Questa pubblicazione di Don Giovanni Mangiapane – come si deduce dalla specificazione
apposta sotto il titolo Omaggio a Papa Francesco – è scritta in lingua siciliana e tradotta in
italiano: è noto che le traduzioni da altra lingua, soprattutto per la poesia, sono destinate a
perdere in parte l’efficacia lirica e fonetica del testo originale. Nel caso del nostro autore
siamo di fronte ad una scelta metrica rispettata per tutte le composizioni: strofe costituite da
quartine con rima prevalente ab-cd. Anche quando l’abilità del traduttore riesce a conservare
la rima in italiano, essa difficilmente mantiene i ritmi suggestivi e tipici del siciliano, in
particolare con le desinenze caratteristiche in u precedute da una consonante. Se il lettore
prova a confrontare la prima strofa della prima poesia del libro – «Vergini Maria, matri di
Cristu/ e di cu abbrazza lu crucifissu./ Tu ca veni in aiutu a lu bisognu,/ anchi si nun ti chiama
“iu ci sugnu”…» – con la sua traduzione – «Vergine Maria, Madre di Cristo/ e di chi abbraccia
il Crocifisso./ Tu che vieni in aiuto a chi ha bisogno,/ anche se non ti chiama “di te ho
bisogno”…», s’accorgerà della differenza insita nelle due versioni: ergo consigliamo al lettore
stesso, anche se non avvezzo al siciliano, di procedere ad una lettura attenta della lingua
isolana per apprezzarne le peculiarità contenute.
Fatte queste precisazioni formali ed estetiche circa il lessico del nostro autore, occorre
addentrarci a prendere in considerazione il genere poetico dello stesso e il tipo di messaggio
che gli sta a cuore. Il titolo non lascia dubbi: si tratta allo stesso tempo di poesia religiosa e
didascalica, poiché Mangiapane dedica le sue liriche a Papa Francesco al fine di proporlo
alla società e all’umanità intera come modello di testimone evangelico al quale accomuna le
sue doti umane, che possono rendere credibile la presenza della Chiesa anche per chi non
crede. Le sue quartine visitano in particolare il breve tempo di Bergoglio vissuto nella
sofferenza a causa delle sue condizioni di salute prima, durante e dopo il ricovero
ospedaliero, fino al termine della sua parabola terrena. Il sacerdote siciliano pone in primo
piano anche l’ansia, la preoccupazione e l’attesa circa il decorrere della malattia, da parte dei
fedeli, segno del rispetto, dell’attaccamento e dell’amore da loro sempre manifestato verso
un Pontefice vicino alla gente, ai poveri, predicatore di pace e giustizia.
Uno spazio importante è lasciato anche alle poesie che invocano a Cristo e alla Vergine
Maria l’intercessione per la salute di Francesco: in tali casi i testi si trasformano in preghiera
– nella fattispecie preghiera di richiesta – con una spiccata accentuazione della dimensione
verticale della fede.
L’analisi critica testuale più ravvicinata ci consentirà ora di scoprire anche altri aspetti
dell’Omaggio a Papa Francesco. Vi troviamo, come già detto, l’invocazione alla Vergine
Maria: «Considera la Chiesa: ha paura;/ la vita del Papa è appesa ad un filo./…/ A chi ti
onora con amore speciale,/ donagli vera grazia eccezionale…» (24 febbraio 2025). Nella
lirica successiva il poeta si rivolge a Cristo con un linguaggio diretto, ricordando l’opera che il
Papa sta compiendo sulla Terra: «…Tu gli affidasti la Chiesa tua santa,/ la guida forte a Lui,
tutta quanta./ Gira il mondo portando il tuo nome,/ dona coraggio a tutti e come!// Non
abbandonarlo ora nella prova,/ la sua malattia per noi è grande scuola…» (Preghiera, 26
febbraio 2025).
Passano i giorni dell’assenza di Francesco dalla finestra di Piazza San Pietro e la gente che
solitamente lo vedeva apparire sorridente vestito di bianco, ne sente la mancanza: «…Gode
di ogni gioia del mondo,/ prega per chi soffre tutto intorno./ Oggi per il Papa il mondo prega,/
la malattia di affacciarsi gli nega…» (27 febbraio 2025). Le suppliche al Signore per la sua
guarigione sono incessanti, il sacerdote-poeta confida nell’intervento divino: «…Servo dei
servi Lui firma,/ lo Spirito e la Grazia conferma./ Bisogno abbiamo della sua presenza,/ della
Parola che dona Speranza…» (2 marzo 2025).
Ed ancora sottolinea un’altra scelta di questo Papa, per la prima volta nella storia della
Chiesa porta il nome del poverello di Assisi: «Padre Santo che ti chiami Francesco,/ il primo
della storia, tutto fresco:/ Gesuita hai scelto il cantore,/ hai scritto “Laudato sii mio
Signore”…» (4 marzo 2025). Così non può dimenticare che il messaggio francescano è un
invito alla pace, quella vera: «Francesco diventa poverello,/ ma ha un cuore troppo bello;/
somiglia tutto al Signore,/ diventa quello che è: “Amore”.// La Pace parte sempre dal cuore,/
per la Pace vera Lui ci muore…» (La pace, 12 marzo 2025). In modo inaspettato Bergoglio
viene dimesso dal Policlinico Gemelli di Roma e torna in Vaticano: si riaccendono negli animi
le speranze che possa restare ancora con i suoi fedeli, esultano i cuori: «Regalo grande ci ha
fatto il Signore,/ a santa Marta è tornato il Pastore./ Papa Francesco ritorna a casa,/
Quaranta giorni Gemelli travasa…» (23 marzo 2025).
Ma, in modo altrettanto repentino, la sue condizioni peggiorano, fino all’ultima ora di
presenza in questo mondo, dopo giorni di sofferenza: «…Stamattina è come una mazzata:/
la vita del Papa è trasferita./ Pensaci Tu ora che l’hai vicino,/ non ti dimenticare del mondo
nel lino» (Morte di Papa Francesco, 21 aprile 2025). Tanti altri pensieri hanno albergato nella
mente e nel cuore di Don Giovanni Mangiapane in quei giorni di trepidazione, timori, attese,
speranze e poi la cruda realtà della perdita di un forte e coraggioso testimone di Cristo e del
Vangelo, e la sua ispirazione volle ancora offrirgli le parole per celebrarlo: «…Si vide subito
che prese la via,/ con il nome Francesco e Laudato sia./ Poi abbracciò forte ogni sociale,/
poveri, carceri, periferia, normale./…/ Uomo della Pace è chiamato,/ come uomo dei ponti
evocato./ Lavorò sino all’ultima ora,/ dolori smorzati sono allora» (Sepoltura di Papa
Francesco, 26 aprile 2025).
Con la morte e la sepoltura di Papa Francesco non si conclude il libro di Don Giovanni
Mangiapane; egli segue gli avvenimenti successivi, come il Conclave e l’elezione del
successore: «Oggi comincia il Conclave,/ la sola parola fa tremare./ Chiusi, isolati dal
mondo,/ eppure lo hanno tutto intorno…» (Extra omnes, 7 maggio 2025).
La fumata bianca è giunta abbastanza presto e, come spesso è capitato in passato, la
sorpresa è stata generale: «“Habemus Papam” Leone il nome,/ dall’America viene come
drone./ Però impastato tutto di Europa,/ Agostino e lo spirito di Proba…». Un nuovo Papa
che piace al nostro autore che così conclude la poesia a lui dedicata: «…Oggi siede sulla
Sedia di Pietro,/ di Cristo ha misura e metro./ Per il mondo intero pieno di pene,/ a Cristo si
professa: Ti voglio bene» (Papa Leone XIV, 9 maggio 2025).
In questa prefazione, parlando del linguaggio di Mangiapane, ho sempre usato il termine
lingua siciliana e non il vocabolo dialetto siciliano. Ciò per una ragione ben precisa: egli
ritiene il primo come un’entità viva, presente ed anche proiettata nel futuro, mentre il
secondo è sinonimo di complesso linguistico morto, in via di estinzione. Esistono progetti
culturali promossi dalla Regione Sicilia, dei quali l’autore fa parte, che si prefiggono
l’obiettivo di attuare pienamente la Legge Regionale 9/11, di rilevante importanza per i
siciliani, in quanto sostiene la promozione, la valorizzazione e l’insegnamento della storia,
della letteratura e del patrimonio linguistico siciliano nelle scuole. Omaggio a Papa
Francesco, per la lingua adottata, rientra nei canoni auspicati dalla succitata legge, così
come altre pubblicazioni di poesia, tra cui Versi siciliani, sempre ad argomento religioso,
utilizzato nel Liceo Classico Internazionale “Umberto I” di Palermo. In uno dei documenti
della L.R. 9/11 si dice: «In una società sempre più liquida e globale, la valorizzazione delle
identità locali è una risposta efficace al progressivo indebolimento dei punti di riferimento e
delle radici storiche e culturali».
Il recupero della “sicilianità” è dunque nell’agenda letteraria della cultura isolana: ad
majora!