Dora Maar per molto tempo è passata alla storia solo come Donna che piange: il famoso ritratto in cui il suo compagno Pablo Picasso la rappresentò sfigurata dalle lacrime e in preda all’angoscia mentre morde un fazzoletto. Una sofferenza amplificata a livello estetico dal forte contrasto dei colori blu, giallo, rosso, verde e nero. Esistono numerose versioni di questo soggetto e la protagonista è sempre Maar. “Dora per me è sempre stata una donna che piange, è importante perché le donne sono macchine per soffrire”, diceva di lei il pittore spagnolo. Eppure Maar non voleva che il mondo la ricordasse per questo: “Tutti i miei ritratti [di Picasso] sono bugie”, disse una volta, “Nessuno è Dora Maar”.



L’artista è una delle tante che finì assorbita dalla fama dei loro compagni. Successe per lungo tempo a Frida Kahlo con il marito e pittore Diego Rivera; a Tina Modotti con il compagno fotografo Edward Weston; stessa sorte ebbe la scrittrice Elsa Morante con l’amore di una vita Alberto Moravia. Dora Maar fu un’artista eccezionale, una delle rare fotografe accettate tra i surrealisti, una donna che dedicò sessant’anni della sua vita alla pittura e alla fotografia, ma viene ricordata solo come amante e la musa di Picasso, tanto che quando morì, il 16 luglio 1997, all’età di 89 anni la notizia passò quasi in sordina. Il quotidiano francese Le Monde impiegò dieci giorni per pubblicare qualsiasi cosa sull’argomento e l’Independent, pur ammettendo che Maar era un’artista a pieno titolo, suggerì che sarebbe stata comunque “ricordata come la più fragile tra le amanti di Pablo Picasso”.

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