Si avvicina il giorno della memoria, questo romanzo parla dei SONDERKOMMANDO
… scegli la tua vittima, piccolo verme, scegli la tua vittima. Il maresciallo Franz Heim aveva gli occhi freddi e taglienti come la luna di Birkenau. Calava di notte, quando il block era chiuso. Tac tac tac… Gli stivali risuonavano lenti e implacabili sul pavimento della baracca. Loro mordevano le coperte fino a spezzarsi i denti, fino a non sentire nient’altro che il proprio digrignare. Poi il respiro, potente come un mantice, e la voce, terribile e spietata: dove mi porti questa sera piccolo verme? Vai, striscia libero, scegli un agnellino per il tuo Schutzhaftlagerfuhrer.
Avanzava lentamente, col viso sul cemento che sapeva di terra, uccidendo ad ogni movimento una parte di sé.
Dopo, mentre il condannato veniva inghiottito dalla notte, rimaneva sdraiato sul pavimento freddo ad ascoltare le urla che gli salivano da dentro, le urla del suo sacrificio.
Via Luca Longhi appariva semi deserta. Neri suonò ripetutamente il campanello, e la porta si aprì quasi subito. Avanzò nel corridoio fino a quando non sentì la voce di Benedetti chiamarlo dalla cima delle scale.
“Venga di sopra, ispettore“.
La porta dello studio era aperta e quando entrò l’architetto lo aspettava seduto dietro alla scrivania. L’ispettore si tolse il cappotto e sedette davanti a lui.
“Immagino ci siano novità“ disse l’uomo.
“Avrei dovuto chiamarla in questura, ma ho voluto evitarle
l’imbarazzo e sono venuto personalmente, spero che lei apprezzi il gesto e mi aspetto quindi la massima collaborazione“.
Mentre pronunciava queste parole tirò fuori dalla tasca gli elenchi dei deportati e li posò davanti all’uomo.
Benedetti guardò i fogli stropicciati senza dare segno di alcuna sorpresa e chinò leggermente il capo.
“Col tempo ho imparato che l’uomo è formato da uno strano impasto, è come se per fare una pagnotta di pane mischiassimo tutti i tipi di farina esistenti sulla terra. Dentro di noi si trova ogni cosa, dalla pulsione più nobile a quella più abietta. Le racconto questa curiosità: da giovane ho passato un momento di grossa crisi spirituale, avevo perso la fede e non trovavo più le ragioni per credere. Poi una notte ho sognato un dipinto, credo sia di Ligabue, è un quadro che rappresenta la foresta con tutti gli animali raffigurati in primo piano. Sentivo che il sogno era la risposta alle mie domande, ma per parecchio tempo non riuscii a capirne il significato, fino a quando un giorno all’improvviso mi fu chiaro: la presenza di Dio è testimoniata dalla complessità, la complessità del mondo, della natura e dell’animo umano, capace di gesti di bontà straordinari ma anche di pulsioni terribili, capisce? Certo, questo non risolve tutto, non è la risposta a tutte le domande, ma è da questo che bisogna partire e io oggi ne sono profondamente convinto“.
Smise di parlare e aprì un cassetto della scrivania, trasse una foto leggermente ingiallita ai bordi, raffigurante un uomo e una donna impettiti davanti all’obiettivo.
“ Guardi, non mi rimane nient’altro di loro, né un sorriso, una carezza, un abbraccio o un ricordo, niente se non questa foto. Vennero a prenderli di sera, io ero troppo piccolo e non posso ricordare, mi hanno detto che mia madre mi nascose sotto al letto che era davanti al camino acceso. Mi è rimasta negli occhi solo l’immagine del fuoco che lentamente svaniva fino a spegnersi completamente, come il calore di quei corpi che non avrebbero potuto più scaldarmi il cuore.
Il luccichio dell’ultima fiammella che muore mentre tremavo e piangevo, questo è il mio ultimo ricordo di quella notte. Mi trovarono solo il giorno dopo, ero ancora sotto il letto, in pigiama, raggomitolato sul pavimento gelido. Su quello che è successo nei lager è stato scritto tanto, ma lei crede che milioni di parole possano anche solo sfiorare il dolore che abbiamo sofferto? Diceva Primo Levi che la vita reale, dopo l’esperienza passata, era solo un sogno dentro quel grande incubo vissuto, che non è mai riuscito a dimenticare“.