0 4 minuti 1 ora

In questo contributo il lettore è invitato ad avvicinarsi a una delle liriche più silenziose e profonde di Giacomo Leopardi, dove la festa finita diventa immagine della condizione umana e del tempo che consuma ogni speranza.
Pier Carlo Lava

Accanto ai testi più noti di Giacomo Leopardi, La sera del dì di festa occupa una posizione appartata ma decisiva. È una poesia che non esplode, non proclama, non cerca effetti: scivola lentamente nel pensiero, come la sera che descrive. Proprio per questo rappresenta uno dei momenti più autentici della lirica leopardiana.

Il poeta osserva il paese che si acquieta dopo la festa. Le luci si spengono, i rumori si affievoliscono, la vita ritorna alla sua ordinaria fatica. In questo scenario dimesso Leopardi colloca una riflessione radicale sul desiderio e sulla sua inevitabile delusione. La festa è attesa, promessa; la sera è il risveglio alla realtà.

La sera del dì di festa
Giacomo Leopardi

Dolce e chiara è la notte e senza vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna. O donna mia,
già tace ogni sentiero, e pei balconi
rara traluce la notturna lampa:
tu dormi, che t’accolse agevol sonno
nelle tue chete stanze; e non ti morde
cura nessuna; e già non sai né pensi
quanta piaga m’apristi in mezzo al petto.

Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
appare in vista, a salutar m’affaccio,
e l’antica natura onnipossente,
che mi fece all’affanno. A te la speme
nego, mi disse, anche la speme; e d’altro
non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.

Questo dì fu solenne: ora da’ campi
e da’ cieli seren discioglie il guardo;
e dalla danza e dal fragor lontano
ritorna al cor la noia, e l’amorosa
pena, che mi pungea fin da fanciullo.

La forza della poesia risiede nel contrasto tra la quiete del paesaggio e l’inquietudine interiore. Tutto è calmo, tutto è “dolce e chiaro”, ma proprio questa bellezza amplifica il dolore. Leopardi non accusa la donna, né il mondo: accusa la natura, matrigna silenziosa che genera desiderio senza offrire appagamento.

Qui il poeta abbandona ogni illusione romantica. La festa, simbolo di felicità condivisa, si dissolve; resta la “noia”, parola chiave del pensiero leopardiano, che non indica semplice tristezza, ma vuoto esistenziale, consapevolezza della sproporzione tra desiderio e realtà.

Dal punto di vista stilistico, la poesia fonde armonia classica e tensione moderna. Leopardi costruisce un canto limpido, musicale, ma lo riempie di un pessimismo lucido e non consolatorio. In questo senso, La sera del dì di festa anticipa molte inquietudini del Novecento, pur restando ancorata a una forma perfetta.

È una poesia che chiede silenzio, come la sera che descrive. Non va letta in fretta, perché il suo centro non è l’immagine, ma la risonanza che lascia.

Giacomo Leopardi, nato a Recanati nel 1798 e morto a Napoli nel 1837, è uno dei massimi poeti e pensatori europei. La sua opera, spesso ridotta a pochi testi scolastici, contiene una ricchezza di sfumature che emergono soprattutto nelle liriche meno declamate, dove la voce si fa più intima e radicale.

Geo
La poesia nasce a Recanati, nelle Marche, ma parla a ogni luogo in cui l’attesa lascia spazio al disincanto. Leopardi, pur radicato nel suo paesaggio, costruisce una visione universale dell’esistenza. Alessandria today propone questa lettura per continuare il dialogo tra i classici e il presente, attraverso le loro verità più silenziose.

Seguiteci su: Alessandria today – italianewsmedia.com – Facebook: Pier Carlo Lava

Le tue riflessioni arricchiranno la nostra comunità su Alessandria today e italianewsmedia.com e offriranno nuove prospettive. Non vediamo l'ora di leggere i tuoi pensieri! Lascia un commento e condividi la tua esperienza. Grazie per il tuo contributo!. Pier Carlo Lava