INVERNALE

Perché dobbiamo essere tristi?
tutto non è perduto ancora!
nella memoria ancor s’infiora
la stagion verde che ci ha visti

lieti nei prati che oggi sono
niveo sopore e indifferenza,
mentre dovunque la pazienza
dell’inverno è l’unico dono.

Sotto la neve il bulbo attende
il segno magico dell’anno.
Verrà il giorno! rifioriranno
le più ineffabili leggende.

Sarà la nuvola rosata
del pesco apparso in cima al clivo,
il grido tenero e giulivo
della rondine alla nidiata.

Sarà il miracolo che fa
sorger dai bruchi le farfalle,
l’arcobaleno sulla valle,
o un viso: e la felicità.

ORESTE FERRARI ‘Poesie’ Tallone 1956

Poesia di cinque quartine di novenari, il 17° e il 20° tronchi, con la rima incrociata: abba cddc effe ghhg illi. Il poeta invita ad abbandonare la tristezza per cercare la felicità, nelle cose semplici della nostra vita: i prati verdi, l’inverno, la piantina sotto la neve, che aspetta l’arrivo della primavera, la nuvola rosa del pesco, apparsa in cima alla collina, il grido felice della rondine ai suoi pulcini nel nido, i bruchi che diventano farfalle, l’arcobaleno sulla valle e sul viso che sorride felice.
Oreste Ferrari (Trento 1890 – Bellinzona 1962) fu interventista nel 1914; volontario in guerra, ferito, ricoverato in ospedale a Milano; nel 1920 fu assunto dalla Banca Commerciale Italiana; divenne direttore del giornale “La Libertà” risorgimentale e antifascista, soppresso perché dava fastidio al regime. Sulla rivista “Trentino” pubblicò le proprie poesie e prose; tradusse Nietzsche, Goethe, i poeti romantici tedeschi, Schwab, George, Rilke.
Ho conosciuto questa poesia grazie a Enza.