Il tema è se la morale possiamo farcela da soli!

Girano sul web una serie di post, un po’ del cazzo, sulla religione, a seguito della famosa pubblicità delle patatine e della suora cicciottella che le mangia al posto dell’ostia consacrata. Si tratta di slogan e citazioni prese a casaccio dalle Frasi celebri.  Ad esempio questa di Margherita Hack, astrofisica di valore, vegetariana e non-violenta. Lei dice: “Non c’è bisogno di una religione che ti dica cosa sia giusto o sbagliato fare. Se non sai distinguere il bene dal male non è la religione che ti manca, ma la coscienza”.

Beh, qui allora vorrei divertirmi un po’ confutare questa argomentazione, un po’ come si faceva nel Medioevo tra tesi contrapposte. Ma non voglio fare una guerra di religione: agnostici contro credenti (gli atei non so chi siano), come in genere si fa buttandola in caciara. Al contrario, userò una logica prettamente cartesiana, come quella che potrebbe utilizzare un qualsiasi agnostico, come io ero fino a non molto tempo fa. Dunque, cominciamo dalla frase citata, a cui ne aggiungerei un’altra, forse più celebre ancora, sempre di Margherita Hack: “L’etica di un non credente è più pura e disinteressata di quella di un credente che si comporta bene perché spera nella ricompensa e teme la punizione nell’aldilà.”

Non è nuovissimo, come pensiero, anzi sembrano quasi due citazioni, di Kant la prima, di Nietzsche la seconda. Cominciamo allora con Kant, il quale, sia pur credente, la pensava alla stessa maniera, e dava un posto privilegiato alla Ragione nella costruzione della morale. Però Kant non era affatto un razionalista. Lui pensava che la morale dovesse, sì, basarsi sulla ragione, ma anche che la ragione da sola non avesse fondamento, se non legata alla Felicità. Essa ultima, a sua volta, sarebbe, dice Kant, indissolubilmente connessa all’immortalità dell’anima. È questa che dà il fondamento alla morale basata sulla ragione, non la ragione in sé.

Vabbè, visto che siamo nel campo dei lanciatori di slogan in Fessbuc, l’ho messa giù un po’ complicata. Allora torniamo a Margherita ed al suo ragionamento razionalista. Lei dice in pratica: ciascuno di noi deve trovare in sé le ragioni della morale e, quando le avrà trovate, la sua morale sarà più solida di quella di coloro che ce l’hanno soltanto perché hanno paura di morire. Ci sta. Tutto fila. Anzi, non fila per niente! Perché se giriamo un attimo il ragionamento e supponiamo per assurdo che tutti quanti i sette miliardi di abitanti della Terra, dopo una dura ricerca interiore, avessero trovato una loro morale e fossero soli, insieme ad essa, di fronte al cielo stellato, dopo, che succederebbe?

Succede che sorgono i primi problemi. Ogni essere umano è diverso dall’altro, ha una sua tradizione, una sua cultura, attraverso le quali filtra le sue riflessioni. Lo faccio anch’io. Lo fanno tutti. Allora salta fuori che alla fine abbiamo sette miliardi di morali tutte diverse tra loro, come diversi sono gli esseri umani che le hanno elaborate. E senz’altro sarebbero conflitto l’una contro l’altra armata.

Le religioni hanno almeno il vantaggio che raggruppano gli esseri umani secondo una morale condivisa. E qui sta anche la differenza. Ad esempio la morale del cristianesimo si basa sulla non-violenza, vedi il Discorso della Montagna, ad esempio in Matteo 5, 21 “Non uccidere: chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio!”. Oppure in Matteo 5, 22: “Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna”.

Vabbé, sulla non-violenza del cristianesimo ci sarebbe da discutere, d’accordo. Ma andiamo avanti. La morale cristiana si basa anche sul rispetto dell’infanzia “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.”(Mc. 9, 37-47).

Lo so, i preti pedofili, direte voi … le crociate … e via discorrendo. Ma la morale cristiana sta scritta lì, nel Vangelo, non nel comportamento infame di qualche prete o nelle guerre di religione.

La morale dell’Islam invece è un’altra. Non si basa affatto sulla non-violenza, bensì sul monoteismo estremo, che non può che diventare violento nel confronto con altre religioni. “Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell’omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli.” (Sura della Vacca, 191).

Ora, non voglio fare dispute teologiche, anche perché, figuriamoci, qui parlo con qualche distributore di slogan via Fessbuc. Voglio solo dire che, pur assegnate un po’ alla grossa per religioni, le morali sono diverse. Significa anche che la morale cambia a seconda di quando e di dove si nasce. Figuriamoci se ciascuno dovesse farsi la propria.

Ma Margherita parla non soltanto di ragione, bensì anche di “coscienza”, che è ancora più fumosa della ragione. Già se dovessi definire cos’è la coscienza, non lo saprei. La capacità di distinguere il bene dal male? Ma questi concetti cambiano, dicevo, con la storia e con la geografia. Allora, per uscirne, dobbiamo ritornare a Kant. Senza un aggancio con la immortalità dell’anima (dice lui; io direi con la Speranza), la morale non ha fondamento, è costruita sulla sabbia, cambia, oggi di qua, oggi di là.

Ma la morale dell’Islam, allora, direte voi? Non lo so. Non so rispondere, ma non è neanche un mio problema. Io ho la mia, ben ancorata nel solido, e questo mi basta. (Nella foto: Margherita Hack)