– Comportati bene, mi raccomando; ultimamente ti sei messo a gironzolare come se fosse casa nostra – dice il signor Francesco al fido Nerone nel pianerottolo del palazzo dove abita. – Siamo ospiti, non dimenticarlo. La signora Anna ci ha gentilmente invitati; quindi, è nostro dovere ricambiare in modo adeguato. Se non sarà così giuro che la prossima volta ci andrò da solo. Lo so, fai finta di non capirmi, ma la cosa ti sarà più chiara quando dalle parole passerò ai fatti. – L’uomo dopo un’occhiata di monito all’amico a quattro zampe, suona il campanello dell’abitazione. Dopo tre tentativi, la porta finalmente si apre.

– Ciao. –

– Ciao Anna. –

– Ciao piccolo! – l’anziana donna si china per accarezzare Nerone. – È un amore! Entrate. –

– È più discolo di quanto non sembri. –

– Come un bambino. –

– Pressappoco. –

L’uomo e il cagnolino fanno il loro ingresso nel soggiorno.

– Non so perché non mi sono mai decisa ad averne uno in casa, voglio dire, per allentare la solitudine, soprattutto dopo che Marta è andata via. Anche i gatti sono graziosi, da ragazza ne avevo uno da cui non riuscivo mai a separarmene; ci coricavamo insieme nel mio letto facendo andare su tutte le furie la mia povera mamma. –

– Lui ci ha provato diverse volte trovando in me un’ostinata barriera. Non demorderà, di questo sono sicuro. –

– È davvero come un bambino! –

– Ho incontrato Marta – dice il signor Francesco accomodatosi su una poltrona.

– Davvero! – esclama la donna, sedutasi sul divanetto.

– Sì. Portava a passeggio dentro una carrozzina un bel pupo dal faccione sorridente; era insieme ad un’amica. –

– Dovrebbe trattarsi di Gloria, si conoscono da quando erano ragazzine; sono più legate di due sorelle di sangue. Il bel pupo rappresenta il suo attuale lavoro. Come ti è sembrata? –

– Bene. È sempre un piacere vederla; ti somiglia tantissimo, lo sai. –

– Come faccio a non saperlo, me lo ricordi tutte le volte che ci vediamo. –

– È la verità; lo dicono anche le tue foto da giovane. –

– Sono decenni che non le tirò fuori come fai a ricordartele? –

– Ho una buona memoria – replica il signor Francesco con lo sguardo rivolto a Nerone che dà segni di irrequietezza muovendosi in giro per la stanza. – È l’unica cosa buona che ancora resiste nel tempo. –

– Non è poco – osserva col sorriso sulle labbra la donna. – Lascialo stare, non fa nulla di male; gli piace perlustrare la casa. –

 – Non piace a me e ho l’impressione che lo faccia di proposito. –

– Non dirai sul serio? –

– Ci puoi scommettere. –

– Lo trovo divertente. –

– Meno male, questo semplifica le cose; se vuoi, lo lascio qui per qualche giorno. –            

– Pensi che ci starebbe? –

– Si potrebbe provare. –

– Non credo che te ne libereresti con tanta facilità. –

– Mettimi alla prova – dice l’uomo tra il serio e il faceto.

– Ci penserò su; magari terrà lontano i malintenzionati. –

– Questa sì che è una buona idea; hai avuto problemi del genere? –

– No – risponde Anna. – Perché me lo chiedi? –

– Così, probabilmente dal fatto che tu li abbia menzionati; non è mai successo nei nostri dialoghi. –

– Stavo scherzando. –

– Meglio così. –

– Ti sembra strano che non abbiamo mai affrontato l’argomento? –

– In un certo senso… sì, certo. –

– Tranquillo, non apro mai la porta a nessuno che non conosca; è un’abitudine che ho fin da quando ero ragazza. –

– Una sana abitudine. –

– Forse abbiamo fatto bene a tenerci distanti da questi discorsi, non sono per nulla piacevoli, non credi? –

– Scusami, non volevo turbarti – afferma l’uomo, volgendo lo sguardo a Nerone distesosi sul parquet vicino al divanetto su cui è seduta Anna.

– Ci pensa lui a rasserenarmi – replica la donna, rimettendo la conversazione su un piano più leggero. – Rimani qui a cena? –

– Non sarei una buona compagnia; non ho appetito, credo che stasera non mi siederò nemmeno a tavola. –

– Non ti invitavo ad un’abbuffata; comunque è giusto che segui le tue sensazioni. –

– Sì – annuisce il signor Francesco. – Ci sarà una prossima volta. –

– Preparo un tè. –

– Va bene. –

– Ormai è diventata una consuetudine – dice la donna accennando un sorriso.

– Cosa -? –

– Lasciarti ad aspettare dietro la porta. –

– Non farci caso. –

– Non riesco a capire come mai me la prendo con tanta comodità prima di aprire l’uscio; mi ritrovo a convivere passivamente con questa odiosa patologia. –

– Non ho fretta! – la rassicura con un sorriso l’uomo.

– La tua gentilezza è infinita, ma avevo pensato di risolvere il problema dandoti una copia delle chiavi di casa. –

– Perché mai dovresti darmele? Non esiste nessun problema; e poi, non ho l’autorità per possederle. –

– Siamo ottimi amici, no? –

– Cosa c’entra… –

– Ok; vuol dire che non avrò compassione tutte quelle volte che verrai a suonare alla mia porta» dice Anna, alzandosi dalla poltrona. – Vado a preparare il tè. –