Antonella Viola

Antonella Viola: Cara professoressa, sono M., un ragazzo di 34 anni, e ho contratto il monkeypox (vaiolo delle scimmie) dopo un viaggio all’estero

Cara professoressa, sono M., un ragazzo di 34 anni, e ho contratto il monkeypox (vaiolo delle scimmie) dopo un viaggio all’estero. Lì ho avuto un rapporto con un ragazzo che alcuni giorni dopo, al mio rientro in Italia, mi ha scritto dicendomi di essere positivo al monkeypox. Tengo a precisare che nel momento in cui c’è stato il rapporto lui non aveva nessun sintomo e nessuna lesione visibile sulla pelle. Ho iniziato ad avere febbre molto alta e linfonodi estremamente gonfi e dolenti. Dopo 2 giorni sono iniziate le lesioni cutanee: la prima è stata sul viso, poi sui genitali. Il dolore alla gola è diventato talmente forte da rendermi quasi impossibile la deglutizione e i medici hanno deciso di ricoverarmi. Ho passato una settimana in isolamento in ospedale, li mi sono uscite altre pustole sul corpo, una dolorosissima sull’uretra che mi provocava anche sanguinamento nell’urinare. Pian piano, col passare dei giorni, la situazione ha iniziato a migliorare e le pustole a regredire e a seccarsi. Ora sono in isolamento domiciliare a casa ma è stato un vero incubo. Ho preferito non scrivere nulla sui social su quello che mi è capitato perché in quanto gay avverto lo stigma nei miei confronti (ho letto numerosi commenti offensivi ed omofobi sul web verso chi ha contratto questo virus). Ma se lei volesse pubblicare la mia storia, mi farebbe piacere poter essere d’aiuto ad altri giovani.”

Nonostante sia calato il silenzio mediatico sul vaiolo delle scimmie, da maggio sono stati registrati circa 17.000 casi di positività in luoghi del pianeta in cui il virus non aveva mai circolato prima. E l’Europa è stata ed è ancora oggi l’epicentro del contagio. Questo significa che non siamo riusciti a contenere i focolai e che ormai il virus si è diffuso ben oltre quelle regioni africane in cui finora era rimasto in forma endemica. Questo significa anche che, d’ora in avanti, tutti noi dovremo fare i conti con una nuova infezione. L’enorme diffusione globale del virus, ormai fuori controllo, è la ragione per cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’epidemia da vaiolo delle scimmie un’emergenza globale, assegnandole dunque il massimo livello di allerta. Prima di questo virus, l’emergenza globale era stata dichiarata altre sei volte, per l’influenza pandemica causata dal virus H1N1 (2009), Ebola (2014 e poi, di nuovo, 2019), Polio (2014), Zika (2016), e Covid-19 (2020). Molti esperti ritengono però che questo allarme avrebbe dovuto essere lanciato molto prima e che non è stato fatto per una sorta di incapacità a gestire la comunicazione scientifica e sanitaria di questa emergenza. Il virus sta infatti circolando quasi esclusivamente nella comunità gay, tra uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini. E questo sembra quasi un tabù che non possiamo affrontare. Eppure la comunicazione è molto semplice: il virus del vaiolo delle scimmie può contagiare chiunque, indipendentemente da sesso, genere, orientamento sessuale o età (in USA ci sono almeno due casi confermati in bambini). Il virus è però inizialmente entrato in una comunità specifica e in questa sta circolando.

Le strategie da adottare a questo punto sono in discussione e includono la distribuzione del vaccino, che però al momento scarseggia. Negli USA il vaccino chiamato Jynneos (o Imvanex), prodotto da una azienda danese, è disponibile solo per operatori possono essere contagiati professionalmente o per persone che hanno avuto un contatto stretto con malati, anche se l’aumento dei contagi ha portato ad includere nella lista chi sospetta un contatto. Il vaccino può infatti essere somministrato anche dopo l’esposizione al virus, ma entro i primi 4 giorni, se si vuole bloccare l’infezione. In Canada, Regno Unito e Germania il vaccino è offerto a tutte le persone ad alto rischio (uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini e hanno diversi partner). Anche in Italia c’è stata l’autorizzazione temporanea al vaccino Jynneos ma le dosi saranno dedicate a chi è esposto al rischio professionale. A livello globale però le richieste continueranno a crescere e difficilmente l’azienda danese riuscirà a correre abbastanza velocemente. Al momento, la comunità scientifica sta analizzando la risposta indotta da una singola dose (invece delle due dosi standard) perché questa soluzione potrebbe immediatamente raddoppiare le scorte mondiali. Ma, finchè non avremo vaccini disponibili per chiunque voglia proteggersi, al momento la strada passa attraverso la prevenzione e la rapida identificazione dei positivi. Ecco perché non bisogna aver paura di parlare di vaiolo, senza usarlo come strumento per colpire una comunità ma ingaggiandola in una sfida che non si può perdere.

(Editoriale pubblicato su La Stampa)