Le donne di marzo hanno il vento della passione
nei capelli e gli occhi volti all’orizzonte a cercare
un’ala di rondine anche se sulle spalle indossano
il manto dell’inverno nelle brume dei pensieri.
Hanno nei passi la pesantezza dell’effimero:
piangono per la primula gelata mentre sboccia
nel cuore il sapore amaro del mandorlo in fiore.
Le donne di marzo portano grandi cesti
di gesti d’amore che generose donano alla
carezza dell’aria: fragilmente ostinate vogliono
tramonti rosati e cieli senz’ombra e senza lacrime.
Sono sirene di terra che vivono nella costante
inquietudine di non poter camminare sopra distese
di sogni e nuotare nel mare delle certezze.
Sono aquiloni colorati che si librano in aria ma
hanno bisogno della mano che le trattiene per
non perdersi in uno spazio troppo vasto
e restare sospese nel cielo delle loro
eterne contraddizioni. Si aggrappano tenaci
al vento dei desideri e delle emozioni
e si disperano di non essere perfette:
non sanno che è la loro imperfezione
che le rende uniche e libere dalla prigionìa
della definizione e dell’ovvietà.