bustos-756620_960_720Il filosofo greco Aristotele afferma che è la meraviglia, lo stupore a muovere l’individuo verso la conoscenza. La filosofia nasce quando la realtà ordinata ed armoniosa del mondo, voluta dagli dei, non soddisfa più la ragione e la volontà del soggetto che necessita di nuove risposte al senso della vita e all’origine dell’universo. Il significato di ogni cosa non può più essere racchiuso in verità collettive ed indiscusse ma deve essere indagato dalla ragione e dal soggetto che inventa nuovi strumenti di ricerca da cui scaturiscono differenti visioni del mondo. La filosofia crea un solido apparato concettuale terminologico che porta alla formulazione di un sapere certo ed universale, che prende il nome di episteme. Tutto ciò avviene nel VI secolo avanti Cristo in Grecia, in particolare nelle colonie greche dell’Asia Minore. E non a caso gli studiosi concordano sulle cause da cui ha avuto origine il sapere filosofico:

Le polis greche dell’Asia minore avevano creato dei regimi politici che, al contrario della Grecia continentale, avevano dato spazio alla libertà ed alla partecipazione dei cittadini, garantendo uno spazio mercantile e dunque di confronto con le altre civiltà del Mediterraneo. Ma come viene formulato questo nuovo modello di sapere e che relazione ha con l’antica sapienza poetica e con il mito? I primi filosofi vennero definiti sapienti, la loro cultura non escludeva nessun campo dello scibile, i quesiti riguardavano l’origine dell’universo ed il linguaggio riflette quello del mito. Non vi sarà almeno fino a Platone una netta contrapposizione tra mito e logos: essi si completano a vicenda e, attraverso le immagini del mito, il pensiero giunge a vedere(noesis) ciò che non si disvela nel concetto. Allora quale sarà la differenza tra il sapere filosofico e quello del mito? La diversità consiste nel porre il soggetto come fondamento dell’indagine e la ragione come strumento di conoscenza. La filosofia dei primordi, anche se commista al mito, assume uno statuto epistemologico ben preciso.

Il fascino dei primi filosofi rimane avvolto nel mistero. Una delle maggiori difficoltà che concerne il pensiero delle origini è l’assenza dei manoscritti filosofici. Più che opere intere ci sono giunti pochi frammenti riportati da autori posteriori e dunque abbiamo molte interpretazioni che sovente potrebbero non coincidere con il pensiero originario dell’autore, il quale viene ricavato dall’insieme dei frammenti e dalle loro interpretazioni successive. Ma quali sono le domande che essi pongono? Il loro ambito di ricerca concerne la natura: infatti questi pensatori vengono definiti fisiologi, la cui etimologia greca allude proprio allo studio della natura. La filosofia dei primordi intende trovare una spiegazione della molteplicità dei fenomeni sensibili, riconducendola ad un unico principio non transeunte. Tale principio viene definito archè e rappresenta l’archetipo, il modello originario da cui tutto ha avuto origine. Platone riprenderà la teoria degli archetipi, considerandoli come idee eterne, modelli originari di ogni ente presenti nel mondo iperuranio, al di là della realtà sensibile.  A seconda delle scuole filosofiche esso viene di in volta in volta identificato o con gli elementi naturali (Talete e la scuola ionica) oppure con un elemento astratto intermedio fra la mente e la natura (logos eracliteo) o completamente astratto e trascendente la stessa natura (l’essere parmenideo) o ancora con la pluralità degli elementi naturali, che sfocerà poi nella concezione atomistica di Democrito, considerata come quella più moderna in assoluto. Il principio è eterno così come la stessa natura, considerata come un organismo vivente il cui continuo fluire, il mutare delle forme ne delinea la caratteristica precipua. Questa concezione vitalistica ed animistica della natura verrà poi ripresa nella filosofia del Rinascimento ed in quella Romantica. “Formarsi e trasformarsi eterno gioco dell’eterno senno”,affermerà successivamente Goethe nel Faust. L’armonia e l’equilibrio della natura non è data dall’assenza dei contrasti ma al contrario dalla continua opposizione degli elementi, presente soprattutto in Anassimandro ed Eraclito. Polemos governa il mondo e la guerra incessante fra gli elementi conserva l’universo nella sua armonia discorde. Il Logos rappresenta in Eraclito, anche, l’unità degli opposti, il continuo fluire delle cose nel tempo eterno della natura. Ma il Logos rappresenta la capacità razionale dell’uomo di cogliere al di là della parvenza delle cose, l’essenza del mondo. In tutti questi filosofi vi è la netta distinzione tra la conoscenza sensibile, atta a percepire l’aspetto superficiale della realtà, e quella razionale che invece indaga ciò che è, e dunque l’essere. Dobbiamo a Parmenide l’uso del concetto astratto di essere che rappresenta l’unità eterna ed indissolubile della natura. L’essere è il principio che spiega la natura anche se esso si trova al di là del mondo empirico. Da qui la separazione tra mondo empirico e mondo dell’essere, iato che Platone cercherà di ricomporre tramite un reciproco scambio tra le due realtà. A Parmenide, inoltre, viene attribuita la scoperta dei principi logici d’identità e di non contraddizione: essi rappresentano le leggi fondamentali del pensiero oltreché il fondamento ontologico degli enti.

Alla visione metafisica, astratta della natura si contrappone quella quantificabile e misurabile delle unità aritmo-geometriche dei pitagorici e delle componenti ultime della materia, definite da Democrito atomi.

Sebbene la visione di Pitagora sia ancora legata alla concezione magico-religiosa, il concetto astratto di numero come ordine ed armonia del cosmo, fu teorizzato da questa scuola filosofica a cui si accedeva dopo il rito di iniziazione. I Pitagorici furono i primi a suddividere lo spazio in punti ed in linee calcolati razionalmente, a distinguere i numeri perfetti da quelli imperfetti (limite ed illimitato) ad abbozzare l’ipotesi cosmologica dell’eliocentrismo. L’altro pensiero filosofico che si avvicina alla modernità è quello di Democrito, il quale pensò la natura come materia costituita da piccole particelle definite atomi, facendo derivare la costituzione degli oggetti dall’incessante movimento meccanico di questi. L’unica causa che spiega la natura è quella efficiente: nel mondo materialistico di Democrito non esiste nessuna divinità che spiega la costituzione degli oggetti e l’ordine del mondo. Tutto è dovuto al meccanicismo degli atomi. Con Democrito ci avviciniamo alla scienza moderna. Infatti essa è partita da quella teoria per poi ovviamente ampliare le proprie indagini sino ad ottenere i risultati odierni. Ma la filosofia greca del VI secolo A.C. ha influenzato anche la successiva scienza alessandrina che da essa ha tratto sia il metodo di indagine che il linguaggio scientifico. Inoltre, questi pensatori hanno lasciato ai filosofi successivi quesiti aperti a cui si cerca di rispondere ancora oggi.
Gabriella Petrelli

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