L’edicolante all’angolo ringraziò una donna mentre le consegnava la rivista e il resto senza guardarla, Leonardo si sentiva i suoi occhi addosso e riconobbe lo sguardo di chi crede di vedere un ladruncolo. Non era la prima volta che suo padre lo rimproverava davanti agli estranei curiosi, che lo fissavano con antipatia, in sostegno al cittadino coraggioso che lo affrontava. In quel momento lo odiò e non aprì bocca fino a casa, nonostante suo padre lo incalzasse con toni provocatori, minacciando di fare arrestare Amedeo per non si capiva cosa. «D’ora in poi uscirai solo per andare a scuola e ti accompagnerà Annina. Quando la scuola sarà finita, starai a casa a ripensare alle bugie che hai detto». Gli urlò il padre vedendolo infilarsi dritto in camera, subito dopo aver aperto il portone. «Non ti importa niente di me, pensi solo a fare bella figura davanti agli altri! Sei ipocrita e bugiardo!». Gridò a pugni chiusi Leonardo, giunto davanti alla porta della sua camera. Il giudice accusò il colpo, lo guardò impotente e si rese conto per la prima volta che superava di una ventina di centimetri la sagoma con la maschera di Black Panther che avevano attaccato alla porta, quasi un anno prima, «Sono undici anni che mi racconti falsità su mia madre, perché dovrei ascoltarti». Leonardo vide la mano del padre scendere fino alla tasca della giacca per toccare la chiave, un sospetto apparve in volto e la sua espressione mutò. Sparì nello studio, sentì aprire il cassetto e guardare. Non lo vide tornare a lanciare accuse o fare domande, capì di avergli creato un dubbio, si chiuse la porta alle spalle con un calcio e per non pensare, si gettò sul letto a tradurre il più possibile da solo. Ignorò il richiamo della pancia per la fame e serrò le mascelle.
«Leo… la casa è libera» Rosa bussò per avvisarlo che poteva andare in cucina a mangiare. Si stiracchiò e indossò i calzoncini, giro la chiave e corse per il corridoio in marmo. Viola gli aveva appena messo in tavola un panino con il prosciutto e il piatto di patate avanzate dal pranzo. Se non fosse stato per le sorelle, avrebbe capitolato una settimana prima. Divorò con gusto e in fretta, si scolò metà della bottiglia di latte e fuggì a lavarsi i denti.
Viola lo seguiva come una molla, senza fermarsi un attimo. «Che c’è?!» Sbottò, assalito. «Sono preoccupata…», esclamò mentre con i piedi disegnava dei cerchi e portava le mani dietro la schiena, «sarebbe?» chiese Leonardo strofinandosi l’asciugamano sulla faccia, «ho ascoltato una conversazione tra papà e mamma oggi dopo pranzo… — seguì il fratello fino in camera — il tuo amico pescatore è tornato e papà l’ha fatto arrestare», «Cosa!?!?», Leonardo si girò di scatto e portò le mani davanti alla bocca, non ascoltò altro, arricciò le labbra, strinse i denti e iniziò a lanciare i libri contro l’armadio mentre la sorella tentava di afferrarlo per interrompere la furia. Smise solo quando le sentì dire che c’era dell’altro. «L’ha dovuto rilasciare dopo due giorni ma ha scoperto che traffica in merce usata, forse rubata e che ha contatti con gli scafisti». Leonardo abbassò gli occhi e si sedette lentamente sul letto, fissò un punto impreciso del pavimento e non fece commenti. Viola sapeva che dentro aveva una tempesta di emozioni e moriva dalla voglia di sapere, «Papà non si spiega come l’hai conosciuto, ti ha rintracciato perché Don Fabio ha spifferato a mamma di averti visto scendere dall’autobus», «impiccione…» sentì il fratello mormorare.