7–IL QUADRO

Sull’inutile domenica di aprile s’appressava la tenebra del far sera, rito banale che segna da sempre la contabilità del dare avere quotidiano. Dal suo balcone che proprio dava sulla piazza, osservava il viavai della gente, che lentamente, all’avanzare del vespro, se ne tornava a casa. L’avevo vista per a prima volta un mese prima, per caso, in quel negozietto vicino al municipio. Aveva acquistato del pane, ma distrattamente, nell’atto del pagare,fece cadere alcune monetine, che, ansiosa, cercò di recuperare in fretta, facendo cadere tutta la busta della spesa. Provai a darle una mano, un piccolo aiuto, ma ella, confusa, timida, impacciata, quasi a provare vergogna, mormorò un grazie sforzato senza,tuttavia alzare la testa per non mostrare il volto,poi terrorizzata fuggì. Quella sua reazione mi seccò,sebbene mi rendessi conto dell’imbarazzo da lei provato. La cosa mi stuzzicò,tanto che decisi che l’avrei cercata per rivederla in volto, perché pensai, ” chi mai sarà costei che si nasconde?”Passarono settimane  e settimane, e mesi, la cercavo,ma nessuno sapeva nulla. Mi arresi,non ci pensai più,anche perché mi resi conto che la cosa stava diventando ridicola. Passati che furono sei mesi,una domenica umida di fine novembre, notai due donne in nero attraversare la piazza. La riconobbi subito,ebbi un sussulto. Andavano a messa pomeridiana,come tutte    le donnette di  paese.

-Non scapperai questa volta!-mi dissi-cascasse il mondo!-Le seguii fin dentro la chiesa, per spiarle. Mi nascosi dietro la statua di non so chi, sotto la navata laterale destra. Ne intravedevo il volto, leggermente, nascosto da un velo nero, ne percepivo i lineamenti appena abbozzati,come fosse un disegno  incompiuto da sempre, un mistero che, pensavo, potesse ripetersi ogni sera al tramonto. A messa finita- al pregare i bravi cittadini sono tutti bravi,in fila al supermercato del perdono,-uscivano rimessi a nuovo nel corpo e nell’anima,pronti a ripetere a memoria l’enciclopedia dei peccati.(sempre ammesso che esistano)- Certo- pensai- ci vorrà mica molto a pregare una croce di legno,ma davanti a un uomo che soffre,diventiamo pupazzi tragicomici.. ma al momento, il problema che mi interessava,era quella donna!Le seguii,quelle due,e non visto ne scoprii l’abitazione.La mattina dopo di buon ora la più anziana,forse la madre,uscì.Non persi tempo,colsi a volo l’occasione:era quello il momento: entrai,ma stranamente,trovai tutto aperto,come fossero in mia attesa desiderata,ebbi un vortice momentaneo- che succede?-ma mi ripresi in un attimo.Mi apparve un lungo e bianco corridoio,lo percorsi a passo timoroso,sembrava non finire mai,in fondo vidi una porta socchiusa,dalla quale traspariva un chiarore bianchissimo,a volte folgorante a volte fioco, ne usciva un vapore nerastro  irrespirabile.  La luce fecesi più forte,e una sagoma di spalle, nerovestita,apparve chinata davanti a una cornice vuota,cantilenava, forse un rito pagano : una melodia cavernosa con parole incomprensibili. Non capivo nulla, ma forse, qualcosa nella storia degli uomini, impedisce di capire la banalità.Molte voci sono inascoltabili , e  molte parole non si possono dire. E tuttavia non vedevo il suo volto,ma una strana gioia ancorché infinita m’avvolgeva tutto il corpo,fino alle più intime  vibrazioni nascoste ,sorrise,disse -si-poi più nulla. Si girò verso di me, ma non vedevo il volto.Mi fece cenno di entrare,tuonando cavernosa –entra -disse-ti aspettavo,sapevo che saresti venuto-Precipitai in un baratro,ma tuttavia,sorpreso entrai.

-Mi aspettavi?-dissi- Allora sai tanto di me.-

-Ti sbagli!So quello  che basta. Da sempre,so la risposta che vuoi-disse tranquilla.

-Davvero,sai questo?-chiesi turbato.

-Il tuo nome è Byno,vero?- chiese lei con la sua voce rimbombante tra le mura,che ad un tratto,  apparvero come un castello arroccato  e turrito.

-Si,Byno e tu?-risposi.

-Non chiedermi mai il nome!Non esisto io…- tuonò

-Allora che sai di me?-insistendo.

-Sono io la mente che ti ha generato!-rispose- Ficcatelo nel cranio!-

-Che!?…-risposi spaventato-Che significa generato?-Un nodo mi strinse la gola. Urlare. Fuggire. Ma le gambe erano assenti e pesanti.Sentivo l’alito caldo di una belva.Avevo bisogno d’aria.Corsi alla finestra. Respirai. E quella voce…

-Liberami-  disse- Liberami!-si lamentò- Liberami!-urlò.

-Non posso!- risposi-non posso! Come potrei? Chi sono io per liberare te?-Mi fissava  ma non vedevo il volto. Urlai.

-Il tuo volto…non lo vedo!-

-Per ora, ma sarà un premio per te poterlo vedere se saprai liberarmi.-Poi un silenzio. Liberarla? Da dove cominciare?A capirci qualcosa di libertà. Mi sentivo naufrago,incatenato alla nave che cola a picco.Perché mai la libertà ogni uomo la desidera,per sfuggirla nei  modi più bizzarri.Nessuno me ne aveva parlato davvero. E che sarà mai?Certo,che se si paga con il sangue,allo stesso modo della tirannia-questo lo sapevo,almeno, per sentito dire , diamine!-deve pur essere una cosa seria!Eppure,e lo intuivo,la libertà è un limone verde,ti sconquassa la bocca e lascia acredine .

-Allora?-dissella- Che facciamo le  calende greche? Rifacciamo il mondo?Ti vuoi sbrigare?-tuonò.

-Subito, ti libero subito!-risposi confuso, non sapendo dove cominciare, ancorché quella richiesta  mi  sembrasse perlomeno strana…liberarla? Come…perché? Mentivo a me stesso e lo sapevo spudoratamente. Ero impotente. Impreparato. Tragicamente fallito. Era un problema mio, ma la voce di lei mi riportò alla realtà dell’attimo.

-Non temere!- disse- abbiamo tempo per  imparare,forse una vita,ma se desideri il mio volto,è questo il momento. A quelle parole,mi resi conto del mio essere un barattolo vuoto,dove ognuno  può mettere qualsiasi cosa. Prendere tempo,unica soluzione. Guardai la camera velocemente,a cercare una via di fuga. Avevo davanti un nemico troppo soverchiante,era in gioco la mia sanità mentale. Nessuna fuga era possibile in quel momento,una galera labirintica e ossessionante,un insieme di ghiaccio tempestoso  e arroventato magma. E lei sempre di spalle. Mi tormentavo, la vita di lei,dunque,dipendeva da me. E la mia da chi? Fu in quel momento che mi tornò in mente una vecchia foto ingiallita,un vecchio bosco sbiadito,contorto ,sferzato da venti impetuosi. E il colore della libertà? Che farò? Rinuncio,non vedrò il suo volto!

-Invece no!-fece imperiosa- lo vedrai, perché lo desideri,perché è un mio ordine-Era scritto. Non avevo via di scampo.Sentivo le voci ossessive della mia pelle, mi picchiavano in testa,mi demolivano tutti i ritmi del passato.

-Che devo fare per liberarti?-chiesi, aspettando una risposta spaventosa.

-Il mio ritratto!-rispose lei perentoria.

-Che? Ma io non so dipingere !-risposi- E poi se non vedo il tuo volto,che vuoi che dipinga!-dissi-

-Lo farai , tu lo desideri! Cioè io!-rispose lei.

-Sta bene !- Farò quello che vuoi!-dissi ormai rassegnato.

-Bravo ! Adesso in quel cassetto troverai fogli e pastelli. Userai quelli.Ti guiderò io!- disse lei solenne.

-E va bene,come vuoi!-risposi. Ma tracciai segni incerti, senza logica alcuna. Ma lei lanciò un urlo lancinante.

-Non così, idiota!- Cancellai in fretta. Rincominciai. Dovevo fare quel ritratto,non avevo scelta.Per liberarmi dalla morsa.

-Allora parla di te !-disse.

-Perché parlare di me?Il ritratto è tuo! – risposi.

-Ma tu esisti se io lo voglio!-ribattè violenta.-E parlare di te è raccontare di me!- Dovevo seguire   il suo consiglio, che dato da chi ha in mano il tuo destino , assume altre forme, si chiamano ordini. Incominciai subito a narrare una storia , ma subito mi resi conto che non parlavo di me,era un’altra storia.Lei lo capì subito.

-Non raccontare bugie!- Tuonò.Fu in quel momento che mi accorsi di avere disegnato metà volto.Mi sorpresi: Possibile?Io ho fatto questo?

-Certo. E’ possibile!-disse la ragazza-Hai  avuto coraggio.E’ questo il padre più nobile della dignità. E quando sarai convinto di questo,nessuno,dico,nessuno potrà mai umiliarti.- disse.

-Non ti capisco!-risposi

-Adesso,parlerò io,così potrai completare il ritratto-

-Perché non posso vedere il tuo volto?-chiesi

-Sarebbe la tua morte!Vedendolo,saresti prigioniero del più atroce dei dubbi,ne moriresti.Io non desidero che tu muoia.

-Parla allora!-dissi seccato

-Sappilo adesso, e che sia per sempre,io non sono mai nata. Devo ancora nascere. E sarà così quando un pittore sconosciuto avrà dipinto il mio volto

in quel quadro laggiù,dentro la cornice.-

-Quella vuota?-

-Esattamente!E’ la mia unica speranza! Io immagino un mondo oltre la finestra.Solo tu puoi liberarmi.Disegna adesso!-

Non risposi,la mia mano non rispondeva più. Paura.

-Ma non temere,sarà il mio pensiero a guidarti;tu farai il ritratto,le tue mani il mio strumento.- disse dolcissima- .

Non avevo volontà,ma ero felice,la mia mano scorreva con facilità: mi accorsi che avevo finito il ritratto, ma non sul foglio,inesorabilmente bianco.

Quel volto era  in cornice. Mi chiedevo come. Ero vuoto. Spossato, stanco, defraudato di qualcosa di mio, prezioso.

Ma finalmente il volto di lei mi apparve. Bellissima,come un delirio di spensierata giovinezza.Una visiona attesa da sempre. Mi tese le braccia.

-Vengo da te!- disse

-Ti amo!-risposi impazzito di gioia.

-Allora,ti muovi?-disse una voce.

-Vengo mamma!-rispose.-Grazie, ragazzo per la mia libertà! Pagala tu,con la tua catena,ti serva da lezione:per uno libero dieci sono schiavi!-E se ne andò. Restai solo. La cornice vuota. Non ne sarei più uscito.Mai più. Inutile. Urlare. Dovevo restare tra quelle mura.Per sempre.