Alfabeto_corsivo_maiuscolo_minuscolo_schema_Genitorialmente

Sono passati molti anni, ma io conservo un ricordo nitido delle ore trascorse a riempire pagine e pagine di lettere dell’alfabeto nelle 4 forme di scrittura che conosciamo: lo stampatello maiuscolo, lo stampatello minuscolo, il corsivo maiuscolo e il corsivo minuscolo.

Erano tempi in cui i computer non esistevano ed era l’unico modo di imparare a scrivere, un approccio graduale che partiva dallo stampatello per arrivare al corsivo.

L’intero anno scolastico della prima elementare era dedicato all’arte della scrittura, per la lingua italiana.

Ero già grande quando nelle nostre vite sono arrivati i computer e la querelle sull’effettiva utilità del corsivo non mi ha sfiorata, neppure quando sono andati in prima elementare (ora primo anno della scuola primaria) i miei figli, i quali hanno frequentato delle scuole molto tradizionali, in cui il problema non si è posto.

Né i miei ragazzi hanno avuto difficoltà nell’apprendimento del corsivo, rispetto allo stampatello, come mi è capitato di sentir dire ad alcune mamme per i loro figli.

Un merito, quest’ultimo, che riconosco alle maestre, che, evidentemente, hanno saputo rispettare i tempi dei bambini, facendo sì che l’apprendimento fosse naturale e spontaneo per tutti.

Certo ho vissuto il cambiamento negli anni 90, quando lo stampatello maiuscolo si è imposto sempre più, scalzando il primato del corsivo.

Io stessa me ne servo spesso, quando scrivo delle note o degli appunti per terze persone, perché siano facilmente leggibili.

Mi sono resa conto, però, della serietà della questione, quando ho letto che ci sono Paesi in cui l’insegnamento del corsivo è stato abolito e, quando, conversando con un mio coetaneo in spiaggia, mi ha detto di aver dimenticato, ormai, come si scrive in corsivo, poiché da anni si serve solo dello stampatello maiuscolo.

Ora, chiamatemi retrograda, conservatrice, antica, come direbbe mio figlio Paolo ( il maggiore), ma io lo trovo inammissibile.

Ho sempre considerato lo stampatello come una scrittura di passaggio, di transizione verso il corsivo, quasi inferiore direi, da utilizzare solo negli appunti, nelle note, nelle minute, ma non nei documenti ufficiali e men che mai nelle lettere personali.

E’ vero che oggi ci serviamo quasi esclusivamente dei computer per i documenti e per le lettere, ma l’uso del corsivo andrebbe salvaguardato per tutto quello che è esclusivo, personale. I biglietti di auguri, di ringraziamento, gli inviti, le lettere ( per quanto desuete, è sempre emozionante riceverne una) vanno rigorosamente scritte in corsivo e a mano.

Non è solo una questione di buon gusto. Il corsivo esprime la nostra personalità, la nostra individualità, la nostra unicità. Non esiste calligrafia uguale all’altra, ciascuna si distingue in tanti piccoli particolari, mentre lo stampatello ci omologa tutti, ci incasella in un bisogno di ordine, rigore, uniformità.

Scrivere a mano e in corsivo un messaggio, ne rafforza l’autenticità, il contenuto emozionale, lo impreziosisce. Se lo stampatello è pratico, il corsivo è personale ed esclusivo,ci appartiene profondamente.

Qualcuno mi dirà che è solo questione di abitudine, ma quando ho bisogno di fare chiarezza nelle mie idee, ci riesco solo mettendole su carta, lasciandole fluire fuori, attraverso la penna che scorre sul foglio, senza soluzione di continuità tra una lettera e l’altra, come se quel tratto lineare incatenasse i pensieri l’uno all’altro.

Alcuni esperti sono dell’idea che scrivere in corsivo o in stampatello attiverebbe due aree del cervello diverse: l’uno quella creativa, l’altro quella razionale.

Allora perché decidere di abolire l’insegnamento del corsivo, in nome della praticità e dell’omologazione? Io mi schiero con chi difende il corsivo e ritiene che si debba saper scrivere in entrambi i modi e, poi, saper scegliere tra i due.

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