Primo contatto Colao-scienziati. La promessa di creare focus group per la Fase 2

Si va verso orari differenziati per uffici e fabbriche. Scaglionamento anche sui mezzi pubblici

ALBERTO LINGRIA / REUTERS
A worker in protective gear inspects a children’s store in Rome’s Trastevere district as the Italian government allows the reopening of some shops while a nationwide lockdown continues, following the outbreak of coronavirus disease (COVID-19) in Rome, Italy, April 14, 2020. REUTERS/Alberto Lingria

 

Lavorare a stretto contatto, sulla base di dati e informazioni già raccolti per esempio sull’andamento del contagio da Covid-19, prevedendo la possibilità di suddividersi in gruppi più ristretti individuati per temi. Su questo intendimento gli esperti del Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile hanno salutato Vittorio Colao, al termine dell’incontro che si è svolto nel primo pomeriggio di oggi.

Più che una riunione vera e propria un primo contatto, “cordiale e positivo” lo definisce uno dei presenti all’incontro. Collegati in video conferenza per parlare con gli scienziati del Cts, con l’ex amministratore delegato di Vodafone, oggi alla guida della task force di economisti, giuristi e scienziati che affiancherà il Governo nella pianificazione della fase 2, non c’erano i diciassette membri del neonato team, ma solo alcuni suoi collaboratori stretti. Mezz’ora dedicata alla “conoscenza reciproca” e, sul finire, l’intesa di rivedersi in sottogruppi tematici. L’obiettivo, molto probabilmente, è quello di evitare quanto più possibile lungaggini e confusione, accorciando i tempi di programmazione della ripartenza del Paese, in programma agli inizi di maggio. E già al centro dell’attenzione del team guidato da Colao che, stando ad indiscrezioni, starebbe valutando l’ipotesi di elaborare un piano per riorganizzare i trasporti pubblici. Mentre, sempre in vista della fase 2, il Governo starebbe lavorando alla programmazione di orari differenziati di entrata e uscita per uffici pubblici, aziende e industrie, regole più precise e stringenti per la sanificazione degli ambienti e App specifiche, anche per mappare gli spostamenti delle persone.

Insomma, l’intenzione di lavorare c’è, la volontà pure, ma al momento mancano decisioni ufficiali sul da farsi. L’Italia rischia di rimanere indietro nelle riaperture rispetto agli altri Paesi europei e, al crescere del numero di organismi e task force costituiti per supportare il Governo, aumenta il timore che l’eccesso di “comitatismo” più che semplificare i processi decisionali, finisca col complicarli. Negli ultimi giorni, poi, non sono mancate bordate e frizioni tra le parti, nell’aria ancora l’eco dell’attacco del ministro Boccia che ha chiesto alla scienza “certezze inconfutabili e non tre o quattro opzioni per ogni tema”. Parole alle quali Walter Ricciardi e Giovanni Rezza, entrambi nel Cts della Protezione civile, replicano in maniera garbata ma netta. “Chi fa parte della comunità scientifica non può che rappresentare le evidenze scientifiche dove ci sono. Sui test sierologici non possiamo dare certezze perché non ce ne sono – spiega il professor Ricciardi, membro dellexecutiveboard dellOms e consigliere del ministro della Salute per lemergenza coronavirus – Gli esperti stanno lavorando pro bono, a tempo pieno, sottraendolo all’occupazione principale e ad altre responsabilità, con dedizione assoluta e senza alcun riconoscimento in cambio che non sia il bene del Paese. Mi pare che le indicazioni che abbiamo dato siano arrivate sempre puntuali, rivelandosi alla prova dei fatti precise e indiscutibili dal punto di vista scientifico”.

Stessa lunghezza d’onda l’epidemiologo Rezza, direttore del dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. “La conoscenza limitata sul coronavirus è un problema mondiale. Purtroppo non abbiamo ricette perfette al 101%, mi pare pretendere un po’ troppo – puntualizza – Noi scienziati possiamo dare certezze laddove esistono. È chiaro che se chiudessimo tutto come è stato fatto a Wuhan la trasmissione del virus risulterebbe abbattuta, ma credo che in nessun paese occidentale, tantomeno in Italia, si possa fare. Per cui dobbiamo programmare una riapertura sostenibile, in modo da comportare un rischio accettabile, definiamolo così. Non possiamo dire: ricominciamo a fare la vita di prima a rischio zero”.

Quanto al “comitatismo”, per i due scienziati la questione non sussiste.

Non c’è dubbio che le decisioni finali siano politiche, e d’altra parte Conte lha sempre detto con chiarezza e onestà, ma fa bene la politica a cercare di acquisire informazioni e dati rivolgendosi alle migliori competenze del Paese”, dice Ricciardi. Per il consulente del ministro Speranza, “il problema non è il comitatismo, quanto la frammentazione decisionale. La Costituzione prevede che in Sanità i decisori siano 22 ed è evidente che se le scelte vanno calate in un contesto in cui c’è un tale numero di decisori, il rischio che si crei confusione è più che concreto”.

E Rezza considera: “Alla fine deciderà l’esecutivo. Il Cts valuta gli aspetti sanitari, ma il ventaglio degli elementi di cui tenere conto – penso per esempio a quelli economici e sociali – è molto ampio ed è giusto quindi che le decisioni finali spettino al livello politico e al Governo”.