviso le interpretazioni possono essere differenti e possono cambiare anche in base allo stato d’animo con cui si legge un’opera poetica di valore (sia per le scelte stilistiche che metriche impiegate).

Come ha lavorato sulla disposizione dei testi affinché la silloge avesse un respiro unitario e al tempo stesso mobile?

La disposizione dei testi è stata oggetto di scelta del poeta e ho ritenuto di fondamentale importanza rispettare quanto da lui deciso. La raccolta non ha un ordine cronologico e non conduce il lettore a una destinazione finale, ma credo possa essere letta dall’inizio alla fine, al contrario oppure partendo dal centro.
La poesia è sempre libera interpretazione, sia che venga scritta, sia che venga letta.

Che criteri ha adottato per armonizzare i temi ricorrenti con le variazioni di tono e ritmo tipiche della poetica di Cristallini?

A dir la verità, non è risultato necessario adottare criteri particolari per armonizzare i temi ricorrenti con variazioni di tono e ritmo. Già di per sé, l’autore aveva pianificato e organizzato un “discorso armonico generale” come substrato durante la fase di composizione delle sue poesie, prima di consegnare la bozza per la revisione.
Tuttavia, ho ritenuto opportuno rivedere con lui la “sequenza e l’ordine” dei componimenti per un ulteriore controllo di revisione. Più elaborato è stato il controllo delle note, riportate dove ritenuto indispensabile per un approfondimento o una spiegazione su un fatto storico, sull’etimologia di un nome o su un dettaglio lessicale.

Quali elementi della voce di Cristallini ritiene oggi più maturi e quali, invece, ha cercato di lasciar emergere con maggiore nitidezza?

Tra gli elementi della voce di Cristallini apparsi più maturi, ci sono certamente la scelta di un lessico più complesso, di una metrica e un labor limae certosino, quasi perfetto, e di una maggiore profondità di riflessione su alcune tematiche, segno di una visione diversa di pensiero e di un rinnovato spirito di sfida (personale e poetica).
Per quanto riguarda, invece, gli elementi tipici del suo poetare, che emergono chiari e nitidi, quasi come un leitmotiv, ricordiamo le tematiche della disillusione e dell’amarezza, la fragilità dell’animo umano e la voglia di continuare a credere e sperare nel futuro, nonostante “la sopravvivenza in un mondo crudele” (parafrasando alcuni versi del poeta).

Secondo lei, in cosa questa silloge si distingue, sul piano formale o emotivo, rispetto alle precedenti opere dell’autore?

Sul piano formale, indubbiamente l’autore compie un salto di qualità, conseguenza di uno scrupolosissimo lavoro di cura effettuato su ogni rima e verso; infatti, il processo di creazione e realizzazione della silloge ha richiesto oltre un anno.
Il salto più grande, tuttavia, è stato compiuto prevalentemente sul piano emotivo. Si percepisce la maturità raggiunta nell’accettare di lasciarsi andare a sensazioni ed emozioni che, nei precedenti progetti editoriali, sembravano bloccate, quasi incatenate, come prigioniere di un animo poetico non completamente libero.

Ci sono versi o immagini che, nel processo editoriale, l’hanno costretta a fermarsi, a “decantare” prima di intervenire?

Durante il processo editoriale, ho sentito la necessità di fermarmi a riflettere e rileggere alcuni componimenti che riguardano temi o “personaggi” cui sono particolarmente legata. Uno tra questi, è stata la poesia intitolata Gli inganni della mente di Penelope. La regina di Itaca è una delle donne più emblematiche e incomprese della mitologia classica, ma ho percepito, in questa rivisitazione del ritratto della moglie di Ulisse di Cristallini, l’immagine non di una persona debole ma il ritratto di una figura di donna moderna, quasi inarrivabile per coraggio e forza nella sua resilienza alla crudeltà del mondo. Riporto, di seguito, i versi che mi hanno indotto a “decantare” per poi riprendere la revisione.

Per la sopravvivenza
In un mondo crudele
Quando del certo si deve far senza
Quasi sempre bisogna
Raccontarsi una bianca menzogna.

Quando si lavora sulla poesia, come si decide il confine tra un intervento che illumina un testo e uno che rischia di spegnerne la spontaneità?

Intervenire su un testo poetico è sempre più complesso rispetto a un testo scritto in prosa. La poesia è un genere più delicato, personale, quasi intimo.
Il rischio di spegnere la spontaneità di un componimento è molto alto e bisogna comprendere quale siano il vero messaggio e le emozioni nascoste al suo interno. Indispensabile è confrontarsi con l’autore per capire quale sia stata l’intuizione di fondo che ha dato vita alla poesia

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