Campo fiorito

Dipinto di Maria Luisa Palomo denominato “Campo fiorito”

E VENNE IN SOGNO, di Leonardo Migliore

Non saprei dire se sogno o se sono sveglio…

“Qualche ora fa ho brevemente commentato un bel quadro di Maria Luisa Palomo. È una grande pittrice argentina che tramite i pennelli e la luminosità dei colori ricrea il suo animo. 

Propone paesaggi idilliaci, case favolose, alberi alla ricerca della luce con fusti dalle venature policrome che flettono le chiome al vento, prati fioriti sfolgoranti di colori che salgono verso un azzurro intenso punteggiato di candide nuvole. Ci regala un mondo immerso nella magia della sua anima. Nei suoi dipinti non c’è spazio per esseri animati: esistono soltanto linee e colori, perfezione, purezza e spiritualità. E allora nella carne viva dei suoi colori mi diletto a creare la vita. Dalle distanti pareti montuose o dal mio profondo sentire, come astri in attesa sulle balze dei cuori, spiccano il volo uccelli multicolori emettendo stridii, fischi e gorgheggi secondo la specie, originando una sinfonia di suoni tra gli arcipelaghi del cielo. 

Ritratto di donna

Dipinto mio denominato “Ritratto di donna”

Ricordando I dolori del giovane Werther, non mi sfugge la minuziosa attenzione che mettendosi in cammino il giovane Werther prestava per evitare di schiacciare gli insetti, perché anche la loro era vita e anche loro potevano amare come lui amava la sua Lotte. Nell’arte di Maria Luisa vive anche questo mondo spesso invisibile: ascolto le cicale frinire ininterrottamente tanto che a un certo punto non le sento più, immagino una lunga coda di formiche operaie che riempie di provviste il nido della loro colonia, seguo la danza dei grilli salterini. 

Mi inebrio, esposto all’aria fresca e profumata, con i giochi delle correnti in festa campestre e la sommità celeste non lontana da Buenos Aires si anima di cappucci bianchi sulle cime discoste e di candide nuvole che si inseguono correndo velocissime e che all’improvviso si dissolvono subito rimpiazzate da altre. Nel tramonto rosso che incendia gli sguardi sfumano i colori… 

Al di là della mia vivace intrusione, Maria Luisa nelle sue opere presenta la sua natura più intima, la sua solitudine incantata che costituisce il tramite per la sua onda creativa. Il suo habitus contemplativo è probabilmente conseguenza di un’età nella quale tutte le pulsioni trovano una consona disposizione. Potrei sbagliarmi completamente e viceversa scoprire che trae origine dal fatto che pratichi particolari esercizi ascetici o più semplicemente dalla mitezza della sua indole. So con certezza che la purezza e i colori dei suoi quadri sono diventati parte integrante della mia vita, mi appartengono incondizionatamente.”

Continuo a non saper distinguere se vago con la fantasia o se sono desto…

 “Il mio mondo, cara Maria Luisa, è molto diverso dal tuo… È tormentato!

Rimango spesso rintanato tra le mura domestiche e proietto la mia esistenza in svariate direzioni, tutte dall’esito imprevedibile. 

Forse dovrei perseguire obiettivi più immediati e concreti. Ciò potrebbe rivelarsi molto vantaggioso e potrebbe restituirmi tanta distensione. 

Accade invece dentro di me, nel momento in cui gli ostacoli cessano di frapporsi, che una voce interviene sistematicamente a scombinare i miei piani. 

Ho come la sensazione di essere un animale in cattività al quale ogni tanto facciano baluginare l’idea di poter essere libero. È una prospettiva che appare e scompare rapidamente alla vista. L’inferriata si apre e mi avvicino all’uscio. Assaporo a occhi chiusi il respiro della libertà, ne ricordo l’odore, sento come una fiera il calore dei corpi vicini, rievoco la verità dei sentimenti. Per un’istante scuoto le palpebre a guardare all’esterno… faccio spallucce e ritorno dentro. Ancora una volta la mia opportunità è già svanita. Mi fermo, rassegnato, per piangere tutto quello che sarebbe potuto essere e non è stato. 

La mia fuga è stata la prigione, l’isolamento per scontare fino in fondo una pena fortemente cercata. 

È autocommiserazione? è fragilità? è solitudine? è depressione? Probabilmente è un po’ tutto! Potrebbe essere anche qualcosa senza la quale la mia vita perderebbe di significato? Non è assolutamente un’ipotesi da scartare! Tra il bene e il male è il male che vince! L’angustia stride con lo spazio sconfinato e, nello stesso tempo, ne determina l’esistenza. Se non provassi un acuto struggimento di cuore, se fuoriuscissi dalla mia gabbia, non potrei più soffrire e donare il mio dramma al mondo. 

Vivo nell’inerzia ripercorrendo le disfatte della mia vita. Penso alle occasioni mancate e inseguo ancora il sogno di quella gioventù che, a poco a poco, inesorabilmente mi abbandona. Ricordo gli amori adolescenziali. Gli altri a viverli e io in disparte a immaginarli. 

Non avrei atteso ancora molti anni per conoscere l’amore. Non mi riferisco all’attrazione fisica, ma al vero amore. Ero al terzo anno di università e conobbi l’amore della mia vita. Per me era un mondo inesplorato, era come vivere in un incantesimo: il mio sentimento era ricambiato e lei mi amava forse ancor più di quanto l’amassi io. Il brutto anatroccolo del liceo si era trasformato in un gran bel ragazzo! 

L’amore mi donava più di ciò che riuscivo a sognare. Ricordo che l’amore precedeva il mio sonno notturno e in esso conviveva. 

Seduto sul letto sognavo a occhi aperti: vedevo un viso che non c’era, una brezza benefica solleticava la mia pelle, con la mano destra sfioravo insistentemente un quadrato del lenzuolo di cotone, come a fare posto accanto a me alla mia amata e provare l’ebbrezza di carezzarla ripetutamente. 

Era con me e non c’era e a malincuore avrei dovuto distaccarmene. 

Intanto soffiava vento magico e polvere di stelle da quel fazzoletto del mio letto e dava forma nei miei sensi all’amore. Era tenerezza! Era passione! Era gioia di vivere! Era la felicità di essere giovani! Era piacersi tantissimo! Era voglia di costruire un futuro da vivere per sempre l’uno accanto all’altra! 

Era un amore casto, c’era la dignità di scoprirsi un po’ alla volta, c’era fascino negli occhi, serate incantevoli davanti a una pizza. Ed era primavera, non le incerte primavere di oggi, l’aria era tersa e la temperatura gradevole. 

Oltre al clima tante altre cose rendevano il mondo diverso. Da pochi anni era crollato il muro di Berlino, le recenti uccisioni dei magistrati Falcone e Borsellino alimentavano nel capoluogo siciliano forti fermenti di riscatto, di risveglio, di speranza – purtroppo vanificati! – e ancora Berlusconi non era sceso in campo in politica. Ero molto giovane, non prestavo molta attenzione ai mali del mondo ed ero cresciuto nella bambagia. Non esistevano i social network, Internet era confinata nei laboratori di ricerca e circolavano pochissimi cellulari dalle dimensioni spropositate. 

Nel silenzio della sera mangiavamo una pizza in un tavolo all’aperto, riservato in un elegante ristorante pizzeria del centro. Mangiavamo di gusto e parlavamo con entusiasmo, senza il fastidio di continui bip telefonici. Un bengalese si avvicinava con garbo nella luce sodica che colorava la nostra atmosfera per vendere rose rosse. 

Mi sentivo impacciato, a volte disinvolto e felice come non mai. 

Gli occhi di Anna brillavano liberando un riflesso perlaceo che incastonava un diamantino nelle sue iridi castane. E sapevo… sapevo… i diamanti che ravvivavano il suo sguardo… io… solo io. Era la prima volta nella vita che provavo una sensazione così bella! Avevo rubato i suoi occhi al mondo intero e vivevano solo per me! Quella notte dal consueto fazzoletto del mio letto spirava un vento teso che ricreava quei momenti, turbinando foglie e polvere magica in tutto lo spazio della mia mente. Mi muovevo veloce sulle onde della bufera per incontrare il mio amore. La mia emozione era incontenibile e i miei occhi avevano bisogno di rilasciare copiose lacrime di felicità. Scendevano solcando le mie guance ed erano le sue mani diafane a guidarne il flusso, fin quando non incontravano le sue labbra ad asciugarle. Era meraviglioso sentire per la prima volta tutto il corpo prima intirizzirsi, poi scaldarsi e infine sgranchirsi per amore. Il buio si colmava della sua luce, immagini forti e indelebili di un tempo remoto che ancora custodisco gelosamente nel mio animo. Tali sono rimaste, gli anni non le hanno magnificate nel mio cuore perché erano già un sogno divino… 

Anna vive ancora per la suggestione e la purezza di un amore che la vita forse concede solo una volta.”

Nell’ordine:

_ Dipinto di Maria Luisa Palomo denominato “Campo fiorito”

_ Dipinto mio denominato “Ritratto di donna”.