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In occasione del suo secondo intervento pubblico, dopo aver preso parte con giornalisti ed esperti di grande levatura alla 4° edizione del festival “La parola che non muore”, la Dottoressa Giulia S. Cingolani – sociologa forense – ha presentato il suo decalogo anti violenza al MayDay.

[Essendo mia figlia, ho ritenuto appropriato non espormi in prima persona, lasciando così la parola al direttore artistico, responsabile del centro culturale che tanto sta offrendo alla nostra cittadina rivierasca.]

Dieci punti chiari e diretti. Così Giulia S. Cingolani, sociologa forense di Porto Potenza Picena, ha voluto sintetizzare il suo percorso di formazione fornendo a tutti uno strumento agile ed efficace per identificare rapidamente un “manipolatore affettivo”. Troppo spesso le vittime di questo genere di soggetti arrivano tardi a comprenderne il reale pericolo. Anche se non sempre si arriva all’omicidio, la violenza psicologica che, per un presunto amore, l’altra persona si trova a subire è di tale entità da produrre profonde ferite nella sua mente e nello spirito, tali da compromettere pesantemente il normale corso dei rapporti interpersonali e l’autostima. Giulia ha affrontato il delicato tema attraverso questi punti rivelatori dando elementi precisi di verifica e concludendo con un monito: “Allontanatevi subito!”. La sua relazione ha così chiuso la doppia mostra fotografica di Alìta (Rita Santanatoglia) e Paola Tornambè dal titolo “Parti di Invisibile”.

Mauro Mazziero

(Direttore Artistico MayDay e Mugellini Festival a Potenza Picena)

1) Mai accettare di vedersi un’ultima volta: gli incontri chiarificatori non esistono! Tant’è che, almeno il 70% di essi, secondo fonti ISTAT, finisce con la foto della vittima tra i necrologi del giorno successivo. Non c’è nulla da chiarire, ribadire; si farà vedere con la coda tra le gambe per impietosire, sferrando all’improvviso l’ultimo, fatale colpo. Se è inevitabile vedersi per riprendere ciò di cui lui si è appropriato senza diritto, come il cane che vi ha regalato, non andateci da sole. Lui non aspetta altro, non agevoliamo il suo compito!

2) Non permettergli di isolarti: il manipolatore affettivo è una sorta di vampiro che si nutre delle energie ma soprattutto delle debolezze altrui. Dalla fase di “luna di miele” iniziale, in cui lui si presenta come il principe azzurro, l’uomo ideale, perfetto, si arriva alla fase del gaslighting, il riflettore deve essere sempre puntato su di lui, esiste solo lui e deve essere sempre così. “Non vestirti così, chissà che cosa pensano gli altri, solo io devo guardarti. Sembri una poco di buono. La tua comitiva di amici vuole solo prenderti in giro, non è buona per te, ti porta sulla cattiva strada. Quella tua amica fa abbuffata di uomini, quel tuo amico ti fa gli occhi dolci. Tu appartieni a me. Non serve che vai a lavoro, che ci vai a fare? Non lo capisci che il capo poi ci prova? Lo sistemo io, stai tranquilla, tu devi stare a casa. Tua madre mi ha rotto le scatole, sempre a dare consigli. Vuole solo separarci. Mica lo capisce che ora tu vivi qui con me e a lei tanti cari saluti. Ti fa solo il lavaggio del cervello, ma la prossima volta ci penso io a risponderle, non preoccuparti. Anzi, dammi il telefono, che ultimamente ti sta squillando un po’ troppo spesso, mi prendi in giro per caso? Pensi sia uno stupido? Stai attenta che ti faccio rigare dritta io, forse non ti è chiaro. Troppi grilli per la testa hai: te li devo forse schiacciare?”
È il mostro interiore. È il vuoto che ti crea dentro. È la convinzione che da lui dovrai dipendere. E devi farlo pure bene… sennò saranno guai. È la sindrome di Stoccolma, devi fare la brava, illuderti che, se fa così, è perché è solo un po’ troppo protettivo, perché ci tiene e siamo noi che non lo capiamo. Ci sbagliamo.

3) Se ti colpisce una volta, lo farà ancora. È il mostro esteriore. Dove è passata la violenza non crescono seconde possibilità. Anche se lui all’inizio ti chiederà di capirlo, cercando di convincerti che se ha esagerato lo ha fatto per il tuo bene, perché sai, da piccolo ha avuto traumi e vuole essere compatito, non sa gestire le sue reazioni e si farà vedere in quella effimera dolcezza iniziale per poi reiterare la sua vera natura.

4) Non sei costretta ad odiarlo per salvarti da lui, continuando a sopportare, sacrificarti quotidianamente, rinunciare a qualcosa nella speranza che la situazione migliori. L’amore aggiunge, non sottrae. La priorità è salvare te stessa, non perdere quel tempo a disprezzare lui. Non si è soli, dietro ogni donna maltrattata, ce ne sono altre che si sono sentite altrettanto sole, in un mondo declinato secondo le regole del carnefice, dove quello che è giusto o sbagliato lo decide solo lui e i suoi bisogni. Non sei debole. Non sei costretta a subire ancora. Devi staccare la spina, anche se significa andartene da colui a cui hai messo una fede al dito, con cui hai concepito figli o comunque fantasticato  progetti, a volte mettendoti contro la tua stessa famiglia che forse aveva percepito quell’indole prima di te, troppo innamorata per accorgertene. Non sei sola, non sei sbagliata. Non hai niente da perdonarti.

5) Ogni volta che non siete in due a decidere di fare sesso, è violenza. Farlo solo per tenerlo buono, è pura violenza.

6) Ogni cosa che fai per non farlo arrabbiare, è violenza. La casa pulita, l’abbigliamento, la cena pronta, il non uscire più con le amiche.

7) Il manipolatore affettivo critica sempre i tuoi comportamenti. Dice che fa per aiutarti, ma in realtà tutto ciò è per compiacere i suoi desideri personali. Il tuo valore non dipende da lui ma da te stessa.

8) Non pensare che la colpa sia sempre tua. I manipolatori affettivi affermano il ruolo della vittima e sono artefici dei sensi di colpa altrui. Questo perché, alla radice, sono persone estremamente attente alle debolezze e puntano molto sul metterle in evidenza. Il manipolatore non prende su di sé la responsabilità delle proprie azioni, delegandole sempre all’altro incolpandolo dei propri stessi errori.

9) Attenzione alle domande che vi fa! Spesso sottopone il partner a estenuanti interrogatori, in particolare sui dettagli degli eventi dolorosi della sua vita, ciò per riuscire a coglierne i punti deboli: è il primo passo per conquistare il controllo assoluto.

10) Non mettetevi mai, mai nei suoi panni. Non aspetta altro, vi impietosirà, vi chiederà di capirlo, vi prometterà di cambiare, userà scuse: “Ho reagito così perché è un periodaccio al lavoro e ho esagerato, scusa amore”, per poi reiterare i suoi atti.

In conclusione: l’unico, il solo passo per liberarsi di un manipolatore affettivo è interrompere ogni forma di comunicazione e smettere di cercare inutili spiegazioni ai suoi comportamenti. Il manipolatore, infondo, è una persona profondamente insicura che si camuffa abilmente dietro l’aria di chi sa ciò che vuole e sa come fare per prenderlo. Ha bisogno di continue rassicurazioni, la sua falsa forza si nutre dell’affossamento altrui.

Dottoressa Giulia S. Cingolani
– Sociologa forense
– Studiosa di balistica