Foto cortesia: Gisella Genna di Maki Galimberti 


PREFAZIONE
di Elio Grasso

Improvvisamente, la poesia

Ci si accorge della poesia quando si arriva su un crinale (molto più concreto di quanto si creda, perciò non solo “letterario”) dove la comprensione improvvisamente è quel puntello, quel bastone che ci ha aiutato pur sembrandoci inadeguato. La nostra fatica è più forte dell’asta legnosa che poteva spezzarsi a ogni passo: dovevamo pensare più alla sua resistenza che al necessario sforzo sfiancante. La traversata fin lì condotta assolve il proprio compito, capiamo di non aver sbagliato la scelta. Ripensiamo alle pagine lette di Dante e di Achmatova, il crinale aspetta un nostro contraccolpo ed è tutto lì: la poesia è un unico respiro. Quella che si è letta, quella che si ricorda e che torna ogni giorno ben presente, come una scultura.
A Gisella Genna piace Clarice Lispector, e si capisce perché: la scrittrice ucraino-brasiliana dice continuamente come fare a levitare liberandosi del corpo, ma soprattutto dei nemici che ostacolano muscoli ossa e tendini, dei nemici della poesia che imprigionano l’espansione del pensiero e del verso. Sul crinale, dopo tanta storia e passaggi di secoli, è finalmente chiaro quanto la poesia non sia soltanto un’idea del mondo, ma il compimento di un destino, o almeno il nucleo, il nido, di quel destino intravisto anni addietro, intravisto nel pensiero che qualcuno in qualche parte del mondo è stato migliore di noi rilasciando una poesia scolpita che ha trasformato lo stato delle cose.
Vediamo sparire ogni giorno la realtà nelle pagine dei giornali, possiamo forse pensare che lì dentro ci finiscano anche gli equilibri in cui si è creduto per molta parte delle nostre vite, equilibri che si pensavano importanti per la poesia e per il nostro vivere fisicamente con essa: l’idea individuale di ognuno, a riguardo, incontra una “rarefazione”? Le vicende personali portano a occultamenti e dimenticanze, l’attenzione spesso si polverizza dentro l’inatteso, perdendosi le relazioni tra passato e futuro. Qualcosa sbiadisce sulla terra: noi, se alla fine vi poggiamo polsi e palmi. Non sono pronto a citare un verso a memoria, benché il meridiano della poesia attraversato da questo libro determini un’esperienza piuttosto significativa. La persistenza dei padri si contrappone all’esilio ingigantito dalla scomparsa di quel verso (scriveva W. C. Williams citato da Cristina Campo) in cui “perché esso viva qualcosa deve essere infuso, il colore stesso dell’instabile, qualcosa nella natura di una impalpabile rivoluzione”.
L’unione è qualcosa che arriva da lontano, abbiamo tutti un padre che scompare e riappare, è questa figura a consentire la prima persona della coniugazione verbale, per una volta, e a guardare i libri per quel che sono quando contengono versi. Linee semplici difficili da dimenticare, e linee difficili da districare: e d’altro canto ne esistono di tali che non penso possano andare dispersi: in alcune poesie di Rarefazione l’affondo nel reale spingerebbe a continuare per quella strada, o per meglio dire, per l’erta che arriva al crinale il cui valico è la storia stessa (anche politica) della poesia.
Non so quale sole illuminasse il padre di Gisella, se lo stesso suo o di qualcun altro, e di quale tempo intenda la poetessa (“chiamami, se lo sono, poeta”), e se lei abbia tenuto la barra a oriente, attraversando le regioni che oggi non capiamo più (e che invece per secoli abbiamo fatto mentalmente nostre) a causa di un tiranno. In ogni caso, ci si accorge presto dello sfolgorio solare, abbondante: sul pianeta è la base del fuoco che nell’uomo può dissolvere le cose. Di fronte a presagi (e mali) bellici il padre di ognuno di noi cerca di tener duro, prima e anche dopo la sua scomparsa. Soprattutto se ha fatto in modo che un poeta renda meno freddo il mondo. Le terzine e le quartine del libro sono resolute, ho questa nuova esperienza personale di fronte a una decisa indipendenza dalla realtà: nessuna tattica per imbonire la durata, men che mai la milizia mondana pertinente il magma “sociale”. È tutto un galleggiare – fra lievi onde – di memoria, affioramenti, misure alari e acquatiche, bagliori, levitazioni, iridescenze, venature, fino a quando il blu “costante” diventa tutto quanto sta lassù, sul crinale, e capiamo che allora è vero, la poesia porta a un nuovo inizio.
A Gisella piace Wallace Stevens, l’irrompere del troppo reale rasenta l’espansione da cui non si torna indietro, si scorre nel fiume e fuori dal fiume, mentre sopra le nostre teste l’autunno fa spettacolo di sé con traffici planetari e aurore in sé terribili. Il poeta è “la più robusta vita” nel dire dello scrittore statunitense, che accoppiato a “poesia è salute” fa sì che Rarefazione conduca per itinerari di terra dove la prosa non è vera prosa ma corpo testimone di un cammino, lungo piccole vie sovrastate da davanzali su cortili di case di provincia. Il corpo in viaggio ha occhi propri e occhi familiari, prova a rivolgersi a un compagno mentre la visione diventa sempre più domestica (non addomesticata) e amorosa. E gli anni si addensano, il “lontano” si avvicina secondo una coltivazione di forme sperimentate su terreni che resistono alla disintegrazione.
Le parole di questa raccolta sanno che non possono svanire nel nulla, è una consapevolezza orientata dall’autrice fin dove la realtà può ancora difendere i nomi delle cose, e i nomi non nascosti dei testimoni familiari. Ogni lettera si trasforma in figura che vale la pena offrire al lettore, l’oggettività è ancora presente, tanto che “rarefazione” non è un tragitto verso l’inconsistenza, ma il farsi largo fra l’inutilità imperante. Essere concisi, come le pietre di ponti e mura centenarie, è un accordo ben definito fra l’emozione, il ricordo dei padri e la giustizia scambiata fra il verso e i luoghi di cui si sta parlando. Non si tratta solo di stile, ma di offrirsi alla strada per scoprire dove sta il punto di forza che unisce le vicende esistenziali alla visione indipendente della poesia.

BIO GISELLA GENNA
Gisella Genna è nata nel 1973 a Milano, dove vive e lavora. Giornalista e docente, si occupa di moda. A marzo 2020 è uscita la sua prima raccolta in versi Quarta stella (Interno Poesia). Sue poesie sono state pubblicate su blog letterari e riviste online e cartacee.

Gisella Genna

                                Rarefazione

peQuod

PORTOSEPOLTO

Collana a cura di Luca Pizzolitto

                    
Anche questo sogno andato    
anche il volto, il tuo essere a lato;
ora che è poco fiorire, vai
nel raggio preciso di un mattino.
Posati polsi e palmi, un’ultima volta   
insieme alla terra sbiadire.

Sciame oscuro che trapassi
l’arnia dolce del tempo,
o fuoco fatuo ascendi nell’indaco
serbando la fine a primavera.
E non sei ancora sbocciato.

La scintilla del tuo nome risplende          
ancora e ancora:
punta tra le pleiadi
fuoco cornice di desiderio,
la fiamma è un petalo d’oro.

Ho in mano il tempo dell’aurora,
pesano come profezie
le scaglie di maggio nel vento.

Pubblicato da Elisa Mascia autrice di Alessandria today Magazine direttore Pier Carlo Lava

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