L’ implacabile regina Maria Carolina aveva da tempo compilato una lista con i nomi di coloro di cui si sarebbe vendicata non appena la Repubblica fosse caduta e tra loro c’era anche quello dell’elegante e dotata poetessa Eleonora de Fonseca Pimentel.

Eleonora, nata a Roma nel 1752 da nobile famiglia portoghese, era una ragazza molto brillante e di talento- Nel 1768, insieme allo zio abate Antonio Lopez, che aveva curato la sua prima istruzione, fu invitata a corte per le nozze del giovane Re Ferdinando con una delle figlie di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina d’Asburgo-Lorena. Per gli sposi. Eleonora scrisse l’epitalamio “Il Tempio della gloria” per cantare le glorie delle due dinastie: gli Asburgo e i Borbone
Non molto tempo dopo la “Portoghesina”, come veniva chiamata, divenne membro di due accademie letterarie per le quali scrisse poesie usando degli pseudonimi, tra cui quello di “Epolnifenora Olcesamante” (il geniale anagramma del suo vero nome e cognome).

La giovane forse incoraggiata dai riconoscimenti ricevuti nei salotti napoletani, inviò a Pietro Metastasio, che risiedeva nella corte di Vienna, alcuni suoi componimenti, dando così l’avvio ad un durevole rapporto. Senza incontrarsi mai i due, separati da più di cinquant’anni di età, si incontrarono sul terreno comune della poesia

Lo stesso Voltaire, anche lui corrispondente con Eleonora, le dedicò dei versi celebrandola come “Beau rossignol de la belle Italie/Bell’ usignolo dalla bella Italia”

Per i suoi meriti letterari fu accolta a corte dove ebbe l’incarico di bibliotecaria della Regina ricevendo anche un sussidio economico: questo fu ruolo che ricoprì per molti anni. Fu così che iniziò il suo rapporto d’amicizia con Maria Carolina.

Quando nel 1775 nacque Carlo Francesco Giuseppe, erede al trono, compose in suo onore la cantata “La nascita di Orfeo”, uno dei rari libretti del Settecento scritti da una donna.
In esso la favola mitologica di Orfeo, il cantore che piega al suono della sua lira gli animali e tutta la natura, si intrecciava al destino del Delfino che avrebbe un giorno riscattato la società dagli abusi e le ingiustizie del tempo portando a compimento l’azione riformatrice già intrapresa dai genitori.

Carlo Francesco di Borbone era il secondo figlio e il primogenito maschio della coppia reale, quindi la sua nascita consentiva a sua madre un seggio nel Consiglio di Stato, centro della politica dello stato, come prescritto dal contratto matrimoniale.
Carlo purtroppo morì di vaiolo all’età di tre anni, esattamente come sarebbe poi accaduto ai fratelli Maria Cristina e Giuseppe.

A 21 anni si fidanzò con il cugino Michele Lopez, ma dopo tre anni il progetto fallì a causa, dello scarso interesse di Michele che, sembrava averla dimenticata, per inseguire il cavalierato a Malta.

In una lettera del 19 ottobre 1776, Eleonora irritata dal continuo silenzio del cugino, gli scrisse in modo sferzante e polemico:

“[…] siamo tutti, molto formalizzati del vostro continuo silenzio,[…]. Voi dunque, per mostrarvi affezionato a Malta, avete fatto la guerra a Monsignor della Casa? […] È mio grande amico, se non lo è vostro […]. Aspettatevi di trovarmi armata come un riccio, e velenosa come un basilisco; e la tempesta dei sarcasmi e dei motteggi, che io vado aguzzando e infuocando alla fucina della stizza femminile, sarà in voi tale e tanta, che per disperato ve ne dovrete ritornare a Malta”.

Rotto il fidanzamento, non fu difficile per don Clemente Fonseca trovarle un nuovo pretendente, grazie anche alla cospicua dote che la figlia avrebbe portato.

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