Non esiste vita umana senza sofferenza. Siamo nati per soffrire, anche se in modo diseguale. Cosa ci fa stare male? Cosa ci provoca sofferenza interiore?  Possono essere molte le cause del malessere interiore. Possono essere la povertà, la depressione, la rabbia, le ossessioni, i deliri, la gelosia, la frustrazione, la delusione, le antipatie, la nostalgia,  la superbia, le dipendenze, la follia, gli stili di vita scorretti. Chiamatele come volete, ma ognuno ha le sue tare. Ognuno ha i suoi vizi, i suoi peccati capitali, le sue debolezze, le sue schiavitù.  La psicologia da decenni sta studiando se questi comportamenti considerati negativi siano associati a tratti di personalità, a difetti di carattere o meno. Stiamo male quando ci manca qualcosa o qualcuno, quando non riusciamo a soddisfare un bisogno, quando non raggiungiamo un obiettivo prefissato. Molti cercano i soldi, il potere, il sesso, la bellezza, la fama. Provano stati d’animo spiacevoli se non riescono ad averli. Come si dice in gergo giovanile sclerano di brutto. Nella vita l’equilibrio interiore è difficile, in quanto basato su bilanciamenti e controbilanciamenti, su pesi e contrappesi. Una cosa che ci fa stare male su cui vorrei porre l’accento è la dipendenza. Come dichiarò Marcello Marchesi ognuno ha la sua droga. Di solito si stigmatizza chi è dipendente da sostanze tossiche e psicotrope. Ma esiste anche la dipendenza affettiva. Anche quella può rivelarsi tossica, come diceva la cantautrice Alice a proposito del brano Per Elisa, scritto da Battiato e con cui vinse Sanremo. Di solito una sostanza nociva viene considerata illegale in base alla cultura. In Europa è legale l’alcol. In alcuni paesi dell’America Latina sono legali le foglie di coca. Bisogna non cadere nella trappola e pensare erroneamente che chi è vittima di dipendenza sia un debole oppure meno intelligente. È altrettanto vero che un conto è avere bisogno davvero di una cosa, un altro è considerare necessaria una cosa dannosa e abusarne. È difficile non abusare di una sostanza nociva che dà dipendenza. Ad esempio la maggioranza dei tabagisti fuma quasi un pacchetto di sigarette al giorno. Sono pochi quelli moderati, che si sanno regolare. Molti dopo un’ora sentono il bisogno fisico di fumare una sigaretta. Sono pochi che si limitano a fumare dopo il caffè o dopo una birra. Ci sono alcuni che sono così dipendenti da fumare a stomaco vuoto appena alzati, da quanto sono impazienti. Talvolta la dipendenza non è solo una. Chi fuma spesso è dipendente anche dalla caffeina perché il caffè è un piacere irrinunciabile per chi fuma. Caffè e sigaretta si richiamano a vicenda. Per ogni dipendenza esiste il craving, ovvero la tensione dovuta al desiderio di riprovare quella sostanza o quell’emozione. Tutte le droghe sono sostanze psicoattive che agiscono sull’area cerebrale del piacere, ingannandola. Chi è drogato ha quasi sempre voglia di rifarlo. Il piacere di drogarsi è grande: diciamocelo onestamente,  altrimenti non si capisce quello di cui si sta parlando. Esistono dipendenze da sostanze d’abuso, ma anche dipendenze dalle abitudini, da relazioni, da persone, da cose, da circostanze. Esiste il tabagismo, la ludopatia, la sessodipendenza, la dipendenza da Internet, la teledipendenza, l’alcolismo, la dipendenza da cellulare, quella da videogiochi,  lo shopping compulsivo, i disturbi da comportamento alimentare. Esiste anche la sindrome da workaholism, ovvero la dipendenza da lavoro. Circa il 20% dei manager giapponesi ne soffre. È diffusa anche negli Stati Uniti ed in Germania, soprattutto tra imprenditori, dirigenti, liberi professionisti.  Ci sono anche gli ultras che non possono fare a meno di vedere le partite della squadra del cuore. Per ognuna di queste dipendenze esiste l’abuso e la crisi di astinenza. Quando si è dipendenti spesso si ripete ogni volta la stessa sequenza di gesti, si ripete ossessivamente un rituale. Si può essere dipendenti anche da caffeina e da teina. In senso lato si può dire che ognuno ha la sua droga, ma bisogna distinguere. Ci sono alcuni dipendenti da sostanze nocive e altri che hanno solo una passione verso una cosa. Bisogna vedere la gravità,  il danno. Snocciolo alcuni dati.  Da aprile 2020 ad aprile 2021 ci sono state 100000 morti di overdose negli Stati Uniti. In Italia ogni anno muoiono 17000 persone per alcol tra cirrosi, danni fisici, incidenti stradali avvenuti in stato di ebbrezza. Nel primo semestre del 2020 sono state 135 le morti in Italia delle stragi nel sabato sera.   A proposito di guida l’alcol aumenta il senso di sicurezza interiore ma diminuisce del 30% circa i riflessi.  A volte le persone fanno confusione. Possono confondere un consumatore occasionale di droga con un tossicodipendente,  un forte bevitore con un alcolizzato. Un forte bevitore ad esempio in un periodo stressante al lavoro può bere frequentemente in un determinato periodo e poi smettere da solo. Un ragazzo può innamorarsi di una ragazza sbagliata e drogarsi insieme a lei nel breve periodo della loro altalenante relazione. Bisogna sempre vedere se una persona riesce a stare a galla, ad autoregolarsi, a non distruggersi, a salvaguardarsi. Esistono anche i bibliofili ma è una dipendenza che non li danneggia e non dà assuefazione. Esiste la dipendenza economica dai genitori e dal marito, anche se non è detto assolutamente che sia una colpa.  Esistono coloro che non possono fare a meno del footing o della palestra. Così come ci sono coloro che non possono fare a meno di vivere situazioni pericolose, come andare ad elevata velocità in macchina, fare alpinismo, fare bungee jumping: vengono chiamati filobati. Tra i giovanissimi non vanno assolutamente sottovalutate alcune mode diffuse nei social come le challenge estreme, ovvero delle sfide tra di loro, che possono portare a gravi atti di autolesionismo. Oppure ci sono anche i killfie,  cioè i selfie estremi, degli scatti fotografici in situazioni molto pericolose, che causano molti morti tra giovani nel mondo. Tutto per avere dei like. Ciò è la prova inconfutabile che i like sono una droga, che ogni like è una piccola scarica di dopamina per molti. Si ricordi che dal 2013 al 2019 nel mondo ci sono state 259 morti di giovani per selfie estremi. Questo tipo di persone che amano il rischio ma anche coloro che soffrono di dipendenza da lavoro sono più che altro “drogati di adrenalina” e oltre ad un aiuto esterno avrebbero bisogno di tecniche di rilassamento. L’adrenalina è sia un ormone che un neuromediatore dello stress e dell’eccitamento. Di fronte ad una persona con una dipendenza patologica bisogna sempre chiedersi perché non si vuole bene, perché non decide di volersi bene, perché non sa come volersi bene. Talvolta a certe persone non gliene importa della loro vita, non si prendono cura di sé stessi e della loro vita. Sono degli autosabotatori. Si è dipendenti anche dalle idee. Ognuno ha delle idee se non fisse almeno ricorrenti. Lo sanno bene gli scrittori. Talvolta i critici scrivono che certi romanzieri non fanno che ripetere il loro primo libro. Ma ciò non è detto che sia nocivo. Ci sono invece  dipendenze che mettono a repentaglio la vita, che riducono l’aspettativa di vita. Secondo il DSM una dipendenza diventa patologica quando il comportamento è compulsivo a discapito della salute fisica e/o psichica del soggetto. La dipendenza è tale quando ostacola o  come minimo interferisce con  la normalità della vita quotidiana, detto in parole povere. Per uscire fuori da queste patologie ci vuole una terapia ad hoc. Ci vogliono molto spesso persone che aiutano ad uscirne. Spesso è difficile farcela da soli. Ci vuole molta forza di volontà e determinazione.  Spesso ci  vuole counseling, trattamento farmacologico, psicoterapeuta. Anche nel caso in cui una persona non chieda l’aiuto di un esperto ha comunque bisogno del sostegno psicologico dei familiari. Ogni epoca ha le sue dipendenze. Ogni società ha le sue dipendenze. Nei laboratori  chimici spregiudicati stanno creando nuove droghe. La tecnologia crea nuovi artefatti, nuovi modi di essere ma anche nuove dipendenze psicologiche da questi strumenti. L’industria crea nuovi prodotti, i commercianti li espongono in vetrina e noi sentiamo di non poterne fare a meno. Lo stesso Marx sosteneva che la religione era l’oppio dei popoli. Era solo una metafora oppure era realtà? Ed oggi che Dio è morto come annunciato da Nietzsche,  cosa è l’oppio dei popoli? Alcuni dicono che in Italia è il calcio l’oppio dei popoli. Cosa è che spinge alla dipendenza ed in particolar modo a quel determinato tipo di dipendenza? Difficile stabilirlo. Difficile generalizzare. Si pensi che per i serial killer uccidere è una dipendenza. Le dipendenze possono essere le più varie e bizzarre. Basta pensare alle perversioni sessuali. Di ricerche ne sono state fatte moltissime e ogni dipendenza può avere le sue cause. Di sicuro è un modello datato e retrogrado cercare di rintracciare cause biologiche ad esempio per la tossicodipendenza. I fattori possono essere diversi. Ci si può drogare per problemi in famiglia, per la morte di un genitore, per pressione del gruppo dei pari, a causa di un insuccesso scolastico. Ci si può drogare per noia perché la noia è un grande male come scriveva Baudelaire oppure per senso di vuoto o trasgressione. Ci si può drogare tanto per provare. Oppure ci si può drogare come fallace automedicamento, come anestetico alla fatica di vivere. Oppure ci si può drogare per fuga, per evasione. Talvolta è la cultura dello sballo che fa drogare. Altre volte può essere quella che Andreoli chiama l’etica della circostanza. Ci sono anche artisti che si aiutano a livello creativo drogandosi. Certo tipo di cultura sembra non dico imporre ma legittimare la droga. Alcuni consumatori di droga  riducono la dissonanza cognitiva portando ad esempio i poeti maledetti che si drogavano, alcune rockstar che si drogavano, ricordando il motto “sesso, droga, rock e roll” oppure ricordando che diversi esponenti del mondo dello spettacolo si drogano. Naturalmente sottovalutano i danni fisici e cerebrali dell’assunzione di droghe. Un tempo c’erano droghe per ricchi e droghe per poveri. Oggi questa divisione è più sfumata. Un tempo l’alta borghesia sniffava cocaina e gli altri si iniettavano eroina. Un tempo i drogati erano soprattutto gli eroinomani e si notavano subito. Oggi chi si impasticca non si nota, a meno che non si imbatta in un esperto. Ci sono alcuni che si drogano per vivere paradisi artificiali, insomma per vivere stati alterati di coscienza. In ogni caso il rimedio è peggiore del male di gran lunga. Negli anni novanta nel Nord-Est erano molto diffuse le droghe. Erano molti i giovani di famiglie bene che si drogavano. Veniva definito  ciò come il circolo benessere-emarginazione-follia. Ad onor del vero quelli che conoscevo erano integrati socialmente. I genitori lavoravano tutto il giorno nelle loro aziende e davano soldi ai figli che li spendevano in droghe varie. Era sintomatica l’autodistruzione della gioventù veneta,  era sintomatico di una borghesia arricchita con grande sacrificio ma miope, sprovveduta. Per fare un poco di bene a un tossicodipendente bisogna chiedersi per quale dinamica psicologica si rifugia in quella sostanza e considerarlo nella globalità della sua persona. Convivere con un tossicodipendente non è facile. Può rubare in casa per comprarsi una droga. Può spacciare per avere i  soldi per drogarsi. Ad ogni modo oggi c’è molta più sensibilità del problema rispetto ad un tempo. La discriminazione nei confronti del tossicodipendente è minore. Un tempo era isolato. Per una famiglia era una disgrazia avere un figlio che si drogava, spesso veniva lasciato solo. Oggi poi legalmente è avvenuta la depenalizzazione delle droghe leggere; esistono la differenza tra consumatore e spacciatore, il concetto di uso personale. I tossicodipendenti non sono più criminalizzati come un tempo. Oggi il dibattito è ancora aperto sulle dipendenze patologiche, definite anche addiction. Sono patologie cerebrali? Legalmente può essere considerato il vizio di mente se qualcuno commette reato e ne soffre? Giuristi, psicologi, neurologi, scienziati sociali ne discutono. Esiste comunque il recidivismo.  Sono molte le ricadute. I danni fisici e psichici sono gravi. È difficile smettere. Spesso molti rimandano a domani. Molti si dicono “domani smetto” e poi non ci riescono.  Arrivano alla fine della giornata e come buon proposito pensano di smettere il giorno dopo, ma questo non accade. Per ogni dipendenza e per ogni soggetto esistono correlati sociali, ambientali, emotivi, psichiatrici. I correlati neurofisiologici sono gli stessi per tutti, sono caratterizzati dal rilascio di dopamina nel sistema mesolimbico. 

I ricercatori, guidati da Ilaria Carta presso l’Albert Einstein College of Medicine nello stato di New York, hanno trovato che anche il cervelletto è responsabile della diffusione di dopamina. L’articolo è stato pubblicato su Science.  Lo studio è stato compiuto con la risonanza magnetica nucleare. In ogni caso anche quando sviluppiamo una dipendenza noi apprendiamo un comportamento che seppur nocivo ci ha dato momentaneamente piacere. È la gratificazione che dà una sensazione di euforia.  Esiste una dipendenza fisica ed una psicologica ad esempio nelle sostanze. Per la nicotina la dipendenza fisica dura poco più di un giorno. Il problema è debellare quella psicologica. Viene da chiedersi se si può essere individui totalmente liberi o se invece fa parte della natura umana avere qualche forma di dipendenza. Siamo dipendenti anche dal rumore, dal rumore della vita. Ce lo insegna la camera anecoica dei laboratori Orfield, in Minneapolis,  una stanza in cui  il 99,99% del rumore viene assorbito dalle pareti in alluminio e fibre di vetro. Nessuno riesce a sopportare per più di una ora il silenzio quasi totale. Forse la verità è che siamo tutti dipendenti dal rumore bianco descritto da Don Delillo,  ovvero da quel mix  di consumismo e ipnosi di massa, così alienante ma anche così indispensabile per scacciare la paura della morte. Siamo anche dipendenti dagli altri. Questo non bisogna mai scordarselo. L’indipendenza totale è pura utopia. Robinson Crusoe era solo un romanzo. La realtà è un’altra. Non esiste vita umana senza dipendenza. Ad ogni modo il capitalismo consiste nel creare come scriveva Marx nuovi bisogni. Per non fermare i consumi spesso avviene la trasformazione di cose inutili in necessarie. La civiltà dei consumi crea quindi sempre nuove dipendenze. E i ricchi? Sono forse indipendenti da tutto e da tutti? Pessoa scrive che il capo dipende dai suoi dipendenti. Hegel nella dialettica padrone-servo ci insegna che il padrone diventa alla fine servo disimparando le cose che fa fare al servo e il servo diventa padrone essendo l’unico che sa fare cose che il suo padrone non sa fare. Non a caso Marx si ispirò per la sua filosofia a questo brano della Fenomenologia dello spirito. Molti possono pensare che i poveri sono i più dipendenti di tutti. In realtà come scrive Ivano Fossati “chi non ha scarpe non ha ragione mai. Chi non ha scarpe non ha padroni mai”. Forse i più dipendenti di tutti sono i malati. Le dipendenze patologiche sono in un certo senso malattie e le malattie comportano a loro modo dipendenza.  Ma poi in fondo chi è padrone e chi è libero? Paradossalmente nel sadomaso spesso la relazione causa una inversione dei ruoli: sono i master ad essere schiavi delle loro schiave e le schiave diventano libere di cercarsi altri padroni. Nel caso dei cuckold o cornuti consapevoli, che permettono alla moglie di fare sesso con altri, spesso gli oggetti sono proprio i vari amanti, mentre talvolta c’è un legame solido anche se perverso all’interno della coppia. Può essere pericoloso quando la donna si innamora e decide di andarsene con un amante, come successe nel delitto/scandalo Casati Stampa di molti anni fa. La persona dipendente in modo patologico di qualcosa o qualcuno tende a perdere il controllo e a perdere la testa, se rischia di perdere definitivamente ciò. Anche i molti casi di femminicidio in Italia nascono oltre che da una antiquata smania di possesso, da gelosia ma anche da dipendenza patologica. Molti uomini non accettano di essere lasciati, abbandonati. Anche i più casti sono ad ogni modo dipendenti dall’etica. In Occidente sono dipendenti dal senso del dovere, dal rispetto degli imperativi categorici se sono laici o dal rispetto dei comandamenti se sono cristiani. Esistono gli uomini totalmente liberi? No. Assolutamente no. Abbiamo tutti dei bisogni da soddisfare e poi siamo  come si suol dire degli animali sociali. In ogni caso abbiamo bisogno degli altri. La troppa libertà spesso porta alla solitudine. Comunque sia, viene da chiedersi se gli esseri umani possano desiderare senza essere dipendenti. La risposta più sensata è no. Per Freud tutto ciò deriva dal fatto che ogni bambino dipende dai genitori. Da questo “fatto biologico” nasce il nostro bisogno di essere amati e perciò la nostra dipendenza. Come scrive Antonio Maria Leozappa la libertà è scegliersi la dipendenza che si vuole. Detto in termini psicologici, gli esseri umani sono una variabile dipendente. 

Davide Morelli