10-COME UN’ORCHESTRA D’ARCHI

Il tavolo apparecchiato per due. Monique gli aveva promesso il suo arrivo. Klaus l’aveva incontrata il giorno prima durante gli scavi. Era l’inviata del Daily Croniche. Doveva intervistare lui,giovane docente di archeologia dell’Università di Trieste,Klaus Tomich. Tutta la nobiltà delle mura antiche, pietrosa aridità,nel cielo grigio del deserto tra Siria e Giordania, celava le vestigia reali della reggia del leggendario re  Hammurabi, il sovrano della grandezza Assiro-Babilonese. Il vento caldo del deserto spostava ondate di sabbia alzando un velo opaco di incerte visioni negli spazi inarrivabili ,in perfetto equilibrio tra antichità che lentamente rifioriva, il presente che ghermiva tutto lo scorrere pausato del folare sabbioso. Monique arrivò  con una vecchia jeep amaranto guidata dal suo giovane autista siriano, Nazir. Ella indossava una grigia tuta e un leggero foulard arancione le copriva la testa di orgogliosa chioma castanocrinita. Scese dalla vettura pochi metri dallo scavo. Klaus le andò incontro. Indossava lerci jeans e una giubba kaki, s’incamminò verso di lei. A distanza gli sguardi si cercarono, svolazzò il foulard, guardò gli operai di Klaus, immobili, fissare lei. Come statue di sabbia lontane, modellate dal vento. Si avvicinò a Klaus  tendendo la mano che egli strinse con cortese vigoria.

_Klaus Tomich!-disse- Università di Trieste.-

-Monique Kendall! Daily Cronicle…nonostante il nome, sono italiana. Nata a Milano. Mio padre americano mezzo italiano di madre, mia madre italiana del sud, ma questo non le interessa  molto, suppongo!-disse lei

-L’aspettavo, Signora. Sono a sua disposizione!-rispose Klaus. Monique si guardò intorno,persa in preda al dubbio, con una stritolante sensazione di inadeguatezza.

Un po’ di vento le tormentò gli occhi, tentò di ripararsi, con la mano destra, ma il foulard rimase impigliato nel cinturino metallico dell’orologio, impedendole il pur minimo movimento.

-Qui il tempo è un’opinione…tutto è infinito,seppur breve!-disse-ho la sensazione di una violenta vertigine già vissuta.-

-E che senso avrebbe il tempo, Signora Kendall?-rispose egli con delicata ironia e toni gravi-  Quello che gli uomini chiamano tempo è capriccio degli dei. Qui nulla è trascorso, altro non verrà.-E il vento,all’imbrunire soffiò dispettoso. La donna  sorrise.

-Capisco Klaus…se non c’è tempo,noi non ce ne andremo mai,allora tutto questo non è che la patria degli uomini,non crede?- L’infinito di sabbia e pietra penetrò il suo sguardo stupefatto. Ma già il paesaggio languente d’autunno, s’ammantava di plumbeo nel cielo,e già squarci scarlatti apparivano tra le nubi in dispettosa sequenza. Era il tramonto, terra antica di tutti.

-E’venuta qui per fare filosofia spicciola, Signora Kendall? Non ho molto tempo a disposizione,come vede,sta scendendo la notte ,tra poco farà freddo!-rispose l’uomo.

-Che raffinatezza,professore!-disse lei con pungente ironia.

-Chiedo umilmente scusa, Monique! Sono imperdonabile… allora l’intervista?-

-Mia madre abitò qui da ragazza…conobbe mio padre,un ufficiale della Royal Army. E’ molto strano Klaus, come se una forza muta mi avesse attratta in questo posto incredibile.- E le pupille di lei trattenevano tutta l’umidità delle lacrime. No. Klaus non dovrà vederne neppure una. Non si può piangere davanti a un estraneo appena conosciuto da cinque minuti. Lui intuì.

-Che succede, Monique?niente di serio,spero!-

-Niente!Un nonnulla senza senso…una banale distrazione.Qualche volta mi succede.-  disse

-L’intervista, Monique. Andiamo a sedere su quella scala? Si ragiona molto meglio al cospetto della divinità, non trova? E’ la gradinata reale che porta lassù, fino al trono di Hammurabi.-

-Perché non sul trono?E’ molto meglio!che senso ha sedere all’inizio della scala quando si può vedere il mondo dall’alto?Me lo chiedevo sempre da bambina!-disse lei

-Ma sono tremila gradini!E poi il trono non esiste più!-rispose lui

-Ma c’è lo spirito del re…lo sente? Aleggia nel deserto,il posto ideale di ogni re!Proprio adesso che scendono le tenebre…-

-Lei non parla come una giornalista!-disse Klaus

-Perché una giornalista come parla?-si incoriusì lei.

-Come uno che non riesce o non vuole liberarsi di una galera !-

-Ah,si?Davvero? E mi dica,Klaus,che cosa glie lo fa pensare?-

-Perché i suoi occhi hanno l’elegante geometria della libertà.- Monique lo guardò. Egli accese la sua Gauloise. Il forte odore di fumo nauseò il volto della donna che ebbe un moto di disgusto.

-Disturba il fumo!Mi scusi…altra baggianata!-e gettò subito la sigaretta. Ebbe un moto di vergogna,mise la mano sulla bocca,fece un colpo di tosse poi voracemente ingoiò una caramella per attenuare l’alito del fumo.

-Va meglio adesso?-chiese lui.

-Meglio,si molto meglio!-

-Perché quest’intervista?-la incalzò

-Ecco, come dire, sto lavorando per un’inchiesta sulle attività mediorientali. Dica la verità Klaus,questo sito è una clamorosa bufalata,vero?-

Egli provò un sussulto d’orgoglio,strinse i pugni,quanto avrebbe desiderato scaricarli sul volto di lei,ma non si può; è una donna. Una folata di vento le portò via il foulard, lui tentò di prenderlo a volo,ma non ci riuscì.Lo raccolse Nazir che lo restituì alla donna.

-Bufalata vero? Ma lo sa quanto costa questa ricerca?E cosa viene a insinuare?Ma già,forse ho capito!cerca il colpo a sensazione. Immagino i titoloni. “Sensazionale scoop della Kendall- falso sito archeologico scoperto tra Siria e Irak. E’ questo che vuole?-rispose Klaus furente. -…vuole vendere una verità qualsiasi al miglior offerente,e questo suo giornale non esiste più da un pezzo!So tutto, non neghi.  Mi avevano avvertito del suo arrivo!-

-E va bene!E’ così! Centrato…colpita! E’ così,volevo il colpo a sorpresa. Lei non è certo un tipo addomesticabile!-

-E lei non ama il suo lavoro, Monique! Si vede da anni luce!-ridacchiò l’uomo. La ragazza per un attimo rimase impotente. Come poteva costui, questo Klaus permettersi certe illazioni.

Allora sapeva tutto?Avrebbe voluto schiaffeggiarlo.-Mi scusi,ma cosa sa lei di me?-chiese-

-Le tue parole sono un mondo già letto…ecco è scappato il tu!-

-In un posto come questo tutto è normale!Hai ragione Klaus. Vero.Non ho mai amato questo lavoro.Mi sono sempre chiesta a che serve un giornalista, sognavo altro. Viaggiare, poesie, romanzi, saggi. Non avrei avuto nessun potere, ma una libertà senza fine. Invece l’esatto contrario. Potere immenso, libertà zero. Se non hai un padrone che senso ha questo mestiere? Paradossale eh, Klaus? Che direbbe Hammurabi?-

-Detestava il servaggio!Ti avrebbe fatta impiccare…-E rise.

-Davvero,Klaus?

-Perché cambi le regole del gioco, Monique?-chiese lui

-Non capisco Klaus,che significa?-

-Ma non dovevi farmi l’intervista?-disse lui-ti pare il momento dei commenti etici ?-Monique lo fissò. Klaus le apparve come essere soprannaturale,che aveva potere su di lei,così come lei stessa poteva avere potere su di lui. Un circolo perverso inestricabile. A fare quel mestiere, si imparano tante cose. Si prova una forma subdola di disprezzo represso, un dolore che deve per forza esplodere da un attimo all’altro per l’individuo che hai davanti; appena il tempo necessario per penetrare quel mistero. E per farlo bisognerebbe usare domande raffinate, ma questo è un lavoro da massimi sistemi,la civiltà di oggi non ti permette più questo esercizio virtuoso, ha esaurito il suo tempo in interrogativi banali. E poi chi ci dice che valga ancora la pena di chiedere qualcosa. Far domande può solo significare aver potere sull’altro che a sua volta deve rispondere, ma la differenza tra le due cose è abissale. Rispondere è liberarsi, domandare è mettere in galera l’interlocutore. Le due cose sono impossibili, poichè una risposta presume una seconda domanda,e la catena si moltiplica a dismisura, fino al limite estremo del soffocamento,esattamente come le spire di un pitone. Meglio le certezze degli idioti, forse. Nessuna domanda, nessuna risposta.

Vigliaccheria? Convenienza. Comodità. Mancanza di tempo?  Monique aveva capito la maschera del ruolo.

-Ho fatto da portaordini ai padroni del potere, Klaus!Adesso lo capisco, al cospetto di tanta antichità!-disse

-E tu vieni da lontano per raccontarmi di te? Non ho tempo da perdere,io!-

-Io…-titubò lei

-Sei un essere speciale, Monique! Fuori dagli schemi,si dice così ,vero?-fece lui

La donna non rispose,cercò di sfuggire lo sguardo di lui. L’uomo creava confusione nella sua testa, forse anche  quelle nobili vestigia d’altra civiltà primigenia. Senza scampo,il regno di Hammurabi, in quella pietrosa solitudine,appena  carezzata dal vento,la ghermiva fini all’idea estrema di libertà.La reggia del leggendario sovrano di Babilonia tormentava il suo essere fisico. Il volto del re appariva nitido.Era Klaus,che nel frattempo istruiva un suo operaio.In quel momento,Monique aveva perso di vista sé stessa.Cosa diavolo avrebbe raccontato al suo direttore non la riguardava,tutto quello che fino a un attimo prima aveva fatto non le apparteneva proprio più,erano cose non sue. E quelle annoiate serate  di gala,quelle ipocrisie a basso costo,barattate per avere favori,le riverenze del momento,il gusto acido di perverso narcisismo divinatorio al potentucolo di turno, che magari è incolto, oltre che insignificante , per non parlare della sua oceanica ignoranza,ma facendosi esecutore d’altrui  desiderio,ti spiattella in faccia il suo ignobile servaggio, poichè avendo costumanze similari ai suoi padroni, fa di te cibo per il suo essere famelico mastino.

Questa è roba di salamelecco d’alta classe, da professionismo salottiero,dove nascono tutte le nefandezze del globo!

Nulla era più come prima, Klaus l’aveva catturata. Ella, da lontano, captava il suo tempo presente,per la prima volta,sicuramente l’ultima. Con mano aveva toccato l’essenza della storia, quella che sfugge alla maggioranza, davanti a sé, immensa appariva la fascinazione della memoria. Hammurabi era lì, davanti a lei, imponente spettralità, padrone e governo del suo pensiero,le dettava il suo reale proclama “Sei libera tu, non obbedire a nessuna legge,sei un essere saggio,tu aspiri al nulla”-proclamò il re,nella sua testa.Niente altro è terrificante della memoria di un sovrano. I mediocri non hanno memoria.Non ricordano le loro origini.Non sanno di aver scelto il servilismo allo stesso modo di una gran mignotta salottiera tra le colonne della bella società, giusto per sfuggire alla mota della stupidità. Disubbidire, Monique,disubbidire. Questo è il motore della storia.Ordine del re. Klaus la richiamò.

-Allora,l’intervista? E’tardi…Monique!-

-Non voglio più farla !-disse lei

-Hai perso il tuo tempo!-ridacchiò lui

-Ne ho guadagnato altro, molto migliore…il tempo per me stessa,ti pare poco!Ho avuto tutte le risposte Klaus. E’ questo vento che sibila. Il deserto.La solitudine!-

-E questa  cos’è,una domanda o una risposta?-chiese lui.

Lei sapeva la risposta,ma non le parole adatte. Ecco l’essenza della libertà. E la peggiore trappola è non avere parole dove ce ne sono troppe. Il mutismo impotente di lei, la spettrale nobiltà di Hammurabi si scontrò violenta con l’angusta oppressione di Klaus. Il suo orologio segnava le diciannove e venti,ora del deserto, che non è un  tempo per uomini. Nervosamente,per un po’ tormentò il cinturino.Si guardarono negli occhi,proprio come l’attimo che precede un guerra sanguinosa. Il vento,fattosi impetuoso penetrava il profilo di lei e i tratti di lui. E silenzio nei secoli di sabbia.Un limbo evanescente di labilità degli sguardi è l’ostacolo maggiore tra due esseri intelligenti.

Quella distanza tra profili, è un mondo a parte, indecifrabile. Solo un banale meccanismo biologico delle animalità in gioco fa entrare in contatto due orbite affini,solo allora l’incastro è alla perfezione massima.Un alito di vento scoprì appena l’inizio del seno di lei.Un secondo alito mise le cose tutto al punto di partenza.Era il segnale d’inizio,come il maestro che dirige l’orchestra d’archi e rimane bloccato sul podio. Nulla accade. Neppure una stonatura. Ella si sentì addosso un insolito nervosismo,nella sua intimità,qualcosa per sempre le sfuggiva e sarebbe bastata una parola di lui o un’altra, la stessa di lei per rovesciare il gioco del destino per far accadere tutto nel breve spazio segnato dai profili. Ma nulla. Tranne il vento a portarsi via per sempre sabbia, attimi, silenzi.

-E’tardi Monique, mi dispiace!-disse Klaus- non ho più tempo!-

-Finito!  Null’altro,vero Klaus?-

-Temo di sì!- e le strinse la mano.-Arrivederci Monique!-e si allontanò. Oltre la reggia di sabbia. E lei.  E Klaus. Occasione persa. E Hammurabi tra di loro. Un momento prima di due parole. Troppo tardi. E’ passata l’ultima carrozza d’oro all’ultima stazione. Due parole. Pronome e verbo. Niente più. Ma nulla è successo.