“Quando mi siedo dentro e sto” di Sara Pellegrino (Eretica Edizioni, 2022 pp. € 15.00) è un libro dalla intima descrizione elegiaca. La poetessa coglie la funzione catartica e poetica della nostalgia, eleva il significato della qualità esistenziale della memoria, avverte il calpestio lieve e prolungato dei ricordi lungo l’argine animato del silenzio. La poesia di Sara Pellegrino conferma la capacità creativa del tempo, sostiene il conforto del passato e l’intuito del presente, orienta il passaggio sconfinato dei sogni nel labirinto di ogni destinazione sensibile interrotta nella frantumazione delle parole, sfumate oltre la sospensione temporanea del respiro affettivo. I testi consolidano la protezione spirituale dei sentimenti, disperdono l’inafferrabilità della lontananza, rafforzano la decifrabilità delle sensazioni, afferrano la vicinanza al senso della riflessione.

Sara Pellegrino divulga il senso positivo e protettivo delle espressioni interiori, sostiene la direzione delle notti, svolge l’intreccio dei desideri,  immerge nello spaesamento delle ombre l’essenza dei dubbi e l’equilibrio della speranza, rinforza l’assegnazione dinamica e autentica dell’esperienza, amplia l’orizzonte immaginativo della consapevolezza, assapora l’instabilità decadente dell’inevitabilità, la malinconia della misteriosa dimenticanza. Il libro ospita la percezione di una sonnolenza imperturbabile, anestetizzata dalla preghiera amorosa,  densa di contenuto esistenziale, custodisce l’incoraggiamento felice verso la relazione di una condivisione, l’entusiasmo improvviso della rinascita. La poesia accerchia il coraggio, restituisce la lesione dolorosa, dirige il cammino lungo i passi sfumati e spietati delle ferite, regola i collegamenti romantici del vissuto, il conflitto istintivo delle emozioni, dilata l’attraversamento di tutto ciò che prolunga l’andamento incantevole della vita e offre una destinazione miracolosa alla propria anima.

Sara Pellegrino svela l’arrendevolezza della complessità, influenza il proprio spazio identitario con il rivestimento premuroso di pensieri, impronte, segreti da custodire, con la generosa difesa di luoghi, d’immagini e rivelazioni consumate nel confine dell’evanescenza.

Ogni stato d’animo rappresenta l’esperienza irrinunciabile dello scivolamento emotivo, il raccoglimento trascendente dell’abisso, la ferma volontà di confinare lo squilibrio nella superficie della perdita e dello smarrimento. “Quando mi siedo dentro e sto” è un esordio letterario dominato da un intervallo implacabile che  scandisce l’immobilità di ogni impronta di perdizione, concentra l’inchiostro dei versi nella materia prima dell’attesa e nella speranza della salvezza, abbraccia la familiarità autentica e intensa delle cose e delle persone, sigilla la quiete dalla meditazione sul senso dell’esistere e la contemplazione del mondo dalla solitudine dell’esilio.

La poetessa impara a esaminare l’inquietudine della vita ricercando in essa le occasioni di comprensione, dirada l’offuscamento delle difficoltà, rincorre un itinerario di crescita e di arricchimento della saggezza, per vivere con sincero distacco la padronanza degli eventi, cogliere il messaggio nascosto delle esitazioni e disgregare l’indolenza sulle decisioni. La vita è continua evoluzione, variazione di rinascita, la necessità di un’urgenza rivelativa. Sara Pellegrino siede dentro ogni desiderio e resta  accanto alla stabilità di ogni affetto.

Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti” https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/ 

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Anch’io sono pioggia
cado senza stancarmi


Si chiama pace
ha un’anima spessa
fatta di zucchero e silenzio


E poi rinascere come vento
scivolare sulle case, sul tempo
dentro un minuto di nostalgia
Cureremo questo secolo obeso
di sorrisi e indifferenza
per non sciupare i contorni
e l’essenza del viaggio
per gridare ancora il coraggio
di sogni negati e desideri in avaria
Tra l’abisso e la pioggia
ci sono rami e idee da scartare
un finestrino socchiuso sul giorno
l’alleanza segreta
tra polline e cielo


Bisogna proteggersi
dall’infinito


Ci vediamo lassù
in cima al desiderio
sbucciando papaveri
e felicità


Racconteremo la luce
dopo di noi
accanto una abat-jour
colorata di grano
Leggeremo campi
di sogni sterminati
incrociati tra le mani

Guarda:
il giorno aspetta una risposta
seduto su persiane abbassate
Dovremmo dirglielo
che il tempo vola
e per lui scrive poesie la notte
tra le spighe e i tulipani


Vivo
dove tutto è indistinto
e i colori
immergono l’acqua nel cielo
sfumato di rosa e maree
Cosa importa il mio nome
Io nuoto la luce
e respiro la terra
e sono tutte le cose che sono
e un filo d’eterno
rosso
sgargiante.


Guarderò da lontano
questo fuoco che scende
fino a colarci dentro
l’ultimo bagliore
E poi sarai notte