Ovvero se è giusto che gli uomini piangano, e come. Di Mauro Montanari, Bologna.

Qui mi pongo la domanda delle domanda: se gli uomini debbano piangere e vivere quattro mesi di più, come dice la moderna psicologia, oppure se devono fare come hanno sempre fatto e fregarsene. La questione la pongo su un caso concreto, che viene dalla mia esperienza.

Lui, chiamiamolo Dr. J. H., sulla cinquantina, arriva da noi e denuncia una depressione. Siamo a Francoforte sul Meno, fine 2017. Il Dr. J. H. è in fase di divorzio. Sua moglie, spiandogli il telefono, ha scoperto che chattava con una ragazza più giovane, nella fattispecie la sua segretaria. Un classico. Il Dr. J. H. lavora in una grande banca, sede centrale, livello dirigenziale medio basso con possibilità di carriera. La ragazza in questione è la sua nuova segretaria, assunta quando Il Dr. J. H. è stato inserito nel team che si occupa della ristrutturazione aziendale. Non voglio difenderlo anche perché, quando uno sa ( e il Dr. J. H. lo sapeva) che sua moglie gli controlla il telefono ogni sera e tiene nel telefono la conversazione con la segretaria, è indifendibile. Si può speculare sul perché ha avuto questo lapsus. Probabilmente voleva essere scoperto. Voleva avere una ragione per lasciare sua moglie ma non aveva il coraggio di scatenare il conflitto. Allora il suo inconscio ha lavorato per lui e gli ha fatto “dimenticare” il WhatsApp aperto. Anche lei cercava una ragione per scatenare il conflitto e la cercava nel telefonino di lui. Sapeva bene che il telefonino è il punto debole degli uomini. Sapeva anche che, prima o poi, lui avrebbe lasciato una traccia per lei, cosa che puntualmente avvenne.

Fatto sta che sua moglie lo caccia di casa. Dopo qualche mese, il Dr. J. H. si presenta al team dove io lavoro con una diagnosi di “depressione”, certificata dal suo medico di base.

Lo psichiatra del team è già pronto con la ricetta per l’inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina ma, visto che la regola impone che prima ci sia una fase di terapia della parola, il Dr. J. H. finisce da me.

Ripeto: non voglio prendere le parti di lui perché, quando una donna di quarantacinque anni, madre di due figli, trova nel whatsapp del marito la frase, ma quanto ce l’hai grosso, amore, firmato la segretaria, una qualche ragione per incazzarsi ce l’ha. Non si tratta soltanto del tradimento fisico. In qual whatsapp c’è la negazione della sua identità, degli anni passati con lui, dei primi palpiti del cuore, della dichiarazione in ginocchio con tanto di anello, del matrimonio con tutti i parenti, delle due gravidanze, una delle quali difficile, dei compiti fatti alla sera coi bambini, dei colloqui con gli insegnati, degli appuntamenti dal pediatra. Dentro qual whatsapp, ma quanto ce l’hai grosso, amore, c’è la distruzione di tutto. E la vendetta di lei sarà terribile! Per citare Chateaubriand: “Se ti danno uno schiaffo restituiscine quattro, non importa su che guancia!”.

Qui voglio soltanto capire, e in maniera del tutto neutrale, come il percorso di lui porti alla depressone, a che tipo di depressione e se il piangere possa davvero aiutare, come dice la ricerca di Jonathan Rottenberg, docente e di Psicologia alla University of South Florida di Tampa, il quale sostiene, appunto, che il pianto aiuta gli uomini a rilassarsi e fa loro guadagnare quattro mesi di vita.

Quindi prenderò in esame due aspetti: l’economico e l’affettivo. Il Dr. J. H., dirigente di livello medio-basso, guadagna 3600 euro al mese netti, stipendio 2017. La giudice del tribunale dei divorzi (a Francoforte sono tutte donne) stabilisce che i figli (e quindi la casa) stiano con la madre. Cominciamo allora con i conti degli alimenti. Siamo nella Düsseldorfer Tabelle, anno 2017, classe 6. Per i due figli gli alimenti previsti sono di 643 euro mensili a testa. Per la madre, sono 804 euro. Rimangono in tasca al Dr. J. H. 1510 euro. Levaci l’assicurazione malattia privata (la pubblica in Germania è più cara), 450 euro. Rimangono 1060 euro. La macchina naturalmente è venduta. L’abbonamento per i mezzi pubblici costa 95 euro. Rimangono 965 euro.

Un qualche motivo per piangere, quindi, il Dr. J. H. ce l’ha. Hanno ragione dunque quelli dell’University of South Florida di Tampa. Ma non è tutto. Il Dr. J. H. dovrà pur abitare da qualche parte. Un “camera e cucina”, anche buio e umido, insomma, una tana per ratti, a Francoforte non costa meno di 600 euro, prezzi 2017. Più luce, acqua, riscaldamento, condominio eccetera. Conclusione, il Dr. J. H. chiede a sua madre se la sua stanza di ragazzo per caso non sia ancora libera e, a 53 anni, va a vivere da lei.

Ma è solo l’inizio. Passiamo al lato affettivo. La segretaria si defila subito appena sente che aria tira. Tinder è un fiasco perché le ragazze, la Düsseldorfer Tabelle la sanno a memoria e, appena salta fuori che uno ha due figli da mantenere più la ex moglie, cliccano via. Al Dr. J. H. non rimane quindi che Youporn.

Ma non è finita. Quelle parole, ma quanto ce l’hai grosso, amore, sua moglie le fa risuonare come campane a morto, ogni giorno e in ogni discussione. Con i figli, con gli amici, con i colleghi, con i vicini, con la psicologa, con la maestra della scuola, persino col bidello: ma quanto ce l’hai grosso, amore, firmato la segretaria. Seguite, quelle parole strozzate e arrocchite, da singhiozzi potenti e da un grande sussultare delle spalle.

I suoi figli imparano man mano a disprezzarlo. I suoi amici, quando lo incontrano e non riescono a passare nell’altro marciapiede, lo coprono con sguardi di superiore, imbarazzata moralità; loro che, se qualcuno aprisse i loro telefonini, e andasse a vedere nei loro whatsapp, chissà che porcherie ci troverebbe. Proprio loro, figuriamoci! E anche sua madre, alla sera, dopo avergli preparato la minestra, lo guarda inquieta. Ma quanto ce l’hai grosso, amore! Anche sua madre lo sa! Scuote la testa, poverina. Sparecchia la tavola, spegne la televisione a va a letto. 

A quel punto, al Nostro non rimangono che gli occhi per piangere, quindi è giusto che impari a farlo in maniera più scientifica. In questo senso, ripeto, avrebbero ragione i ricercatori californiani. Però c’è un però. E qui mi tocca fare un po’ di morale, anche controvoglia, perché sono tutt’altro che moralista. D’altra parte, in tutto c’è una morale se sai trovarla, diceva a ragione Lewis Carroll. Quindi troviamola, magari sotto forma di consiglio.

Ecco, vorrei consigliare, oltre ad un corso per imparare a piangere dopo il divorzio, anche un corso per imparare a non rompere la fiducia prima. La fiducia è come un bicchiere di cristallo, bellissimo a tavola, ma non regge gli urti e, alla prima crepa, è da buttare. Puoi fare quello che vuoi, le terapie di coppia che vuoi, ma un cristallo crepato prima o poi lo butti. Allora bisogna imparare a riconoscere quel momento prima che arrivi, quando è ancora nell’aria. Quando e come cominci a mentire, e perché? Quando e come cominci a non guardare più la tua donna negli occhi? E perché?

Un corso difficile e senza garanzie di successo, però è meglio farlo. Potrebbe cominciare con le parole dello stesso già citato Chateaubriand: “Quando perdi la fiducia, impari quanto difficile sia la falsità!”.

Mauro Montanari, Ph. D.