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Ci sono giorni che sembrano promettere vita e invece custodiscono il presagio della fine.

Pier Carlo Lava

Con “Novembre”, Giovanni Pascoli realizza una delle sue poesie più celebri e più sottili, costruita tutta sul gioco dell’inganno. La natura si mostra luminosa, mite, quasi primaverile, ma è solo apparenza. Sotto quella bellezza inattesa si nasconde il volto più autentico del tempo che passa, della perdita, della morte. È una poesia che non grida, ma sussurra una verità amara.

Testo integrale della poesia

Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.

Il primo verso è un capolavoro di illusione sensoriale. L’aria è “gemmea”, il sole inganna, l’olfatto e la vista suggeriscono la primavera. Il lettore, come il poeta, è portato a credere che la stagione della rinascita sia tornata. Ma subito dopo arriva la smentita: “secco è il pruno”, le piante sono stecchite, il cielo è vuoto. La bellezza iniziale si rivela fragile, temporanea, quasi crudele.

Pascoli utilizza la natura come specchio dell’interiorità. Novembre non è solo un mese, ma uno stato dell’anima. È il tempo in cui la memoria tenta di illudersi, mentre la realtà impone il suo silenzio. Il verso finale, “l’estate fredda dei morti”, è uno dei più intensi della poesia italiana: una definizione ossimorica che racchiude tutta la poetica pascoliana, fatta di contrasti, di dolcezza e di lutto.

Dal punto di vista stilistico, “Novembre” è un esempio perfetto della poesia simbolista di Pascoli. Il linguaggio è semplice, quasi infantile, ma carico di stratificazioni emotive. La poesia dialoga idealmente con Leopardi, per la riflessione sul tempo e sull’inganno della natura, e anticipa certe atmosfere del Novecento, dove il paesaggio diventa metafora dell’assenza.

“Novembre” non consola. Invita piuttosto a riconoscere la verità dietro l’apparenza, ad accettare che anche nei giorni più luminosi può abitare la malinconia. Ed è proprio questa onestà poetica a rendere il testo ancora attuale.

Biografia dell’autore

Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 – Bologna, 1912) è uno dei maggiori poeti italiani tra Ottocento e Novecento. Segnato da lutti familiari profondi, ha costruito una poetica fondata sulla fragilità dell’esistenza, sul simbolismo naturale e sulla memoria. Con raccolte come Myricae e Canti di Castelvecchio ha rinnovato radicalmente il linguaggio lirico italiano.

Geo

Giovanni Pascoli, voce centrale della poesia moderna italiana, continua a parlare al presente grazie alla sua capacità di trasformare il paesaggio in esperienza interiore. Alessandria today valorizza la sua opera come strumento di lettura del tempo e dell’animo umano, promuovendo una cultura poetica viva e accessibile.

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