“L’insulto è il biglietto da visita di chi ha poco giudizio e parla di pancia.”
Solitamente, è statistico, coloro che sono soliti gratificarsi con questa pratica, si tramutano improvvisamente in neuropsichiatri fai da te, no Alpitour, e se ne escono con appellativi feroci.
Parole che vogliono solo ferire chi li ascolta, sassaiole atte a fare sì che l’altro debba soccombere perché – oramai – è a conoscenza di troppe cose e costituisce un pericolo.
La sua esistenza stessa mina la serenità di chi vorrebbe poterlo disgregare in particelle cosmiche.
In questo modo, più si è sinceri e più si viene definiti letteralmente pazzi.
“Non ci vuole niente, sa, signora mia, non s’allarmi! Niente ci vuole a far la pazza, creda a me! Gliel’insegno io come si fa. Basta che Lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza!”
(Luigi Pirandello – “Il berretto a sonagli”)
Allora, anche fosse solo per acquietare la propria coscienza, per non sentirsi complici di chi mente o per amor proprio, d’impeto si sceglierebbe di parlare, di gridare ad ognuno in faccia come stanno le cose: tanto si viene derisi comunque.
Ma sarebbe sbagliato, io credo. Profondamente sbagliato e fuori luogo perché c’è – ed è ineluttabile – la sincronicità (Jung ce lo insegna) e nulla accade nello stesso momento senza significato.
Segno che deve andare così. Tutto è basato su dei semplici nessi acausali, l’uno non influisce sull’altro, del resto. Diversi orologi possono essere sincronizzati contemporaneamente sullo stesso orario, di fatto restando diversi.
“Ciò che accade oggi nella mia vita non influisce nella tua, ma è anche vero che, quanto tu decidi di fare, non mi sfiora. Come non mi tange con chi vuoi farlo, né se me lo racconti. Tutto ciò è solo sincronicità priva di ogni altro coinvolgimento. I tuoi presunti segreti – facili a svelarsi – mostrano solo lo squallore della falsità che ti contraddistingue e mi confermano il tuo valore di persona. Nullo. ”
A questo punto, serve parlare? C’è una seppur minuscola utilità nel conferire con chi ci ha anche appellati pazzi?
No, non serve a nulla, e non deve servire perché – se è vero che si è compreso un meccanismo – è altresì vero che bisogna lasciare agli altri la libertà di scegliere, fosse anche la libertà di scegliere chi ha piani ingegnosi, modi machiavellici e fini utilitaristici.
Per farla breve, ognuno è responsabile di se stesso: se cade e batte il muso reiteratamente, evidentemente, è soltanto un masochista che non ne vuole uscire.
E, se gli piace farsi male, chi siamo noi per impedirglielo? Ne abbiamo il diritto?
“Per aiutare, bisogna anzitutto averne il diritto.”
(Fëdor Michajlovič Dostoevskij – “Delitto e castigo”
Lasciamo che la sincronicità faccia accadere tutto restando a distanza ed in signorile silenzio, coi nessi acausali e la nostra bella letteratura: infondo ci aiuta a trovare molte soluzioni in più della psicologia stessa. Specie se è quella fai da te, no Alpitour.
Paola Cingolani – @lementelettriche
L’ha ripubblicato su lementelettriche.
14 febbraio il santo dell’amore
è l’abituale logoro anniversario
di cui questa società malata
ha bisogno come un talismano
o per farne commercio…
ogni volta è un giorno da ricordare
per un morto o un fatto eclatante
così’ da poter fare il solito teatro…
per dimostrare agli altri
ma anche a se stessi
quanto si è bravi e ipocriti
nel celebrar memorie…
ma per questo Valentino
che inneggia all’amore
basta poco per celebrarlo…
senza fiori e regali vari
fra chi sta bene insieme
anche dopo lunghi anni
di lotta dura per campare…
quando ormai ci si annusa
per capire gli umori
senza troppi baci e amplessi…
ma uniti pervicaci
nel superare asperità
al di là di screzi e contrasti
sempre con stima e amore
Versi belli, signor Redaelli.
Solo – e davvero mi deve perdonare – non colgo il nesso con l’articolo che ho scritto. Me ne dolgo. Mi spieghi, per cortesia: cosa mi sfugge?
😉