Cari lettori, oggi vi propongo un racconto breve che inviai a un quotidiano locale per un concorso letterario. Il brano fu inserito in un’antologia. LA VECCHIA E LA STATUA Racconto breve di Elena Andreotti La vecchia – così la chiamavano i custodi – si era recata presto al cimitero, come, d’altronde, faceva da quando era morto il suo povero marito. Passava dal cancello principale, salutando garbatamente i custodi, con un lieve sorriso. In qualsiasi stagione e con qualunque clima, sempre vestita molto modestamente e sempre rigorosamente in nero, vi si recava almeno una volta a settimana. Silenziosamente scivolava leggera lungo i viali di cipressi, assorta in chissà quali e quanti ricordi e, forse, rimpianti. Mite, faceva un cenno di saluto a chiunque incontrasse, come se fosse in passeggiata. Non che incontrasse molta gente, non andava mai di domenica o in giornate e orari affollati. Le piaceva percorrere quei viali quando erano deserti, per gustare meglio la pace e il silenzio, che ai morti sono dovuti. Passava, prima di tutto, davanti al cimitero monumentale perché le piacevano molto le tombe e le cappelle realizzate in modo artistico. Anche al suo povero marito piacevano e ammirava particolarmente le statue poste sulle tombe o a guardia degli ingressi; non gli angeli piangenti o certe garguglie sugli stipiti, no, suo marito ammirava le statue che rappresentavano atleti stanchi e aveva sempre dichiarato di volerne una simile sulla sua tomba. La povera vecchia aveva fatto dei sacrifici per farla realizzare, per qualche anno aveva rinunciato al superfluo, ma era riuscita nell’intento. Aveva scelto una ditta che produceva arredi funerari, specializzata nella produzione di statue e se ne era fatta realizzare una su commissione, dando precise direttive in merito. La statua era stata installata a fianco della lapide in marmo sotto cui giacevano le spoglie mortali di suo marito che, ora, poteva riposare in pace. Dopo tanto sacrificio, però, era giusto che anche lei ne godesse, motivo per cui adesso, quando si recava al cimitero, si portava sempre dietro una scatola di biscotti novellini e, seduta sulla panchina di fronte alla tomba, sgranocchiava un biscotto dopo l’altro ammirando il bel giovane di pietra.