Tra gli autori di gialli storici il nome di Ben Pastor spicca per l’assoluta originalità dell’investigatore che ha creato: il maggiore Martin Bora, soldato della Wermacht, leale alla patria e alla propria coscienza. Un personaggio di notevole spessore letterario, un aristocratico che avrebbe trovato posto nei romanzi di Thomas Mann e che invece è costretto a combattere nei luoghi più straziati della seconda guerra mondiale: la Spagna durante la guerra civile, Stalingrado, Salò, nomi che restano dolorosamente impressi nella memoria collettiva.

In Kaputt Mundi troviamo Bora a Roma, impegnato nella ricerca dell’assassino di una giovane e spregiudicata segretaria tedesca, in un momento storico assolutamente unico: siamo nel 1944, dopo l’armistizio di Badoglio, con il piano Achse in azione e l’Italia occupata dai nazisti, mentre le truppe alleate sbarcano sulla penisola. Sono i giorni dell’attentato di via Rasella da parte dei partigiani e della spietata e inumana risposta del governo tedesco: 335 uomini massacrati alle fosse Ardeatine, prigionieri, ebrei e civili, uccisi in spregio a qualunque norma non solo del diritto internazionale ma della morale e della coscienza. L’autrice ci descrive quei giorni convulsi con l’obiettività dello storico, che non giudica ma registra e ci offre un quadro grandioso della disfatta di un esercito, dello smarrimento di una città, delle passioni, delle debolezze, delle nefandezze che la guerra fa emergere nelle persone.

Ben Pastor non fa sconti a nessuno: lontana da ogni retorica e da ogni celebrazione mostra al lettore la brutalità, il sadismo, la ferocia e la crudeltà dei nazisti, con personaggi di fantasia e storici, come il feldmaresciallo Kesserling, il colonnello Kappler e il colonnello Dollmann, ma mostra anche le conseguenze delle azioni partigiane, che se certo infliggono danni al nemico, trascinano anche alla morte vite innocenti: non dimentichiamo che tra i danni collaterali dell’attentato, che ha ucciso 33 soldati tedeschi, sono periti anche due incolpevoli ragazzini romani.

Ben Pastor utilizza il giallo come pretesto formale per dipingere un affresco storico, che rimanda alle tragedie collettive di Eschilo, reso ancora più vibrante dai chiaroscuri psicologici, con cui delinea ogni carattere, anche i più marginali.

Di fronte a una tale catastrofe, di epiche dimensioni, il lettore al di là della trama gialla ben costruita non può che persuadersi dell’inefficacia, dell’inutilità e della disumanità della guerra.