C’è un lutto che non passa, ma si trasforma in parola.
Pier Carlo Lava
In “X Agosto”, Giovanni Pascoli compie uno dei gesti più alti della poesia italiana: trasforma un evento personale, la morte violenta del padre, in una meditazione universale sul male del mondo. La poesia nasce da una ferita reale, ma si apre subito a una dimensione cosmica, dove la natura non consola, bensì partecipa al dolore.
Testo integrale della poesia
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero; cadde tra spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de’ suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero; disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano invano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!
La struttura della poesia è costruita su un potente parallelismo: la rondine e l’uomo, il nido e la casa, il dono e la morte. Pascoli non descrive la violenza, ma la sospensione crudele che segue l’atto: l’attesa inutile, il gesto interrotto, il silenzio che resta.
Il cielo stellato di San Lorenzo, tradizionalmente associato al desiderio e alla speranza, diventa qui testimone muto del dolore, se non addirittura complice. Le stelle cadenti non sono auguri, ma lacrime. È una visione profondamente moderna, che anticipa il Novecento: il cosmo non protegge, osserva.
Dal punto di vista stilistico, Pascoli utilizza una lingua limpida, quasi infantile, proprio per rendere più feroce il contrasto con il contenuto. È una poesia che parla a tutti, perché non sublima il dolore, lo riconosce e lo nomina. In questo senso, “X Agosto” dialoga con Leopardi per la visione tragica dell’universo e con Ungaretti per la sacralità della parola essenziale.
Biografia dell’autore
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 1855 – Bologna, 1912) è una delle figure centrali della poesia italiana moderna. Segnato da gravi lutti familiari, ha costruito una poetica fondata sul dolore, sulla memoria e sulla fragilità dell’esistenza. Con opere come Myricae e Canti di Castelvecchio ha rinnovato profondamente il linguaggio poetico italiano.
Geo
Pascoli, poeta del trauma e dell’interiorità, continua a parlare con forza al presente. Alessandria today ne propone una lettura che va oltre l’approccio scolastico, restituendo alla sua poesia la dimensione umana e universale che la rende ancora necessaria.
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