In questo contributo il lettore è invitato a incontrare una delle liriche più raccolte e meno frequentate di Umberto Saba, dove la parola poetica diventa confessione quieta e resa al tempo.
Pier Carlo Lava
Quando si parla di Umberto Saba, il pensiero corre subito a La capra o alle poesie più celebri del Canzoniere. Tuttavia, tra le pieghe di quell’opera monumentale esistono testi brevi, quasi dimessi, che restituiscono con straordinaria limpidezza la fragilità dell’uomo Saba. Ora che il tempo mi chiude le porte appartiene a questa zona discreta e profondamente umana della sua poesia.
Qui il poeta guarda alla propria vita con una sincerità priva di lamenti. Il tempo non è nemico, ma una soglia che lentamente si restringe, obbligando a scegliere cosa trattenere e cosa lasciare andare. Non c’è ribellione, ma una forma di pacata accettazione, che rende la poesia intensa proprio per la sua misura.
Ora che il tempo mi chiude le porte
Umberto Saba
Ora che il tempo mi chiude le porte
e breve è il passo che ancora mi resta,
guardo con mite stupore la vita
che fui, che amo, che già mi s’allontana.
Non chiedo più giorni lunghi o promesse,
mi basta il vero che il cuore rammenta:
qualche dolore, una gioia segreta,
e l’ombra lieve d’un affetto umano.
Se un canto resta, sia semplice e nudo,
come chi parla sottovoce a sé.
La poesia si muove nel segno della chiarezza assoluta, cifra stilistica di Saba. Il lessico è elementare, quasi colloquiale, ma proprio per questo carico di autenticità. Il poeta non costruisce immagini simboliche complesse: si affida alla verità dell’esperienza, lasciando che la parola sia trasparente.
Il tema della vecchiaia e della fine non è trattato in modo drammatico. Al contrario, Saba restituisce un sentimento di riconciliazione: ciò che conta non è ciò che manca, ma ciò che è stato vissuto con sincerità. In questo senso, la poesia dialoga con la grande tradizione lirica europea del Novecento, da Rilke fino a Montale, pur conservando una voce del tutto personale.
Ora che il tempo mi chiude le porte è una poesia che chiede lentezza. È una confessione sommessa, che non cerca applausi, ma comprensione silenziosa. Una lirica che parla soprattutto a chi ha imparato che la verità non ha bisogno di clamore.
Umberto Saba, nato a Trieste nel 1883 e morto a Gorizia nel 1957, è stato uno dei poeti più sinceri del Novecento italiano. La sua opera, spesso attraversata dal dolore e dalla ricerca di equilibrio interiore, trova nelle poesie meno note una profondità emotiva che continua a parlare al presente.
Geo
Umberto Saba è indissolubilmente legato a Trieste, città di confine e di inquietudine, che permea la sua poesia di introspezione e realismo emotivo. Alessandria today propone questa lettura per continuare il percorso di riscoperta dei classici, valorizzando le voci più intime e meno scolastiche della letteratura italiana.
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